La luna dietro ai cespugli

«Almeno lassù, il silenzio sarà vero, mica come quello di qui, che anche alle tre del mattino, la pace fa al massimo da sottofondo a un motorino con la marmitta che scorreggia». Nebbia guarda la luna stasera e vorrebbe vederla più da vicino, prendere una mongolfiera o mille palloncini gonfiati a elio. Perché su un’astronave non riesce a immaginarsi, non è capace di vedersi sposato alla tecnologia, è un poeta sempre e comunque: lo sbarco sulla luna è tornato di moda, tutti ne parlano e lo ricordano anche se, in quel 1969, non erano nemmeno nati, ma Nebbia ha un’idea “romantica” dello sbarco: «Per me si dovrebbe tornare là e farci un rifugio per quelli che si dissociano da sto mondo. Giusto un posto per riflettere un po’ e guardare la terra da lontano, prima di decidere se spararsi un colpo o tornare indietro. Uno sta lì, ci pensa un po’ e poi decide».
«Tass Nebbia, dì minga strunsà, bevi un Ramazzotti?», lo interrompe l’Alcide, per gli amici Gringo, vedetta all’ultimo avanposto di un’azienda ormai traslocata in periferia o, forse, in Cina. Se ne sono andati tutti dallo stabile del Musocco: impiegati, operai, fattorini, gran signori. Tutti tranne lui, che l’han lasciato lì a vegliare un dinosauro ormai deceduto, un palazzo che va in pezzi senza niente dentro: vive soltanto la sua stanza con un cucinino annesso. Gringo, portiere del nulla.
«No, leggo Voltaire, tu sei già al quinto di Ramazzotti, vai avanti così e ti fai tutto l’ellepi». Gringo non sa chi sia Voltaire è l’ultimo libro comparso nella sua portineria è stato un’edizione economica di aforismi, distribuito gratuitamente da un quotidiano, formato tascabile. Gli aforismi sono l’ideale per chi non regge la lettura di un capitolo al giorno e a Gringo la lettura proprio non piace: tuttavia, quel libretto lo tiene sempre in tasca, nei pantaloni, così ogni tanto tira fuori qualche frase che fa scena. Per reggere il confronto nelle discussioni «con i bauscia», dice lui. “Il riposo è una buona cosa, ma la noia è sua sorella”, trovata a casaccio sul momento. Per Gringo, è meglio l’azione: e per un portiere che vigilia sul vuoto è tutto dire. Come un soldato disperso al quale non hanno detto che la guerra è finita, l’Alcide si sfoga come può: la sua passione la s’intuisce dal soprannome, le pistole sono gli oggetti più venerati, feticci che conserva come reliquie. Arsenale tutto regolarmente denunciato e, qualche volta, riesce pure a sparare, nel parcheggio sotterraneo del suo dinosauro dormiente, ormai deserto: fabbrica munizioni in casa, scende nel parcheggio e spara, inebriato dal potere su tutto, sulla vita e sulla morte. «Per un decimo di secondo, quando premi il grilletto, sei l’essere più potente dell’universo».
«Te se matt, Gringo. Molla i cannoni, vieni con me in montagnetta, andiam su a vedere la luna», rilancia Nebbia con la poesia. E la proposta viene accettata: per noia più che per voglia.
Partenza da Certosa con un’unica Graziella, pieghevole anni Settanta, color grigio, senza cestino: pedala Nebbia e, come ai tempi della cicca bomba e della fionda, Gringo è in piedi sul portapacchi posteriore. Ma con l’inseparabile amica, la pistola, nascosta nei pantaloni.
La bici resta ai piedi della montagnetta di San Siro, la salita è a piedi, cinque minuti sotto un cielo che Milano non è abituata a trovarsi sopra la testa, con le stelle che brillano più dei lampioni e la luna, a spicchio, a dominare la scena. «Camminare su quella crosta là, mi dà l’idea di un enorme falce di borotalco…».
