E3 2012. Nell’aria c’è l’attesa per gli annunci e le novità, come sempre, e finalmente iniziano le conferenze, ma al termine qualcosa non torna.
La scorsa settimana abbiamo già detto che la noia è stato il sentimento dominante, ma c’è anche qualcosa di strano e inquietante. E’ come un dejà vu tra le varie conferenze, che sia la demo di Far Cry 3 in cui si vedono dei colpi ben piazzati nel petto dei nemici o del nuovo Tomb Raider in cui la paura di Lara di venire stuprata dal cattivo di turno accresce la tensione durante filmato, il quadro che viene dipinto lascia una sensazione spiacevole. Lungi da me l’idea di prevenire la creatività dei vari team di sviluppo: è il frutto del loro lavoro che giustifica le decisioni di design, ma i vari titoli presentati non sono sembrati tra loro molto differenti nei loro intenti.
Mi spiego meglio, è stato bellissimo vedere i mille trucchi utilizzati dal protagonista di Watch Dogs, ma avrei preferito che fossero finalizzate ad un altro scopo, che alla semplice uccisione di un bersaglio. Ed ogni demo e filmato mostrato termina con un assassinio differente, i nemici vengono impalati da frecce in Assassin’s Creed, eliminati dalla contraerea in Splinter Cell o semplicemente uccisi da un fucile da cecchino in Black Ops 2. E ancora altri sono inghiottiti dalle fiamme, sbranati dalle tigri, bastonati o accoltellati.
Sono abbastanza smaliziato da ammettere che la violenza è un punto chiave nella maggior parte dei videogiochi e non mi aspetto che le cose cambino a breve, ma all’E3 di quest’anno è stata una continua apologia della violenza, che ha un ruolo dominante in ogni prodotto, e viene declinata in forme differenti da gioco a gioco.
Il massimo è stato raggiunto probabilmente durante la presentazione del bellissimo The Last of Us di Naughty Dog. Un titolo con una grafica mozzafiato e dalle meccaniche di gioco intriganti, ma di una brutalità cruda. La platea applaudiva mentre la trachea di uno degli scagnozzi veniva schiacciata dal braccio del protagonista contro un muro e, pochi secondi dopo, la sua testa veniva spaccata contro lo spigolo di una scrivania. La demo si è conclusa con lo sparo di un fucile a pompa che polverizza la faccia di un avversario.
Sono sicuro che il lavoro di Naughty Dog avrà una trama avvincente e dei personaggi profondi dalle mille sfaccettature, ma perché, allora, un titolo che deve inquietare il giocatore per le atmosfere post-apocalittiche, per il crudo fotorealismo, si focalizza quasi esclusivamente sulla violenza in slow motion assolutamente fuori contesto?
E’ anche per questo che i progetti come Beyond di David Cage risaltano e rimangono impressi o il gioco di South Park, presentato in pochi minuti.
Se ogni forma di intrattenimento, non solo i videogiochi, viene valutata in base a quattro parametri: guadagno, pezzi venduti, impatto culturale e diversità di contenuto, in questo E3 sono stati tenuti in considerazione molto i primi due tralasciando completamente gli altri. Comprendo la crisi economica di cui risentono anche i produttori, ma questo significa svilire il ruolo dei videogiochi e del media, facendo leva sugli istinti più bassi dei giocatori, significa anche appiattire il mercato vendendo bellissimi giocattoli che vendano e non elevando i prodotti ad un ruolo culturale o artistico. Quest’anno l’E3 è stato lo “Uomini & Donne” del videogioco. La fiera dei giochi che fanno mercato, che vendono, che sono un po’ cloni gli uni degli altri. E poco importa se lo spauracchio più grande delle console arriva dal PC e da Steam, che ruba ogni giorno di più la scena ai titoli maggiori con i suoi prodotti indipendenti, freschi, pieni di idee e che raggiungono, talvolta, cifre da far girare la testa anche ai titoli a tripla o quadrupla A.
Andrea Gargano