Ricordi natalizi, un dolce dono dal nostro Gianni

Ho sempre giocato in val dumentina, per questioni d’amicizia, più che altro, come capita a tutti.

Ho iniziato nel Due Cossani, che con noi ha cominciato a camminare prima e a correre poi, successivamente abbiamo fatto nascere l’Agra, la nostra creatura, un’idea malsana partorita dalla mente di una decina di amici, che volevano ancora giocare insieme, e infine, quest’anno, sono l’allenatore del PV United. Dell’ultimo anno al Due Cossani, quello della retrocessione in C, dopo anni passati a giocarcela con le altre squadre anche per la vittoria di qualche campionato (tutti immancabilmente persi), quello che vide la B1 vinta dal Dream Team, già allora fortissimo, ricordo con una certa lucidità, nonostante gli anni, soprattutto una partita: spettacolare.

Si giocava a Dumenza con l’Alto Verbano, quello degli amici Giuliani, Donzelli, Cova, Saccone, Piccinelli (che ai tempi giocava con noi) e tutti gli altri, che oggi guida la classifica in A1. Per noi in campo la squadra dei “vecchi”, quella che posso decantare a memoria, come facevano i bambini una volta, ai tempi degli album delle figurine: Rivi, Raineri, Donato, Mignani, Piccinelli, Ferrari (che non era poi tanto vecchio, ma che da un paio d’anni aveva preso il posto di Miglio e Vanetti, che troppo presto hanno lasciato il calcio giocato), e Nicastri. Anzi no: davanti giocava il giovane Bosetti, e Fiorigi fuori, non ricordo più se per infortunio o per scelta tecnica. Il Mister era Rocco (che era anche presidente, giardiniere, magazziniere, benevolo tiranno), che non era parente del parón (anche perché in realtà il vero cognome del triestino Nereo era Roch), ma che con lo storico allenatore del Milan condivideva, oltre ad una certa visione tattica del gioco del calcio, un carattere bonario ma all’apparenza burbero, spesso mal interpretato dagli arbitri. In quella partita il Mister era squalificato.

Credo proprio che fosse per motivi d’interpretazione errata. Questione di semantica: uno, l’allenatore, dice “cornuto!”, e l’altro, l’arbitro, ne interpreta male il significato e lo espelle. Al suo posto in panchina il suo vice Surdo, alla prima esperienza alla guida di una squadra. Le partite erano ancora con i tempi da trenta minuti, e alle volte quei minuti finali in più potevano anche fare la differenza. Ma non questa volta, o almeno così pareva inizialmente. Partiamo subito forte, dopo venti minuti siamo 6 a 0! Io segno il terzo gol, con un sinistro ravvicinato che passa tra le gambe del portiere, Colombo, oggi in forza alla Casport. Nel secondo tempo ripartiamo con determinazione, gran gol di Bosetti e 7 a 0. Surdo comincia a sentirsi più tranquillo, la partita sulla carta doveva essere più difficile, e inizia a fare i primi cambi: fuori i vecchi, dentro i giovani, quelli a cui, giustamente, avremmo dovuto fare spazio a fine stagione (alcuni giocano ancora con me, altri, chi per un motivo chi per l’altro, si sono persi lungo la strada).

Ma, a causa della poca esperienza, si sottovaluta l’orgoglio degli ospiti, che cominciamo a giocare come sanno, e, mossi soprattutto dalla voglia di riaprire la partita, ne fanno uno, due, tre e quattro, nella manciata di qualche minuto. La partita è ancora lunga, e arriva anche il quinto gol, e poi il sesto a pochi minuti dalla fine. A questo punto Davide, l’allenatore, si gira verso di noi e dice: «Adesso vi faccio rientrare tutti». E nel silenzio una sola voce gli risponde, quella di Mauro, Raineri, il Capitano, che gli dice: «Eh no! Questa, se vogliono vincerla, devono vincerla loro!». Silenzio. Si è tanto parlato della reazione di De Rossi quando doveva entrare in Italia – Svezia, ma grandi gesti, e grandi uomini li vediamo e li viviamo anche nei nostri campi disastrati di provincia. Il resto è guerra, più che una partita, con l’Alto Verbano all’arrembaggio, e noi, che alla fine la spuntiamo grazie ad un tiro di Tedde (uno che a piedi non era neanche messo male, ma gli mancava la testa e anche la voglia di correre), che su un calcio d’angolo per gli avversari, con anche il loro portiere nella nostra area, raccoglie la palla, respinta dalla difesa sulla metà campo, e direttamente da lì (ve l’avevo detto che non aveva voglia di correre) segna il definitivo 8 a 6. Il resto è storia, come tante altre.

Come le tante persone che in questi anni ho conosciuto sui campi di calcio. A tutte loro, e a tutte voi, un augurio di buone feste.

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