«Nebbia vivi proprio nel tuo mondo, qui a Milano il borotalco lo tirano su per il naso. Se si venisse a sapere che la luna è fatta di quella roba lì, l’avrebbe già comprata qualche mammasantissima». Gringo accarezza il ferro lucido dell’arma e fa venire i brividi all’amico: «E piantala con sta manìa delle pistolette, metti via sta roba che mi fai terrore».
«Ma va là che è pure scarica, anzi adesso che insisti, quasi quasi un colpo o due li metto dentro e ci sparo alla luna». Detto, fatto: con gli occhi da matto, carica l’arnese e fa partire un colpo nel cielo, verso lo spicchio argentato lontano migliaia di chilometri. Tra i due cala il silenzio.
Passa mezz’ora e Nebbia scende dal cucuzzolo, senza dire nulla, fumando quel che resta di un toscano acceso in mattinata. Gringo lo segue ciondolando sul sentiero, tra i cespugli del parco, per via del troppo Ramazzotti ingurgitato più o meno dallo stesso momento in cui Nebbia, stamane, inaugurò il sigaro. Ma con la pistola in mano.
«Vado a pisciare dietro la siepe», avvisa l’amico davanti a sé. Nebbia non si ferma, rallenta appena il passo. Si ferma a bocca spalancata dieci secondi dopo, nell’istante in cui uno sparo alle sue spalle lo fa sobbalzare dai sandali.
«Un urlo terrorizzato si alza nel cielo fino alla luna. Da dietro la siepe balza fuori un uomo completamente nudo, ma col cappello da vigile urbano. Alle sua spalle, si ricompone un donnone che sembra avere qualcosa in più tra le gambe e che fugge via in direzione opposta. Il vigile nudista ha il fiatone, ma trovandosi davanti a Nebbia, preferisce non farsi prendere dal panico e, con il piglio dell’autorità, lo redarguisce pure: «Che c’è da vedere?!! Mai visto un uomo sudato? Circolare!» e sparisce tra le piante.
Nebbia resta lì com’era un minuto prima, con la bocca spalancata, come una vignetta senza parole. Passano pochi secondi e un rutto precede, da dietro il cespuglio, l’incedere barcollante di Gringo. «T’è mia vist una léura?»«Una lepre?»
«Ho visto due orecchie agitarsi lì vicino, mi parevan due orecchie di lepre. Ho pensato al salmì, ma boiavacca, con tutto sto Ramazzotti in corpo, non so dove l’ho presa. Dal verso però ma pareva più un fasàn».
«L’hai ciccata Gringo, la léura l’è scapata e il fasàn l’hai mancato».
Dal mattino presto, il giorno seguente, sul posto operano carabinieri e cronisti, in un chiacchiericcio fatto di domande e risposte, mentre è in corso un sopralluogo: Nebbia è già tornato sul luogo del delitto, è lì sotto un platano, appoggiato alla Graziella e ascolta le voci che si sovrappongono, tra le panchine. «Un vigile urbano aggredito, ha denunciato lui stesso stamattina». «Ferito? No, denudato di tutto, dal cinturone alla divisa, tranne il cappello che ha difeso strenuamente». «E chi potrebbe essere stato?», «S’indaga nell’ambito della malavita degli spacciatori», «Testimoni?», «Nessuno», «E le mutande di pizzo rinvenute sul luogo dell’aggressione?», «Non comment». «Qualche dichiarazione sul borotalco rinvenuto nei pressi della mutandina?», «No comment», «E il libretto di aforismi rinvenuto lì vicino?», «Lo faremo analizzare, ma è visibilmente compromesso da sostanze organiche».
Un libretto bagnato, puzzolente e scolorito, ma aperto casualmente a pagine 17, alla frase: “Quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito”. «Salvato dalla pipì», ridacchia Nebbia, ripensando a Gringo.