“Raffaello verso Picasso” a Vicenza: emozioni o conoscenze

Dopo 5 anni di restauro la Basilica Palladiana di Vicenza  apre con la grande mostra/spettacolo intitolata “Raffaello verso Picasso” e dedicata agli sguardi, volti, figure nella Pittura dal ‘400 al ‘900: una carellata di capolavori il cui legame essenziale dovrebbe essere, secondo il curatore Marco Goldinil racconto dello sguardo. Dei molti sguardi che ho incontrato studiando la pittura”.

Io non ho mai amato le accozzaglie espositive che pretendono “riassumere” secoli di Arte in una mostra, anche quando si tratta di un notevole insieme di capolavori. Preferisco l’approfondimento di un periodo storico, anche breve, di un artista o di un piccolo gruppo di artisti e degli eventi che hanno portato a quelle specifiche soluzioni plastico-espressive….

Di questa mostra, quindi, non ne avrei parlato. Ma ho appena ricevuto questa telegrafica nota da una amica che stimo molto: ”Sergio, se sei in Italia, non perdere la mostra “Da Raffaello a Picasso” nella Basilica Palladiana di Vicenza: da lustrarsi gli occhi, opere di grandissino pregio, arrivate da ogni parte, collezioni private comprese. Fidati, non la perdere! Non mi entusiasmo facilmente….”
Ho dunque approfondito l’argomento, ho letto e ascoltato le argomentazioni (mielose e per niente convincenti) del curatore Marco Goldin (lo stesso del “ viaggio dentro la propria interiorità” nella mostra “Van Gogh e Gauguin” a Genova), ho comunque notato l’eccellente livello delle opere esposte, ho letto varie opinioni al rispetto e sono arrivato alla conclusione che si, è necessario parlare di questa mostra, per evitare di farsi prendere da “entusiasmi pericolosi”.

Qui sotto riproduco integralmente un bellissimo articolo dello Storico dell’arte Tomaso Montanari  pubblicato l’8 di ottobre 2012 su “Il Fatto Quotidiano”, che chiarisce perfettamente il conflitto “emozioni o conoscenze” a cui ho accennato nel titolo di questo Post. (e per ulteriori approfondimenti consigliamo anche l’articolo: “L’insopportabile gravità dello sperpero” )

CEZANNE

CEZANNE

Aggiungo solamente una solenne protesta per questo ”modus operandi” notturno e claustrofobico che ormai pare assodato nell’allestimento delle mostre importanti…..ambienti da bunker, da caveau, da sotterranei, da catacombe, da tombe…….LA PITTURA NASCE E DEVE VIVERE CON LA LUCE NATURALE ….si puo’ giustificare, in casi eccezionali, la necessità della dovuta protezione delle opere….ma da qui a esporre sempre e ovunque TUTTE le opere nelle catacombe ce ne corre…(non sarà che questo ”modus operandi” faccia parte del piano globale “imbalsamiamo la Pittura/la Pittura è un linguaggio obsoleto”?)

Il Fatto Quotidiano
Raffaello verso Picasso: il marketing delle emozioni
di Tomaso Montanari | 8 ottobre 2012

A Vicenza torna in questi giorni visibile, dopo un lungo e felice restauro, la Basilica di Palladio: cioè il simbolo stesso della tensione del Rinascimento verso la dimensione civile dell’architettura, verso la bellezza al servizio di un progetto politico, verso l’arte come specchio di una comunità. Bene: e nella Vicenza del 2012, cosa ne facciamo di un luogo come quello?

Pierluigi Sacco (una delle poche voci serie nel circo equestre della cosiddetta ‘economia della cultura’) ha redatto uno studio in cui, tra l’altro, si legge che la Basilica «può così ospitare una programmazione di qualità, ma non centrata sul tema delle grandi mostre, dai costi elevati e bisognose di attrarre flussi molto rilevanti di visitatori per poter raggiungere condizioni di sostenibilità. Non ha alcun senso affollare la Basilica con masse di visitatori distratti, attirati da eventi-spettacolo che lasciano una impronta del tutto effimera sul tessuto culturale ed economico della città – l’idea è invece quella di mettere a punto un programma dai costi contenuti ma dall’elevata qualità di ricerca che funga da ‘laboratorio’ per la città: per i programmi delle scuole, con i quali si possono realizzare forme di stretta cooperazione e di integrazione dei programmi didattici, per gli uffici stile e le aree ricerca e sviluppo delle aziende del territorio, per l’associazionismo culturale, e così via».

E, invece, la Basilica appena inaugurata è stata ridotta a teatro del più effimero evento-spettacolo che la stagione delle mostre trash ricordi: Raffaello verso Picasso. Storie di sguardi, volti, figure (prodotta da Marco Goldin). Quattro milioni di euro per una specie di caricatura di un manuale di storia dell’arte, senza lo straccio di un’idea o di progetto culturale, che non sia l’apoteosi del marketing del capolavoro. Da gennaio la stessa accozzaglia di opere sublimi si sposterà a Verona, ma con un altro imperdibile titolo: Da Botticelli a Matisse.

