Hiroshi Yamauchi, leggenda Nintendo

(FILE) Former Nintendo President Hiroshi Yamauchi Died At 85
Il 19 settembre 2013 ci ha lasciati Hiroshi Yamauchi, presidente della Nintendo dal 1949 al 2002. Aveva 85 anni. E’ stato uno degli uomini che cambiarono il mondo dell’intrattenimento, senza il quale i videogames che conosciamo oggi non sarebbero gli stessi. Assieme al genio Shigeru Miyamoto, ideatore dei più grandi capolavori Nintendo, Yamauchi portò a livelli smisurati il concetto di videogioco (considerando cosa offriva il mercato all’epoca, cose non certo paragonabili agli attuali GTA 5 Online e cose del genere) e dobbiamo ringraziare soprattutto loro se oggi possiamo scegliere tra consoles di primissimo livello sul mercato, in quanto la concorrenza tra i vari produttori iniziò proprio quando alcuni di questi cercarono di combattere il predominio della Nintendo.

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Ci sembra doveroso rendere omaggio a Hiroshi Yamauchi ed onorarne la memoria con questo articolo, che non potrà mai essere abbastanza lungo e dettagliato per ricordare tutti i capolavori pubblicati da Nintendo sotto la sua guida.

GLI INIZI: I GAME&WATCH

1949: alla nomina di Yamauchi come presidente, la Nintendo è un’azienda che distribuisce giochi di carte. Deve passare qualche tempo prima che Yamauchi decida di accantonarne la produzione in favore di prodotti più tecnologici e all’avanguardia, sempre più richiesti sul mercato.

All’inizio degli anni ’80 c’è il boom delle sale giochi, ma mentre nei bar si trovano i primi Coin-op, per giocare a casa ci si deve per forza accontentare di Atari 2600, Vic-20 e Commodore 64. Pian piano iniziano a nascere i capostipiti delle odierne 3DS e PSVita: i Game&Watch, prodotti dalla stessa Nintendo. Hanno la propria scatola con la cover del titolo in questione, un paio di pile tampone LR44 o SR44 e il manuale d’istruzioni.

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Aperta la scatola ci ritroviamo tra le mani il nostro Game&Watch. Alcuni di questi hanno uno schermo solo, come il Super Mario Bros nella figura in alto; altri sono simili al Nintendo DS, con due schermi (uno superiore ed uno inferiore) ed è possibile aprirli e chiuderli facilmente per portarli in giro. Da sottolineare che un Game&Watch non è una vera e propria console, in quanto ognuno è un gioco a sè e non vi è quindi possibile intercambiare cartucce come accadrà poi sulle consoles future.

E’ giusto citarne i più famosi. Partiamo dal mitico Donkey Kong, che in sala giochi riscuote un successo mondiale; il protagonista del gioco (il nostro mitico Super Mario, al tempo Jumpman) deve saltare da una piattaforma all’altra per raggiungere e salvare la principessa dalle grinfie di Donkey Kong, un gorilla dalle cattive intenzioni. In questi anni un gioco simile è visto come una vera e propria rivoluzione, ed è inutile dire che ottiene un successo incredibile.

Ne seguono anche altri: Oil Panic, dove comandiamo un idraulico intento a riempire un secchio con le gocce d’olio che cadono dai tubi sul soffitto; una volta riempito il secchio, dobbiamo affacciarci in balcone e svuotarlo al collega del piano di sotto al momento giusto, il più velocemente possibile prima che piovano altre gocce. Far cadere l’olio comporta un errore, e accumulare errori porta poi al Game Over.

Anche Mickey Mouse (Topolino) ha il suo Game&Watch: deve raccogliere le uova nel cesto mentre cadono da quattro direzioni diverse, pena la rottura dell’uovo da cui esce un pulcino.

Infine il leggendario Zelda, in cui Link deve combattere in diversi livelli con spada e scudo contro Goblin e scheletri, per vedersela poi contro un enorme drago sputafuoco; il tutto per di recuperare i pezzi del simbolo del potere di Hyrule, la Triforza.

