Joyce racconta il suo ritorno a casa dopo un anno negli Stati Uniti
Una storia senza una fine sarebbe come un libro a cui manca un capitolo, deludente e pieno di suspense. Il mio anno, la mia storia, non potevo lasciarla così, senza fine, senza il suo capitolo. Nonostante faccia male ripensare a tutti quegli addii, rivivere nella mia testa il mio arrivo per l’ennesima volta mi riempie di gioia. E’ difficile spiegare come mi sento ora, o quello che ho provato quando ho varcato quella porta che mi divideva dalle persone che amo di più al mondo, ma proverò a fare del mio meglio.
La stessa domanda mi è stata rivolta almeno una trentina di volte, ‘allora come è stato quest’anno?’. Mentirei se dicessi che è stato facile, o che è stato semplicemente l’anno più bello della mia vita, dipende da che punto di vista lo si guarda. E’ stata dura, difficile, ma non sono mancati molti momenti felici. Prima di salire su quel pullman direzione New York lunedì sera abbiamo parlato di come siamo cambiati, di cosa pensavamo ci avrebbe aspettati a casa, ma nessuno avrebbe potuto prevedere quelle sensazioni che mi hanno trovata mercoledì al mio arrivo e nessuna parola può veramente descrivere le mie sensazioni. Alla domanda ‘com’è andata?’ rispondo sempre chiedendo ‘mi trovi cambiata?’, ma la risposta è sempre negativa perchè tutti pensano che io mi riferisca all’aspetto fisico, invece no, voglio sapere come sono cambiata caratterialmente, sapere se quest’anno, se il tempo che ho avuto per riflettere mi ha reso diversa. Lunedì sera quando abbiamo dovuto riempire i soliti fogli di AFS, alla domanda ‘cosa è cambiato di te che non ti aspettavi?’ ho risposto con un paio di cose. Non mi aspettavo certi cambiamenti che invece ora sono parte della nuova me, ho dovuto imparare a conviverci, a renderli parte del mio nuovo carattere. Avere tanto tempo libero mi ha aiutata a conoscermi, essere a conoscenza di ogni singola parte di me, di pregi e difetti e finalmente so come tirarne fuori uno o reprimerne un altro. Mi fa strano scrivere da qui, dall’Italia, nuova postazione, nuovo paese, ma sempre la stessa me. Ammetto che questi giorni sono stati un alternarsi di momenti felici e momenti in cui non facevo altro che piangere, sono ancora confusa, ma sono super felice di poter attraversare una porta e abbracciare la mia famiglia. Sensazioni bellissime.
Martedì siamo arrivati a New York all’alba, tutti che dormivano sul pullman e quindi mi sono goduta la vista del sole che spuntava da dietro i grattacieli. La vista delle centinaia di valigie nel parcheggio mi ha resa felice, abbiamo passato 18 ore in un college a contatto con persone che hanno vissuto esattamente la stessa nostra esperienza, che provavano la stessa stanchezza. Più che un college sembrava un asilo: tutti erano buttati su pavimenti e divani, a dormire, alla fine noi che arrivavamo dalla Virginia avevamo fatto uno dei viaggi più corti con le nostre 6 ore di pullman. In 1000 abbiamo aspettato la chiamata per il nostro pullman per l’aeroporto JFK, felici e veramente ansiosi di finalmente avere la possibilità di dormire sull’aereo. Noi italiani siamo stati uno degli ultimi gruppi a partire, con Hong Kong, Germania e Thailandia, siamo partiti alle 21.45 e sono crollata subito nonostante stessi guardando il film Divergent, risvegliandomi solo per la cena e la colazione. Mi sono persino addormentata durante l’atterraggio e quando abbiamo toccato terra mi sono presa un colpo. Dopo un’altra ora sono finalmente atterrata dove l’unica cosa che mi separava dalla mia famiglia erano delle porte automatiche: immaginatevi l’ansia nell’aspettare le valigie. Una volta uscita da lì, le lacrime, urla, i pianti, le risate. Non so bene come spiegare le mie sensazioni. Non voglio dire altro, è giusto tenerle per me, è stato uno dei momenti migliori della mia vita. Il momento non è finito perchè una volta arrivata a casa ho avuto un altro attacco di pianto in quanto ho avuto un’altra sorpresa grandissima. Tutte le persone più importanti dell mia vita erano davanti al mio garage e in quel momento mi sono sentita molto grata di essere a casa, di stringermeli tutti. Ripeto che non si può capire a pieno questo momento a meno che non ci sia passati. Ora sono a casa da 5 giorni e posso dire di essere tornata nel pieno della movida, tra molte uscite con gli amici tutto il tempo passato a casa è stato veramente poco e quindi questa sera mi godo un po’ la pioggia che scende fuori dalla finestra e il mio solito tè verde.
Home sweet home.