Desertec è il nome del progetto promosso dal Club di Roma e finanziato dal governo tedesco e da alcune aziende per sfruttare l’energia solare nel deserto del Sahara. Il progetto prevede la costruzione di alcuni impianti solari termodinamici nel deserto nordafricano che possano raggiungere una potenza totale di 100 Gwatt. L'obiettivo di questo maxi progetto, sostenuto da 400 miliardi di euro, è molto ambizioso: soddisfare, entro la metà del secolo, il 15% della domanda elettrica europea.
La tecnologia da usare (il cosiddetto solare termodinamico o a concentrazione) è una particolare evoluzione del solare termico che, attraverso l'impiego di specchi permette di produrre calore a medie e alte temperature (fino a 600 gradi) cosa che permette la creazione di energia su scala industriale. Il calore prodotto negli impianti a concentrazione attraverso uno scambiatore produce energia elettrica e questa viene poi veicolata, con mezzi classici, verso le centrali di accumulo e distribuzione. Il sistema, pur generando energia elettrica in maniera indiretta (mentre il fotovoltaico è diretto) è in grado, con queste caratteristiche, di avere rese del tutto simili a quelle delle celle fotovoltaiche in silicio.
Il progetto ha suscitato l'interesse di molti scienziati, a partire da Carlo Rubbia fosse soltanto per una constatazione: in sole sei ore nel deserto africano arriva una quantità di energia solare pari a quella consumata nel mondo in un anno.
Tutto oro? Impossibile e quindi esistono anche le polemiche e i pareri contrari all’iniziativa. Secondo alcuni di questi pareri l'installazione di centrali termodinamiche nel Sahara finirebbe col diventare una nuova forma di colonialismo nei confronti dei paesi nordafricani coinvolti, vista anche la scarsa partecipazione delle istituzioni locali. Altra critica riguarda la sicurezza: considerata la necessaria, e complessa, rete di trasporto dell’energia, quest’ultima potrebbe divenire un facile obiettivo per il terrorismo. Inolte la produzione estera di energia, per quanto rinnovabile, non libererebbe di nuovo l'Europa dalla dipendenza energetica dall'estero, cosa che impianti di energia rinnovabile costruiti a casa propria potrebbero fare.