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Con l’avvento delle consoles, i Game&Watch iniziano prevedibilmente a vendere di meno, resistendo per qualche anno fino a scomparire quasi del tutto.

IL NES, CAMPIONE A 8 BIT

A metà anni ’80 troviamo nei negozi il Famicom o, come viene chiamato in Europa, il Nintendo Entertainment System (NES). Per giocare, si apre il vano frontale e si inserisce la cartuccia, spingendola verso il basso per fissarla alla console. In questo periodo, in Italia i giochi del Nes vengono venduti ad un prezzo che si aggira solitamente tra le 90.000 e le 130.000 Lire (45-65 Euro circa). Escono sul mercato diversi accessori: la mitica pistola Zapper (solitamente allegata a Duck Hunt, gioco in cui dobbiamo colpire le papere per non farci deridere dal nostro stesso cane da caccia); il robottino R.O.B., capace di giocare con noi ai pochissimi giochi creati apposta, di cui citiamo Gyromite; il Power Glove, guanto con tasti integrati da indossare sia per giocare che per usare potenziamenti come il turbo; e ricordiamo anche il primo accessorio Nintendo dedicato al multiplayer, il Nes Four Score, adattatore per 4 joypad sfruttabile con giochi tra cui l’ottimo Four Player Tennis e il divertentissimo calcio/picchiaduro arcade Nintendo World Cup, in cui ogni giocatore ha un volto diverso, si fanno supertiri alla Holly&Benji e per fermare gli avversari possiamo ricorrere a fallosissime scivolate o potenti spallate alla Mark Lenders. E’ anche possibile scegliere il campo da gioco, tra cui addirittura uno con i sassi su cui si inciampa perdendo i sensi.

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Il Nes italiano è compatibile soltanto con i giochi italiani, creando disagio a chi vorrebbe comprare in anteprima giochi giapponesi, americani o di altri paesi europei; come esperienza personale riportiamo il caso di Rush’n’Attack, che acquistato nel 1989 in Spagna non funziona sul Nes italiano, lasciando posto ad una schermata ad intermittenza bianco/nero. Non informati dal negoziante di questo particolare problema, il gioco gli torna indietro in cambio di un buono acquisto.

Per risolvere questi problemi di compatibilità, nel 1990 arriva il GameKey, un adattatore non riconosciuto ufficialmente da Nintendo che permette al Nes di leggere i giochi americani: entrano così nelle nostre case, in assoluta anteprima per l’Europa, le versioni USA di giochi come Castlevania 3, Ninja Gaiden 3, Turtles Manhattan Project e Bucky O’Hare.

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Ma la vera fortuna del Nes, rimasto negli anni l’icona indissolubile, è uno dei primi giochi usciti sulla console: Super Mario Bros, evoluzione di Mario Bros (a schermata fissa) e del già citato Donkey Kong. Impersonando il baffuto idraulico con la tuta rossa, saltiamo per i livelli a scorrimento orizzontale in cerca di funghi, fiori e stelle per ottenere dei poteri e, al tempo stesso, evitando di morire per mano dei vari Koopa Troopa e compagnia, comandati dal perfido drago Bowser che ha rapito la nostra amata principessa Toadstool. Si può anche giocare in due: il giocatore 1 usa Mario, e quando muore tocca all’altro giocatore con Luigi. Del gioco escono due sèguiti: Super Mario Bros 2 cambia in parte il gameplay e praticamente tutti i nemici, non ottenendo il successo sperato; Super Mario Bros 3 riprende invece le cose buone del primo capitolo, portandole a livelli incredibili con scenari ben studiati, vasti mondi da esplorare e diverse novità molto gradite dal pubblico, che riportano la saga al successo del primo Super Mario e anche oltre.

