Mentre il Governo e le Banche (o il Governo delle Banche) insistono nella paradossale linea della CRESCITA, nella pianura c’è chi pensa che bisogna invece cambiare totalmente cammino per costruire futuro. Tra questi c’è il MOVIMENTO PER LA DECRESCITA FELICE di Torino, che il 6 Dicembre scorso ha promosso un interessantissimo Seminario intitolato “ Decrescita e arte”.
Qua sotto pubblichiamo il testo di convocatoria e il riassunto conclusivo del Seminario…e alla fine alcune riflessioni sul tutto. Non avendo potuto partecipare al Seminario, noto con grande piacere che FINALMENTE ANCHE IN ITALIA SI COMINCIA A RAGIONARE SERIAMENTE SU COSA E’ VERAMENTE QUESTO FENOMENO CHIAMATO “ARTE CONTEMPORANEA”
Decrescita e Arte a Torino il 6 Dicembre
Quando il fare è stato finalizzato a fare sempre di più ha cominciato a distruggere sistematicamente la bellezza. Sia la bellezza originaria del mondo, sia la bellezza aggiunta dal fare bene nel corso dei secoli. Nella finalizzazione del fare al fare sempre di più, il mondo è stato ridotto a serbatoio di risorse e discarica di rifiuti. Per ricavare quantità sempre maggiori di risorse si è distrutta senza rimpianti la bellezza di paesaggi naturali o antropizzati. Per trasformarle in quantità sempre maggiori di merci la superficie terrestre è stata ricoperta di incrostazioni orripilanti di edifici e d’asfalto, i fiumi sono stati trasformati in fogne e riempiti di sostanze velenose, l’aria è stata intossicata di fumi orribili a vedersi e devastanti a respirarsi, sono stati abbattuti boschi secolari.
Sarebbe stato possibile perseguitare la bellezza originaria del mondo e la bellezza aggiunta dal fare umano quando non era finalizzato a fare sempre di più, ma era un fare bene finalizzato alla contemplazione, se la bellezza fosse ancora stata considerata un valore nell’immaginario collettivo e nel sistema dei valori condivisi? Se l’arte avesse continuato a proporsi di difenderla anche dalle cause naturali che ne intaccano l’integrità? Se all’arte si fosse continuato a chiedere di esprimere l’esigenza, tanto utopica quanto inalienabile dall’animo umano, di superare i limiti dello spazio e del tempo e creare una continuità tra le generazioni proprio attraverso la difesa della bellezza? Ma come può l’arte preservare la bellezza se le capacità tecniche necessarie a rappresentarla vengono disprezzate e ritenute un freno alla capacità creativa?
Il contributo che, mediante la difesa e la valorizzazione della bellezza nell’immaginario collettivo, l’arte può dare alla definizione di un paradigma culturale capace di arrestare la deriva in cui l’umanità è stata trascinata dalla finalizzazione dell’economia alla crescita della produzione di merci, è un compito entusiasmante anche se non facile, perché occorre ricostruire dalle macerie accumulate in un secolo di distruzioni, di demolizione culturale del saper fare, di semplificazioni, di banalizzazioni, di ideologie spacciate per idee, di marketing spregiudicato spacciato per critica artistica e storia dell’arte, di fatue valorizzazioni verbali del nulla, di arroganza nella gestione del potere.
Il saper fare non è soltanto il mezzo per attuare ciò che si progetta, ma costituisce anche la misura di ciò che si può pensare e progettare.
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Decrescita e Arte : Il dibattito é solo all’inizio
Al seminario hanno partecipato PIER PAOLO DAL MONTE,responsabile cultura del Movimento per la decrescita felice; ANSELM JAPPE, filosofo, docente di estetica; DOMENICO DE MASI, sociologo; SERGE LATOUCHE, economista e filosofo, teorico della decrescita; MAURIZIO PALLANTE,presidente del Movimento per la decrescita felice
Il clima che ha caratterizzato il seminario “Decrescita e arte” tenutosi nella serata dello scorso 6 dicembre, è stato quello di un vivace confronto, con dei picchi di autentico scontro.
Significativa la partecipazione: più di cento persone hanno risposto al richiamo dei relatori, riconosciuti pionieri nello scenario internazionale di definizione del pensiero decrescente, anche grazie all’originalità dell’argomento in questione. Un uditorio interessato e variegato sia per età che per formazione ed idee, condizione che ha aiutato ad entrare nel vivo della querelle ed a sviscerare molte delle numerosissime sfacettature del rapporto, a tratti lampante ma in altri momenti difficile da afferrare, tra decrescita ed arte.