Fin qui niente di particolare: è notorio che Goldin (indimenticato produttore de Gli Impressionisti e la neve, la mostra che ‘impreziosì’ i Giochi olimpici invernali di Torino) interpreta nel modo più efficiente l’abuso a ciclo continuo della storia dell’arte che è praticato anche in molti altri luoghi (dalle Scuderie del Quirinale al Palazzo Reale di Milano). Quel che invece è davvero notevole è la risposta che Goldin ha dato a coloro che gli hanno mosso queste stesse critiche: «Credo nelle emozioni, non nella conoscenza per pochi sapienti». E ancora: «Ho la convinzione che le opere d’arte non debbano essere relegate alla sola fruizione elitaria riservata ai sapienti».

Ecco l’ultima frontiera del tradimento della storia dell’arte, ridotta a strumento per opporre le emozioni alla conoscenza, e il popolo all’élite. È la stessa retorica che usa Matteo Renzi quando difende dalle critiche degli storici dell’arte la bufala auto-propagandistica della ricerca della Battaglia di Anghiari dietro Vasari, o Silvano Vinceti quando dice di aver trovato le ossa di Caravaggio o di Monna Lisa. Questa retorica prevede che alle obiezioni scientifiche non si risponda con argomenti razionali e verificabili, ma con l’appello ad ineffabili e incontrollabili emozioni. Ed è una retorica tre volte menzognera: mente una volta perché tenta di ammantare di un anelito democratico il marketing della propria carriera politica o dei propri affari; mente una seconda volta, perché illude di far godere dell’arte senza nessuno sforzo di conoscenza; mente una terza volta perché toglie ai cittadini l’unico mezzo per costruire davvero la democrazia: e cioè la conoscenza, che si dipinge falsamente come inconciliabile con l’emozione.

La storia dell’arte è una disciplina umanistica, cioè utile a costruire quella che i latini chiamavano humanitas: la vocazione di noi tutti a non vivere come bruti, ma a seguire la conoscenza. Ma il Dio Mercato ha invece bisogno di clienti, emozionati e ignoranti. Questo insanabile contrasto oppone, per qualche mese, il senso ultimo della Basilica di Palladio a quello del suo effimero contenuto.

MODIGLIANI

Gauguin - Bonjour, Monsieur Gauguin

Gauguin – Bonjour, Monsieur Gauguin

6 pensieri su ““Raffaello verso Picasso” a Vicenza: emozioni o conoscenze

  1. Non entro in argomentazioni che non mi competono e non me la sento di esprimere il mio giudizio sul progetto culturale della mostra. Tuttavia non condivido la “solenne protesta” per le scelte espositive. Tutte le opere esposte sono obbligate al rispetto di livelli massimi di illuminamento molto bassi che ne garantiscano la conservazione, questo significa evitare l’esposizione alla luce naturale o filtrarla attraverso particolari vetri dicroici che limitino l’apporto di irradiazione UV e IR, cosa chiaramente molto difficile da realizzare in una struttura architettonica pensata al tempo come posto privilegiato per le assemblee pubbliche e per gli affari cittadini. L’intero impianto di illuminazione, a quanto ho visto, e’ realizzato totalmente a led. un risultato soprendente se si pensa che per ogni quadro e’ stato usato un solo proiettore e che la percezione cromatica delle opere e’ degna dei migliori impianti tradizionali ad alogeni. Illuminare a led, per chi conosce la luce, significa disporre di una sorgente a banda stretta e priva di irradiazione IR e UV e pertanto passibile di violare il limite di 150lx imposti senza danno alcuno alle opere. Tuttavia, molti curatori di importanti museo ancora non se la sentono di modificare regole che fanno capo a tecnologie ormai datate e quasi in disuso, il led non e’ ancora cosi’ ben conosciuto. Quindi, se nella teoria e’ possibile passare da ambienti in penombra a spazi luminosi che possono simulare la luce naturale del giorno, mi pongo un quesito: Quale lettura voglio dare dell’opera? Come la voglio contestualizzare? Se e’ vero che tutte le opere d’arte sono realizzate con luce naturale, so anche che questa potrebbe essere quella di mezzogiorno, della sera, del tramonto, del mattino, della luna… Ma anche di una candela o del riverbero del fuoco: la temperatura di colore cambia, il livello di intensita’ luminosa anche e di conseguenza posso avere una lettura completamente diversa dell’opera. Mai, per esempio, mi sognerei di illuminare a giorno ” il martirio di san lorenzo” del Tiziano. Realizzare un allestimento espositivo che possa interpretare la condizione migliore di ogni singola opera, sopratutto in una mostra temporanea, e’ praticamente impossibile. L’atmosfera mistica che si respira entrando nella mostra la trovo meravigliosa, emozionante, e allo stesso modo la percezione delle opere grazie ad un azzardato contrasto cromatico con lo sfondo che le valorizza ulteriormente. Forse la terza e quarta parte dell’esposizione, con opere appartenenti a periodi storici piu’ recenti poteva avere una cornice ed una illuminazione diverse, tuttavia condivido la scelta del progettista di coordinare l’allestimento e rendere fluido il percorso espositivo.