Nel frattempo, la Nintendo sforna altri incredibili successi dando vita a saghe che vanno avanti ancora oggi. Uno di questi titoli è un certo The Legend of Zelda: nei panni di Link, giovane elfo vestito di verde, dobbiamo esplorare pianure, montagne, cimiteri e labirinti alla ricerca di oggetti che ci permettano di proseguire nell’avventura e delle parti che compongono la Triforza, facendoci strada con la nostra spada tra i numerosi nemici, al fine di salvare la principessa Zelda che è stata rapita dal perfido Ganon. Di lì a poco arriva anche Zelda 2 – The Adventure of Link, con visuale laterale e gameplay diverso dal primo, che ottiene un buon successo benchè inferiore al primo. Entrambe le cartucce sono dorate, e per la fama raggiunta dalla saga possiamo dire in modo metaforico che sia davvero oro quel che luccica.

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Sotto la guida di Yamauchi, Nintendo pubblica altri grandi capolavori sviluppati da diverse software house che mandano alle stelle le vendite del Nes.

In Castlevania, il cacciatore di vampiri Simon Belmont avanza nel castello di Dracula uccidendo zombie, pipistrelli, uomini pesce e affrontando un boss alla fine di ogni livello (tra cui la famosa mummia o Frankenstein), usando la frusta e le sue abilità nel saltare da una piattaforma all’altra e raccogliendo bonus da mura e candelabri. Il secondo capitolo, Simon’s Quest, diventa un RPG a scorrimento laterale (il Castlevania successivo che adotterà questo gameplay sarà Symphony of the Night per PS1) che abbandona il tempo limite e la suddivisione in livelli; nonostante ci sia qualche nuova idea tra cui i mercanti e diverse città da esplorare, non ottiene lo stesso successo del capitolo precedente. Il terzo capitolo, Dracula’s Curse, riprende l’ottima base del primo (un po’ come già successo per la saga di Super Mario), permettendo di usare diversi personaggi e facendo ricorso a tutta la potenza del Nes per abbellire gli scenari, creare buoni effetti di rotazione e musiche d’atmosfera davvero accattivanti.

Su Nes nascono altre grandi saghe, su cui non ci soffermiamo per mancanza di tempo e perchè riteniamo le conosciate un po’ tutti, ma vale la pena citarne alcune: Megaman, Double Dragon, Punch-Out, Turtles, Ninja Gaiden, The Simpsons, Wizards&Warriors, Metal Gear. E se oggi abbiamo Pes 2014 è grazie al suo antenato per Nes, Konami Hyper Soccer.

NINTENDO VS SEGA, L’INIZIO DI GRANDI BATTAGLIE

Negli anni in cui il Nes inizia a farsi strada come console più venduta del momento, assieme alle ottime vendite della sua console portatile Gameboy, la Sega sforna prodotti che possano competervi almeno a pari merito. Sega Master System (e di lì a poco esce anche il 2) è la console a 8 bit che può essere termine di paragone col Nes; il GameGear è invece una console portatile che a differenza del Gameboy può contare sullo schermo a colori, ma i cui giochi non raggiungono le vendite di quelli del portatile Nintendo. Ma arriva la vera grana per Yamauchi: competere col pezzo numero uno della concorrenza, il Sega Megadrive (o Sega Genesis).

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Console a 16 bit, il Megadrive vanta una potenza di processore superiore, una palette di colori molto più ampia ed una migliore qualità audio. Il suo Sonic The Hedgehog diventa la risposta Sega a Super Mario, e altri grandi giochi si fanno strada nel paronama videoludico: il mitico Alex Kidd, Street of Rage, Splatterhouse, After Burner, arrivando al fantastico Virtua Racing che spopola tra i giochi di guida anche in sala giochi. Yamauchi, non potendo permettere che tutto questo continui, sforna nei primi anni ’90 la nuova console a 16 bit che col tempo vincerà la guerra col Megadrive: il Super Famicom, da noi chiamato Super Nintendo o Super Nes. Paragonandoli, il Megadrive ha una velocità di processore leggermente superiore mentre il Super Nes vanta una palette colori più ampia.