La serata si è aperta con la presentazione di Pier Paolo Dal Monte, responsabile della cultura per il Movimento della Decrescita Felice, che ha analizzato l’origine etimologica del termine “arte” e la concezione che dell’arte stessa si è andata definendo già a partire dall’ estetica antica, la quale designava come “arte” tutte quelle attività umane che si concretizzavano in forme espressive in grado di avvicinare alla verità e alla natura.
Alle parole del Dott. Dal Monte è seguito l’intervento del sociologo De Masi, che ha fermamente sostenuto la necessarietà di una salda impalcatura culturale per tutti coloro che si vogliano avvicinare all’arte contemporanea, un’arte che si dà all’intelletto più che ai sensi. L’esperienza emozionale sarebbe quindi insufficiente a cogliere il significato di opere complesse e di non immediata interpretazione.
Di tutt’altra opinione il Prof. Latouche, uno tra i più noti sostenitori e teorizzatori della decrescita . Secondo Latouche infatti l’essenza dell’esperienza artistica sarebbe lo stupore, un’emozione così pura e svincolata da sovrastrutture, da potersi dare allo stesso modo e con la stessa potenza sia nel bambino che nel più esperto critico d’arte. Un’arte, quindi, totalmente svincolata da ogni forma di conoscenza. Latouche ha messo in guardia da quello che, a suo avviso, è il pericolo dell’arte contemporanea: la sacralizzazione del desacralizzato ad ogni costo, anche a discapito del significato. Tuttavia secondo il professore, l’arte contemporanea è figlia del suo tempo e quand’anche risultasse vuota, ciò accadrebbe a causa del tipo di società in cui si è sviluppata.
A chiudere la prima parte del seminario è stato Maurizio Pallante, fondatore del Movimento per la Decrescita Felice. Pallante ha chiaramente espresso la propria avversione per l’arte contemporanea inquanto innovazione fine a sé stessa ed espressione di una società dei consumi che ha marginalizzato il valore della contemplazione e l’importanza della ricerca della verità. Un’arte mercificata e fatta oggetto di business, in cerca soltanto dell’abbaglio e dell’originalità ad ogni costo pur di entrare nel circolo dei nuovi “mecenate” che s’identificherebbero nei detentori del potere economico.
Dopo una breve pausa ed un’ottima cena offerta ed autoprodotta dal Circolo MDF di Torino, la discussione si è animata, soprattutto ad opera di De Masi e Pallante, attorno all’essenza dell’arte moderna e contemporanea: De Masi ha sottolineato che relegando tutto ciò che è contemporaneo all’ambito del consumismo, si corre il rischio di perdere un’importante fetta della nostra cultura. Pallante ha invece ribadito l’importanza di non sostenere un’arte che valorizzi solamente l’innovazione ma che si riappropri di un ormai perduto saper fare. Secondo Pallante è necessaria una cesura con il passato e con un frenetico fare finalizzato a produrre sempre di più. Si tratta di due punti di vista che, avvicinati e messi al confronto, potrebbero rappresentare il punto di partenza per una più profonda e precisa riflessione sull’arte e la decrescita.
Molteplici sono stati gli spunti per un futuro dibattito, a partire, ad esempio, dalla considerazione di De Masi sull’arte contemporanea come arte decrescente: mentre in passato tutti potevano pensare all’opera d’arte ma solo l’artista era in grado di realizzarla, oggi tutti hanno gli strumenti per fare ma pochi la creatività per pensare all’opera d’arte.
Quella che poteva essere un’interessante e fruttuosa occasione di crescita reciproca si è, purtroppo, appiattita su una vicendevole contrapposizione tra i relatori.
Tuttavia risulta innegabile la significatività della serata, che ha aperto una porta su una questione estremamente nuova e stimolante per un cammino di continua maturazione all’interno del panorama decrescente.
Elisabetta Trentini, Elena Dal Santo
Alcune considerazioni:
-Il sociologo De Masi sostiene “la necessarietà di una salda impalcatura culturale per tutti coloro che si vogliano avvicinare all’arte contemporanea, un’arte che si dà all’intelletto più che ai sensi“. Mah, sarà che allora Giotto, Caravaggio, l’Arte Greca, L’Arte Azteca, l’Arte Cinese e tutta l’Arte della Storia della Umanità non si “dà ANCHE all’intelletto” OLTRE che “ai sensi”?.
