L’intervista della settimana al protagonista dell’Eccellenza del Csi Varese tocca all’allenatore/giocatore dell’Hellas Cunardo, Antonio Cappelli, 44 anni, il “mister K” dell’Hellas Cunardo, squadra con cui ha giocato, vinto e segnato in tutte le categorie. 423 gol all’attivo e sembra non volersi fermare.
Partiamo dai gol, dalla parte della tua carriera che ti ha visto come bomber della squadra cunardese e non solo. Prima di arrivare definitivamente a Cunardo in quali altre squadre hai giocato?
Ho girato un po’ di squadre della nostra valle, la Bar Tabacchi Cunardo, il Daytona Pub Cugliate, il CSI Cadegliano, la Primedil Cugliate ed infine il ritorno al Cunardo in quella che ora si chiama Hellas Cunardo, il mio orgoglio.
Al tuo approdo in bianco verde sono susseguiti gli arrivi di Labagnara e Puma con i quali formavi un trio fantastico. Vi facevate chiamare Gasparetto, Milanetto e Sculli, cosa ci racconti di quegli anni?
E’ un ricordo di un’amicizia indissolubile che dura tuttora, non vorrei togliere nulla a nessuno, ma quel trio era fantastico. 124 gol in 3 in una stagione, nelle partitelle 3 vs 3 eravamo imprendibili, da lì i soprannomi del trio del Genoa di quei tempi.
423 gol all’attivo, di cui 2 in questa stagione con l’Hellas B in Open C1, proprio non riesci a staccarti dal pallone?
Il calcio è la mia vita, ogni volta che indosso le scarpette ritorno bambino, ho una voglia ed una carica che nasce da dentro e non si spegne. Nonostante i miei 44 anni c’è ancora una scintilla accesa che mi ha spinto a mettermi a disposizione di mister Niada nella nostra squadra che milita in OpenC, quando posso.
Quando hai deciso di cominciare ad allenare?
Mi ha sempre affascinato il ruolo di allenatore, che già facevo nei vari tornei estivi. Nel 2012/2013 mancava l’allenatore e mi sono proposto, ma tra problemi personali e difficoltà nell’interagire con la vecchia dirigenza mi sono rimesso a disposizione come giocatore lasciando le redini al mio amico Menditto. A fine stagione sapevo che i dissidi interni mi avrebbero impedito di continuare su quella squadra e con gli amici di un tempo abbiamo fondato il CSI Cunardo H, preludio di quella che sarebbe diventata poi l’Hellas. Arriviamo secondi con tanto di promozione, nonostante ci dessero per finiti.
L’anno dopo prendi le redini e con la squadra appena retriocessa avete sfiorato la promozione in serie A (spareggio perso col Menzago). Che campionato è stato?
E’ stato un campionato incredibile, fino a Gennaio primi a più 5 dalla seconda, poi è iniziato il calvario degli infortunati, 3 titolari su 7 all’inizio, poi aumentati. Ci siamo giocati campionato e promozione nel derby contro Cadegliano dove siamo usciti sconfitti, con altri due infortunati ed uno squalificato. Lo spareggio successivo con Menzago va male, 8 a 5 per loro con 5 gol nostri di un certo Albertolli (ora match analyst nel Levadiakos di Sannino in Grecia). Da lì è nata ufficialmente l’Hellas, dopo la partita bevuta memorabile durata circa 6 ore e promessa di riuscire a tornare in A già dall’anno successivo.
Da lì è partita la rifondazione e la nascita effettiva dell’Hellas Cunardo, con tanti nuovi innesti. E’ L’inizio di 3 anni grandiosi che vedono l’Hellas vincere OpenB, OpenA ed Eccellenza. Cosa ci dici di quel Triennio?
È cambiato il presidente ed il consiglio direttivo con Niesi e Menditto a guidare insieme a Piva. La società cambia nome, tornano Puma e Calabrò che avevano lasciato dopo la scissione, ed arrivano giovani interessanti come Campello, Nasti, Cannito, Gentile e Intagliatore. Vincere di seguito B, A ed Eccellenza è qualcosa di straordinario, per me che sono interista un grande triplete, ma è merito anche della nuova dirigenza che ha lavorato bene e che oggi conta una società con ben 6 squadre, 2 maschili, 1 femminile e 3 giovanili (Under10, 12 e 14). Poi sono arrivati giovani che qualche caso fatto la differenza, i risultati si sono visti.
L’anno scorso hai deciso di prenderti un anno di pausa e passi lo scettro a Menditto (vincente anche lui in Eccellenza) ma rimanendo a disposizione della squadra. Quest’anno il ritorno in panchina ed un inizio non facile addolcito dall’ultima vittoria contro i campioni regionali. Che obiettivi hai per la stagione?
Dopo una rincorsa dalla D alla conquista dell’Eccellenza avevo bisogno di prendermi una pausa, sapevo che magari l’anno successivo non sarei riuscito a dare tutto e per come sono fatto non mi stava bene. Sapevo inoltre di lasciare ancora una volta la squadra nelle buone mani di Menditto, che infatti ha rivinto il campionato. Io intanto ho ricaricato le pile, ho perso 18 kg e sono ripartito quest’anno. La partenza è stata difficile nonostante non abbiamo fatto brutte prestazioni, abbiamo continuato a lavorare sul gruppo e la partita contro Dream Team è la prova che ci siamo ancora. Sotto 3-0 rimontiamo fino a vincere 6-3, senza Puma, Nasti e Morello, emozione incredibile. Stare sempre davanti a tutti è difficile, quest’anno dobbiamo pensare a fare il meglio possibile e tirare le somme a Maggio. E poi c’è la coppa, ci manca, non sarebbe male provare ad arrivare in fondo.
La tua storia al CSI è lunga più di 20 anni, raccontaci qualche aneddoto divertente del passato…
Ah in 20 anni ne ho viste di tutti i colori. Le partite alla play con il mio amico e compagno Piva sono rimaste nel mio cuore. Una volta invece si era rotta la macchina per segnare il campo, allora io e Potente abbiamo preso una bottiglia di plastica, l’abbiamo tagliata a metà ed abbiamo fatto le righe con quella. Poi Labagnara ne ha combinate di tutti i colori, dalla volta senza parastinchi sostituiti con due pezzi di cartone, alla volta che entra in campo pronto per la partita, ma si era dimenticato di mettere i pantaloncini ed era in mutande. La più bella è stata quando venivo da un periodo senza gol, proprio non voleva entrare. Laba (così lo chiamiamo) raduna tutti intorno a me, tira fuori dalla borsa una di quelle madonnine di Lourdes con dentro l’acqua santa e me la butta sui piedi dicendomi che quel giorno avrei segnato sicuro. Bè, feci doppietta…
Vincenzo Niesi