Mentre continua la guerra a 16 bit, i collezionisti assaltano i negozi per accaparrarsi gli ultimi e introvabili giochi per Nes, la cui produzione cesserà di lì a poco. Negli USA viene addirittura prodotta e venduta a prezzo budget una versione modificata della console chiamata Nes 2, di aspetto simile al Super Nes americano, che migliora ergonomicamente quella del Nes originale senza aggiungervi nulla di nuovo in termini di potenza; uniche differenze sono il vano cartuccia in alto (che riduce notevolmente l’accumulo interno di polvere, causa di problemi nel Nes originale) e la possibilità di usare anche giochi di altri mercati in quanto non vi è più la protezione originale.

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IL SUPER NES E LA POTENZA A 16 BIT

Il Super Nes esce a inizio anni ’90, ed è subito curiosa la scelta di svilupparne due versioni esteticamente diverse: una destinata a quasi tutto il mercato mondiale, l’altra per quello americano che possiede non solo la forma ma anche una colorazione diversa, principalmente bianca e viola.

Il Super Nes può contare sulla gestione di poligoni 3D grazie al suo nuovo algoritmo Mode7, e gli esempi non tardano ad arrivare. Se già con Super Mario World se ne vedono le potenzialità, con Super Mario Kart i giochi di corsa toccano un nuovo cielo: 8 personaggi giocabili presi dalla saga di Mario, decine di percorsi colmi di trappole ed ostacoli, bonus e power-ups sparsi nei percorsi e battaglie a suon di gusci, bucce di banana e palloncini che scoppiano. Nascono anche Starfox (Starwing su alcuni mercati) e il velocissimo F-Zero.

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Arrivano poi altri capolavori, alcuni dei quali sono sèguiti di giochi già visti su Nes. Zelda – A Link to the Past resta ancora oggi uno degli RPG a cui vengono paragonate le nuove uscite, il gioiello Super Mario World (a cui si aggiunge più tardi Super Mario All Stars, collection dei primi tre titoli Nes rivisti e migliorati più The Lost Levels, un SMB1 con livelli nuovi e più difficili), Super Castlevania 4, Megaman 7-9 e la saga X, altri predecessori di Pes quali International Superstar Soccer 1 e Deluxe, Fifa International Soccer (1994) e Fifa ’95. Il Super Nes è anche famoso per avere molti giochi di ruolo (oltre allo stesso Zelda) tra cui Secret of Mana, Terranigma, Secret of Evermore, Tales of Phantasia, Chrono Trigger e qualche Final Fantasy.

Per non parlare della saga di Donkey Kong Country che continua ancora oggi su Wii, dell’eterno Street Fighter 2 (gran conversione, praticamente identica al coin-op da sala giochi, senza contare la Turbo Edition o la Super con nuovi personaggi), e la prima trilogia di Mortal Kombat di cui abbiamo assaporato un fantastico reboot sulle attuali consoles nel bellissimo Mortal Kombat 9.

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Col Super Nes in circolazione, Nintendo si riprende finalmente una buona fetta di mercato persa a causa del Megadrive, che con Sonic e altri giochi di ottima fattura aveva tolto prestigio (e denaro) all’ormai superato Nes 8 bit che dal 1993 in poi inizia pian piano a scomparire dal mercato.

Interessante ricordare l’adattatore per giocare in 3, con cui il sottoscritto ha finito Secret of Mana con l’aiuto di due amici, e il Super Gameboy che inserito nel Super Nes permette di giocare con le cartucce dell’omonimo portatile, aggiungendo uno sfondo di contorno a scelta tra quelli disponibili e l’aggiunta personalizzata di 4 colori al posto della vecchia palette Gameboy.

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I GRANDI FLOP: PHILIPS CD-I E VIRTUAL BOY

Parliamo di due consoles dal potenziale enorme ma che, per una serie di circostanze, si rivelano un flop clamoroso e spariscono anzitempo dal mercato.

