“Così abbiamo portato la luce nelle case di Haiti”

«Dicono che esista il mal d’Africa, io forse ho il mal d’Haiti». Roberto Mariotti ha 49 anni ed è tra i volontari di Abbiate Guazzone che nell’agosto scorso hanno raggiunto gli ex parroci, Don Giuseppe Noli e Don Mauro Brescianini, a Mare Rouge, nell’entroterra dell’isola di Haiti. Mariotti si è occupato di un nuovo progetto chiamato “Una luce in ogni casa” e quando racconta di quell’esperienza è invaso da una grande emozione.

«Sono stato ad Haiti due volte – racconta -. La prima non sapevo bene a cosa sarei andato incontro. La seconda ero un po’ più preparato, ma è stato un vortice di sentimenti indescrivibile che ancora oggi fatico a raccontare». Timido e riservato, come gran parte di tutti i volontari di Abbiate che periodicamente raggiungono i due ex parroci, fatica a raccontare l’esperienza, convinto solo dal fatto che possa essere utile far conoscere la situazione che stanno vivendo le due comunità, Mare Rouge e Abbiate Guazzone: «Si è creato un legame che sicuramente è figlio dei rapporti con Don Giuseppe e Don Mauro, ma che si sta espandendo sempre di più. Ognuno di noi torna a casa con emozioni che altrimenti non avrebbe provato. Con questa esperienza ho iniziato a capire cosa volesse dire fare il volontario ad Haiti, un posto che può essere qualsiasi parte del mondo. Lì ci sono persone sono felici senza avere nulla, ha
Mariotti, sposato e con due figli, è un elettricista artigiano, ha una propria attività e ha girato il mondo. Ad Haiti si è occupato di un singolare progetto che prevede di installare delle luci in ogni casa: «Prima la luce ce l’aveva solo chi poteva permettersela – racconta -. E sono pochi. Noi con un piccolo pannello fotovoltaico, una batteria e una striscia di luci led, con pochi euro abbiamo portato la luce in queste piccole case dove prima, la sera, si poteva stare solo con una candela».nno un sorriso per tutti. Una situazione che da noi non esiste, da noi ci si lamenta per un raffreddore. Loro non hanno niente, certo non sono felici per questo, ma hanno comunque la voglia di vivere negli occhi. Si va giù e sicuramente porti qualcosa a casa, ma è difficile poi raccontarlo senza cadere nella retorica. Noi non andiamo là solo a far crescere una comunità, cresciamo anche noi».

«Il risultato è stato fantastico – prosegue -. Abbiamo capito di aver avuto successo quando ci hanno detto che adesso anche loro avrebbero potuto leggere, i loro figli studiare, o anche solo stare intorno a un tavolo a chiacchierare».
Il progetto, come nella logica voluta da Don Giuseppe, prevede anche di istruire le persone del posto: «Mi ha affidato alcuni ragazzi che poi hanno imparato a montare i piccoli impianti – spiega Mariotti -. Hanno appreso i primi rudimenti da elettricista e io passavo solo a controllare o ad assisterli nei rilievi. Anche questo è un modo di rendere autonoma una comunità».

Mariotti non sa ancora quando potrà tornare: «Vorrei correre là non solo per i progetti in sospeso, mi piacerebbe tornare a vedere come sono cresciti i ragazzi che ho seguito, avere la possibilità di fare qualsiasi cosa. Anche solo per convivere con loro. Vivi delle emozioni che ti rimangono dentro e che non puoi più cancellare. È il loro entusiasmo a essere contagioso. In famiglia sono contenti di questa mia propensione e il loro appoggio e fondamentale. Anche loro fanno parte di questo progetto che altrimenti non avrei potuto fare. Quest’anno vorrei tornare per finire il progetto della luce, ma bisogna vedere anche come va il lavoro qui in Italia perché il periodo e difficile per tutti».

2 pensieri su ““Così abbiamo portato la luce nelle case di Haiti”

  1. grazie della bella testimonianza. il carissimo don giuseppe coinvolge in modo meraviglioso nella sua missione e anche in quella del suo collega don mauro (che non conosco). chissà che un giorno non riesca ad andare a visitarli a mare rouge. ero stato ad huacio e ho toccato con mano e ho vissuto i valori della missione.

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