“La scorsa estate, la decima Documenta di Kassel, pensata come una consacrazione, ha invece rivelato persino agli occhi dei piú fanatici l’ampiezza del disastro. La vacuità del contenuto, la volgarità e la stupidità della maggior parte degli oggetti presentati erano meno urtanti dell’apparato concettuale che, in catalogo, pretendeva di giustificarne la presenza“… (Jean Clair, La responsabilità dell’artista, Ed.Umberto Allemandi,Torino 1998) in USURA E ARTE CONCETTUALE
-Poi il sociologo De Masi “ha sottolineato che relegando tutto ciò che è contemporaneo all’ambito del consumismo, si corre il rischio di perdere un’importante fetta della nostra cultura”. Probabilmente è vero, e c’è da riflettere su questo. E d’altra parte alcuni studiosi hanno iniziato ad avanzare alcune ipotesi:
“Beuys, alla fine degli anni sessanta, proclama: “Ogni uomo è un artista. Tutto ció che fate è arte”. Questa pseudo-demagogia generalizzata fornirà una straordinaria opportunità politica ai governanti, che ai nostri giorni si occupano con grande interesse di arte contemporanea, nella misura in cui una simile propaganda consente di avvalersi dell’arte e di atteggiarsi a spirito illuminato, e quindi “moderno”, risparmiandosi la fatica dell’apprendimento e gli investimenti che esso presupporrebbe. E’ proprio in nome del totalitarismo degli imbecilli alla Beuys che la storia dell’arte, per fare un esempio, in Francia continua a non essere materia di insegnamento“. (Intervista di Thierry Naudin a Jean Clair, direttore del Musée Picasso di Parigi, pubblicata su Il Giornale dell’Arte, n.193) in LA TRUFFA DELL’ARTE CONTEMPORANEA
Marc Fumaroli dice: “La cosiddetta arte contemporanea esprime solo l’orgoglio smisurato di una ristretta élite che, per esibire la propria ricchezza, usa, oltre alle ville e agli yacht, opere dalle quotazioni astronomiche” (in DITEMI VOI SE QUESTA E’ ARTE )
Rudolf Arnheim scrive ….”Non dobbiamo lasciarci ingannare dalla profusione senza precedenti di Gallerie, di Musei e di Scuole d’Arte, dalla stupefacente quantità di artisti di professione e dai prezzi assurdi pagati per talune opere d’arte di grande prestigio. A questi fenomeni si accompagna un inconfondibile senso di stanchezza, una mancanza di disciplina e di responsabilità… Tra i sintomi meno attraenti di questa situazione notiamo una stravaganza sfrenata, una volgarità del gusto, un abbassamento di livello del pensiero. Siamo troppo pronti ad accettare quel che viene, ad accontentarci dell’ultima prodezza, di opere prive di quel pieno impegno di tutte le risorse che costituiva la conditio sine qua non di ogni arte rispettabile. E questa povertà si esprime chiaramente nel mediocre livello di molte produzioni contemporanee, nonchè nella corrività dei giudizi critici espressi dai mass media.” (in PER LA SALVEZZA DELL’ARTE)
Come tanti Pittori di oggi, vivo questo conflitto non tanto a livello teorico (in quanto il “vivi e lascia vivere” è la migliore opzione per le Arti Plastiche), quanto a livello pratico e professionale e in questo senso mi permetto avanzare queste opinioni: La cosidetta “ARTE CONTEMPORANEA” è l’Arte Ufficiale della CRESCITA, è arte di Stato, è la Nuova Accademia settaria e arrogante. Mai nella Storia dell’Arte mondiale si è mosso un meccanismo così gigantesco e articolato (neanche i Faraoni o l’Impero Romano)…. e rigidamente diretto e controllato (neanche l’arte Nazionalsocialista) e con enormi capitali pubblici e privati… per promuovere l’ “ARTE CONTEMPORANEA“…: cioè una tendenza dell’Arte…. “che a condividerla è una ristretta minoranza, che non puó ambire alla qualifica di élite, ma merita semmai quella di fazione ” (Maurizio Calvesi,Ottobre 1998). E i politici di tutte le tendenze non sono mai stati così premurosi per appoggiare, coccolare, promuovere, propagandare e finanziare questo fenomeno di “TOTALITARISMO DEGLI IMBECILLI“(Jean Clair op.cit.)
Ed allora, care Elisabetta Trentini ed Elena Dal Santo, le posizioni emerse dal dibattito non mi sembrano proprio “due punti di vista che, avvicinati e messi al confronto, potrebbero rappresentare il punto di partenza per una più profonda e precisa riflessione sull’arte e la decrescita”….una posizione è quella ufficiale della Crescita (Arte Contemporanea), e l’altra posizione, tutta da costruire, è quella della Decrescita, e le due posizioni mi sembrano assolutamnente contrapposte…… Probabilmente nella “pianura” si possono anche forse trovare alcune coincidenze. Ma nelle alte sfere, nelle “sette sorelle” dell’Arte Contemporanea mondiale e globale….è tutto tempo sprecato (troppo sporco e depravato e truffaldino è il suo impianto economico/concettuale per assimilarlo alla Decrescita).
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