Il nome può trarre in inganno, ma inizialmente il Philips CD-I è un progetto del 1991 realizzato in collaborazione tra Nintendo e la stessa Philips, al fine di creare la prima vera console a CD. Durante la fase di progettazione si susseguono voci discordanti: chi dice che sarà un’espansione CD del Super Nes (per competere in potenza col Mega CD32 della Sega), chi scommette invece in una console a sè.

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Purtroppo col tempo tali accordi saltano, e la Philips decide di commercializzare da sola il suo nuovo gioiellino, dopo aver vinto una battaglia legale con Nintendo per distribuire i già prodotti giochi di Mario e Zelda. Il risultato è una console grigia, esteticamente simile ad un videoregistratore, in grado di leggere i LaserDisc tra cui Dragon’s Lair, Space Ace e Mad Dog McCree (che di recente abbiamo rigiocato sulla Wii). Sul CD-I escono ben 3 giochi della saga di Zelda: The Wand of Gamelon e Link – The Faces of Evil che riprendono la visuale laterale di Zelda 2 per Nes, e Zelda’s Adventure che torna alla classica visuale dall’alto alla Zelda 3. C’è anche Hotel Mario, ma il vero gioiello rimasto incompiuto è Super Mario Wacky Worlds, cancellato prima di poterlo finire.

Anni fa su eBay abbiamo trovato il CD-I con diversi giochi già citati a 50 Euro, reperendo poi in rete proprio Wacky Worlds per poterlo provare, oltre ad un joypad Megadrive. Alcuni livelli sono incompleti, in uno di questi per esempio si arriva ad un punto in cui Mario si trova sopra una statua enorme ma la schermata non scorre più in avanti (si può comunque tornare indietro); possiamo dire che, in quanto somigliante a Super Mario World per grafica e giocabilità (tra l’altro nel gioco troviamo anche le stesse musiche) e contando l’originalità e bellezza artistica dei nuovissimi mondi, Super Mario Wacky Worlds sarebbe stato l’ennesimo capolavoro Nintendo. Peccato sia andata a finire così.

Nel 1995 la Nintendo lancia sul mercato un altro dei suoi più grandi errori commerciali di sempre: il Virtual Boy. Attesa come una console rivoluzionaria, un po’ come lo è stata (davvero) la Wii pochi anni fa, il Virtual Boy consiste in un casco con occhiali 3D i cui giochi sono in tonalità rosso e nero (un po’ come il giallonero del primo Gameboy) e con profondità tridimensionale.

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Purtroppo la palette ridotta ai soli rosso e nero, un joypad scomodo ed i giochi che non sfruttano a dovere le potenzialità della console (soprattutto la tanto pubblicizzata realtà virtuale) ne segnano il tramonto a nemmeno un anno dal lancio, obbligando la Nintendo a cancellare i progetti di molti altri giochi ormai pronti allo sviluppo. Il Virtual Boy rimane così nella storia come una delle peggiori consoles di sempre, nonchè nella classifica di quelle meno conosciute in assoluto.

GLI ANNI DEL 3D: NINTENDO 64

Metà anni ’90: in piena epoca Super Nes, voci di corridoio vedono la Nintendo in fase di progettazione di una nuova console dalla potenza tale da poter finalmente avere giochi in 3D, con milioni di poligoni sullo schermo senza troppi sforzi della console. Il progetto, chiamato Project Reality, vede la luce nel 1997: i nuovissimi Mario 64, Mario Kart 64 e Zelda Ocarina of Time sono i pezzi pregiati che danno una notevole spinta iniziale alla console.

Anche in questo caso, la Nintendo sfrutta la potenza del N64 per creare nuovi episodi di qualche sua saga famosa: oltre ai già citati Mario e Zelda, escono altri giochi tutti rigorosamente in 3D (scelta non sempre azzeccata o comunque sfruttata male) su Donkey Kong, Castlevania e altri ancora. Vediamo anche una conversione di Resident Evil 2, benchè il prezzo esorbitante della cartuccia ne limiti le vendite rispetto alla ben più economica versione Playstation su 2 CD.

