Tramonto con castorino maggiorato

Il tramonto di febbraio ha qualcosa di magico, visto dal treno. A chi ha ancora la lucidità per accorgersene, guardando oltre il vetro sporco o scarabocchiato dai writers, quel rosso fuoco, che quasi t’illumina il viso, mentre dalla città sali verso la provincia, cambia l’umore. Aiuta a pensare. Del resto, sulle carrozze dei localacci, c’è tanto tempo per pensare. E le alternative sono poche: o rimani con la testa ancora impegolata a quel che hai lasciato alle spalle, ovvero a una scrivania sempre zeppa di magagne, o vai oltre, a quello che ti aspetta una volta sceso dal treno. E se quel che ti attende è proprio là, dove scende il sole e incendia il cielo, allora vien la voglia di fare un bel respiro e pensare positivo.
Il senso di alienazione che spesso ha la meglio, in quel monotono andare e venire, sembra allentarsi e aprire nuove prospettive: già, perché ora non si torna più con il buio. Si rientra a casa quando ancora ci è concesso di catturare gli ultimi fotogrammi di luce, quelli più caldi e suggestivi. C’è il Monte Rosa, là all’orizzonte, che sembra un gigante e il bagliore del tramonto quasi gli dà vita: certo, ma soltanto, agli occhi di un pendolare che abbia ancora fantasia.
C’è una signora impellicciata, seduta due sedili più in là. Un fagotto di donna, con permanente old style e doppiomento. Sembra lei stessa il castorino che ha indosso: di fronte ha un giovane cingalese, con in mano un mazzo di rose, diretto a un semaforo di un paese di provincia, dal quale proverà a fare piccoli affari per San Valentino, contando sugli innamorati squattrinati e sbrigativi. Due euro a rosa e la questione è risolta. Perché è il pensiero che conta.
La signora “castorina”, ha un cellulare incollato all’orecchio e parla a “macchinetta”, tralasciando ogni contegno. E così, senza nemmeno essere amici su Facebook, ognuno dei presenti finisce per farsi inevitabilmente gli affari di quella pelliccia parlante.
«No perché sai, cara… l’altra sera da Vespa si è detto che il regalo più “in”, quest’anno è il seno nuovo…»
Tutti i presenti, senza volerlo, hanno cominciato a immaginarsi un castoro riccioluto con due enormi tette, trattenute a stento da un bottone sofferente. C’è chi cerca rifugio nelle pagine dell’ultimo libro di Dan Brown, chi spulcia gli annunci economici di un quotidiano e finisce per consultare quelli delle astrocartomanti, c’è chi gioca a solitario sul cellulare e chi prova a prenotare le vacanze: ma la mente fa brutti scherzi e non riesce a rinunciare a prefigurarsi un roditore peloso con la permanente che avanza minaccioso, ancheggiando come Belen Rodriguez. Forse è anche per questo che il desiderio sessuale dei pendolari è un fenomeno raro che si manifesta, nei casi più fortunati, soltanto nei fine settimana. Colpa dell’immaginazione e dello stress. Ma per fortuna, c’è il tramonto che riconcilia ogni pensiero con la natura.
Mentre la signora impellicciata continua a borbottare di protesi e regali, il giovane cingalese ha come un sussulto, non rivolto all’improbabile maggiorata, bensì all’orizzonte, arancione e meraviglioso. Il treno sta rallentando, sta per entrare in stazione, mentre i binari lambiscono i centri commerciali: come d’istinto, prima di alzarsi dal posto e scendere dalla carrozza, indica alla signora lo spettacolo del cielo.
Lei, improvvisamente, si zittisce, rimanendo con il cellulare sempre attaccato all’orecchio, si sporge dal sedile per vedere fuori dal finestrino, si china quanto basta per far comparire un triplo mento. Un istante e ritorna ad appoggiarsi allo schienale riprendendo la sua chiacchierata: «Ah sì scusa, mah non è niente, un extracomunitario mi ha indicato un’insegna, fanno gli sconti sullo yogurth magro. Ma dimmi tu, non sanno più come importunarti…».