“Ancora una partita e poi smetto“, ah…quanti ricordi.
Quando si è giovani, molto giovani, capita che quando torni a casa da scuola la tua unica preoccupazione, se sei fortunato, sia piazzarti davanti al PC o alla console di turno a goderti il tuo videogioco preferito. Il tempo sembra non passare mai, mentre sfida dopo sfida e vittoria dopo vittoria riesci a superare un livello di Tomb Raider, o a sconfiggere i franchi in Age of Empires 2; intere generazioni sono cresciute a pane ed adrenalina videoludica, quell’adrenalina che ti inchioda a giocare fino a ora tarda, quando alle proteste dei genitori rispondi “ancora una partita e poi smetto“.
Il tempo è passato, e ahimè oggi come oggi appena torni a casa dal lavoro le tue “uniche” preoccupazioni sono portare fuori il cane, preparare la cena, rassettare la casa (o fingere di farlo, sono un maestro in quest’arte)…e dimentico sicuramente qualcosa d’altro, completate pure voi la mia lista. La diretta conseguenza di tutto ciò è non solo un notevole aumento dello stress, ma anche il pressochè totale azzeramento del tempo dedicato ai videogiochi: il lusso che noi videogiocatori trentenni possiamo concerderci oggi è la “partitina” da 5 minuti, quella che infiliamo tra un impegno e l’altro, la valvola di sfogo alle nostre tensioni quotidiane…il minimo videoludico sindacale, insomma.
Il bello è che anche oggi ci ritroviamo a dire la fatidica frase “ancora una partita e poi smetto“, ma in un senso totalmente diverso rispetto al passato; quelle nostre partite da 5 minuti sembrano ormai il ronzare di un’ape da un fiore all’altro, passiamo con disinvoltura dall’ultimo sparatutto di grido al nuovo e imperdibile gioco di ruolo, dal simulatore di guida allo strategico che no, proprio non ti puoi perdere. Ancora una partita e poi smetto, passo ad altro, ripongo il “giochino” sullo scaffale e vado alla scoperta di qualcosa di nuovo perchè – amici miei – non pretenderete che nei ritagli di tempo io riesca anche a finirlo, un videogioco.
Sempavor
Fanbit