Una chicca del N64 è di possedere nativamente 4 ingressi joypad, permettendo ad altrettanti giocatori di cimentarsi nei giochi multiplayer in split-screen tra i quali spicca Mario Kart 64.

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Il Nintendo 64 inizia a vendere di meno per vari motivi: innanzitutto il costo alto dei giochi, ancora su cartuccia, che porta la gente a scegliere altre consoles tra cui la prima Playstation targata Sony. La PSX (più tardi ribattezzata anche PS1, per distinguerla da PS2 e PS3), benchè costi quasi il doppio rispetto al N64, può vantare giochi su CD che non sono soltanto più leggeri e maneggevoli, ma anche meno costosi. Dettaglio importante è che hacker e smanettoni scoprono una gravissima falla proprio sulla stessa Playstation: col coperchio superiore alzato, si inserisce il CD Demo incluso con la console e si usa un qualsiasi oggetto per tener premuto il pulsante che metta in funzione il lettore: facendo il cosiddetto swap, il CD Demo si ferma dopo pochi secondi ed è possibile inserire un qualsiasi gioco PS1 (anche NTSC su console PAL) o uno non originale. In parole povere, comprando il primissimo modello di PS1, si possono masterizzare tutti i giochi che si vogliono o giocare a quelli originali americani o giapponesi sulla console europea. Tale bug è stato corretto nei modelli successivi, ma anche su questi ultimi i più furbi e smanettoni hanno trovato altri metodi per rendere possibile il trucco.

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Che c’entra questo col Nintendo 64? Semplice: i giochi sono troppo cari, e la gente è stanca di cacciare più di 100-150mila Lire (50-75 Euro) per videogames su cartuccia quando può averne di grande qualità e a molto meno dalla Playstation, tra cui i vari Resident Evil, Tekken, Toshinden, Tomb Raider etc, se non addirittura masterizzati e quindi “gratis” benchè sia ovviamente illegale.

Come se non bastasse, al N64 non mancano altre consoles alternative: il NeoGeo, dai giochi su cartuccia il cui prezzo supera talvolta attuali 250-300 Euro, libreria giochi colma di picchiaduro alla Street Fighter ma che vendono tantissimo in Giappone; il Sega Saturn, poi il Dreamcast e così via.

Il Nintendo 64, dopo aver dato alla luce pezzi pregiati come Mario 64 e Zelda Ocarina of Time, si avvia anch’esso verso la pensione. Benchè abbia prevalso per anni su prodotti più potenti e costosi come Atari Jaguar o Panasonic 3DO, perde la battaglia contro i giochi su CD, ormai nuovo standard su quasi tutte le piattaforme.

I NUOVI GAMEBOY

Dopo anni di dominio come console portatile, verso la fine degli anni ’90 il Gameboy inizia a sentire il peso degli anni, specie per quanto riguarda la sua limitata palette giallonera. Essendo comunque vendutissimo, Yamauchi decide che è arrivata l’ora di crearne uno nuovo, che abbia finalmente uno schermo a colori e più potenza del predecessore: nel 1998 nasce così il Gameboy Color, compatibile con i giochi del vecchio Gameboy (a cui aggiunge alcuni colori) e di cui vengono creati giochi apposta per sfruttarne al massimo la palette; 3 anni dopo nasce addirittura il Gameboy Advance, una versione ancora più potente a 32 bit. I successori saranno poi Nintendo DS e 3DS.

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L’AVVENTO DEL GAMECUBE

Yamauchi capisce l’errore di aver voluto i giochi del Nintendo 64 su cartuccia (che costa di più ed ha molta meno capienza di un CD), e nel 2001 punta alla realizzazione di un nuovo prodotto, mentre salgono in cattedra PS2 e Xbox. Inizialmente battezzato Dolphin nasce il GameCube, la prima console CD della Nintendo. Come il N64, anche il GameCube mantiene il supporto nativo per 4 joypad e l’uso di Memory Card per salvare i progressi di gioco. Per quanto riguarda i giochi, il GameCube ottiene successo grazie a titoli come Zelda Wind Waker e Twilight Princess, gli ottimi remake di Resident Evil e Metal Gear Solid, nuovi Super Mario e Starfox e qualche RPG.

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Nel 2002, durante la distribuzione sul mercato del GameCube, avviene qualcosa che spiana ulteriormente la strada a Nintendo: la sua prima rivale storica, la Sega, si arrende alla concorrenza degli altri leader del settore (la stessa Nintendo, Sony e Microsoft), ritirandosi dalla produzione di consoles ma continuando a produrre videogames, diventando addirittura partner di Nintendo.

Nel 2002, Hiroshi Yamauchi decise di dimettersi lasciando il posto all’imprenditore giapponese Satoru Iwata, con cui la Nintendo raggiungerà successivamente nuovi grandi livelli con l’avvento della Wii, console rivoluzionaria alla base della quale c’è il movimento del giocatore e che finalmente cattura l’attenzione anche di tante videogiocatrici, che odiando il monotono joypad vengono letteralmente rapite dall’interattività della console. Gli spot tv ne stuzzicano la curiosità femminile, promettendo di mantenere la forma fisica grazie anche ad accessori dedicati tra cui il Wii Fit. Anche grazie a questa grossa fetta di mercato, la Wii surclassa le dirette concorrenti.

Dettaglio non da poco è che i primi modelli della Wii sono compatibili con i giochi GameCube: questo porta la gente a vendere “il Cubo”, tenendone però i giochi migliori per prendere la Wii e poter così giocare ai videogames di entrambe. Sembra che dal 2011 non tutti i modelli Wii mantengano tale compatibilità con software ed accessori GameCube; nel caso siate interessati, informatevi bene dal vostro rivenditore di fiducia prima dell’acquisto della Wii.

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Yamauchi scompare durante l’avvento della nuova WiiU, a 11 anni dal passaggio di consegne con Iwata. Nella nostra mente ci sono domande che resteranno senza risposta: per esempio, chissà cosa pensasse davvero Yamauchi della Wii e del nuovo modo di interagire nei videogames col movimento del corpo; se fosse davvero al corrente di tutti i dettagli tecnici dei suoi prodotti, o si limitasse a proporre nuove idee ed investire nei progetti lasciando la parte tecnica al genio di casa Nintendo, Shigeru Miyamoto; ci chiediamo anche come vorrebbe fosse la prossima console o quale sia il suo gioco preferito (da alcune fonti su internet sembra che i giochi li preferisse guardare in tv anzichè giocarci direttamente), ma per queste ed altre domande non avremo mai una risposta chiara, purtroppo.

Possiamo solo ringraziare questo maestro dell’arte dei videogames, che non solo ha messo sul mercato dei prodotti fantastici che ci hanno divertito per decenni, ma ha anche dato il via ad una spietata concorrenza tra grandi aziende del settore. Tale concorrenza spinge ognuna di esse, ancora oggi, a curare nei minimi dettagli qualsiasi cosa venga prodotta, dando ai giocatori di tutto il mondo la possibilità di non doversi accontentare di un solo prodotto che abbia il monopolio sul mercato; è giusto che il cliente possa scegliere su quale console puntare e che genere di giochi acquistare. Questo grazie anche al leggendario Hiroshi Yamauchi.

“Pongy” Alberto Manuel Pongitore

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3 risposte a Hiroshi Yamauchi, leggenda Nintendo

  1. Pingback: Latest Wii Ntsc News

  2. FULVIO scrive:

    SIETE GRANDI

  3. Pongy scrive:

    Grazie mille Fulvio, noi cerchiamo solo di fare del nostro meglio 😉
    Un saluto e continua a seguirci!

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