  2. Gentile sig. Dario, la ringrazio per la sua bella riflessione tecnica. Io dipingo e soffro di claustrofobia…e ovviamente le mostre “catacomba” non sono di mio gradimento. Per vari anni ho frequentato il Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi, e lì i concetti sono ben chiari: alcune opere si possono vedere e altre no, nel qual caso sono a disposizione ottime riproduzioni. Queste “mostre spettacolo” possono benissimo essere fatte con ottime riproduzioni…l’idea che tutti possono vedere tutto non mi pare la soluzione migliore.

  3. Salve, mi scusi ma non ho capito in base a cosa lei definisce questa mostra “ignorante”? Potrebbe chiarire questo punto?

  4. Gentile Kelly, la mostra non è “ignorante”, ma è “il Dio Mercato che ha bisogno di clienti, emozionati e ignoranti”. Il contesto mi sembra che spieghi perfettamente questa affermazione. Se però vuole approfondire ulteriormente dovrebbe chiederlo all’autore dell’articolo, lo Storico dell’arte Tomaso Montanari. Grazie

  5. Dal blog mio e della mia amica Chiara, Wisteria Blue, pubblicato il 13 Ottobre 2012
    “Il mio pensiero sulla mostra: Elisabetta

    Siamo andate. Andate a vedere la mostra, cioè.
    La prima cosa che mi ha colpito ha riguardato “me”: ho “sentito” l’emozione di trovarmi di fronte a tele dipinte da pittori di grande livello. Occhi, espressioni, rughe, vestiti, capelli….tutto era lì davanti ai miei occhi e mi “bucava” come solo i grandi pittori sanno fare…..
    La seconda cosa ha riguardato la “me” insegnante. Come ho detto “a caldo” in un video che metterò sul blog appena mi insegneranno a farlo, mi aspettavo una mostra da “terzo millennio”, o comunque una mostra che tenesse conto di avere potenzialmente tra i suoi ospiti anche ragazzi adolescenti, cui si può arrivare spesso solo attraverso un linguaggio comunicativo nuovo.
    Mi sono trovata invece di fronte ad un allestimento tradizionale ed ormai vecchio e superato. Le solite pareti bianche, i quadri appesi e a fianco nome ed autore. Non si può, non si può non fare uno sforzo in più per entrare in un canale comunicativo con i giovani, per entrare a modo loro nel loro mondo…
    Una mostra così promozionata e con opere di pittori famosi doveva riuscire ad arrivare allo spettatore medio, non solo allo spettatore colto ed informato, che da solo è in grado di capire ciò che ha di fronte. Lo spettatore “medio”, specie se adolescente, avrebbe bisogno di essere maggiormente guidato in atmosfere ed emozioni, attraverso secoli e luoghi. Queste atmosfere erano nella mia testa, spolverate dai miei studi al liceo e dalle migliaia di mostre che in questi decenni ho visto in Italia ed all’estero. Ma andrebbero “create” attraverso le moderne tecnologie per spiegare ed attirare attenzione ed interesse…
    Mentre eravamo lì ho sentito una guida chiedere ad una scolaresca delle medie se erano mai andati ad una mostra di Gauguin. Eh, già, oggi ogni famiglia porta i figli a vedere mostre di Gauguin…Accidenti, ma quante sono le famiglie che hanno la conoscenza o la sensibilità artistica di “iniziare” i figli all’amore per l’arte? Non dovrebbero essere mostre come questa ad accendere i famosi “fuochi” socratici? (n.d.r “I giovani non sono contenitori da riempire ma fuochi da accendere”)
    Perché non fare un passo in più non solo per la promozione dell’evento (che devo dire è stata molto efficace) ma anche per aggiungere filmati, documentari, scene tratte da pièces teatrali, per far “calare” ogni singolo quadro o autore nel suo mondo e nel suo tempo?
    A proposito di Gauguin ci sono, ad esempio, due tele dipinte durante il soggiorno del pittore in un piccolo sconosciuto paesino francese chiamato Pouldu.
    Io e Chiara ci siamo incuriosite e, una volta tornate a casa, siamo andate subito in internet per vedere il paese nella sua immagine reale. Bellissimo ed effettivamente carico di ispirazione artistica. Perché non mettere qualche monitor di computer, televisore, proiettore, per far vedere immagini di dove realmente il pittore aveva vissuto mentre dipingeva quel quadro?
    Non avrebbe aiutato i nostri ragazzi, che oggi hanno così tanta difficoltà ad “astrarre”, ad appassionarsi maggiormente a Gauguin?
    Altro esempio: c’erano tre tele con ritratti di personaggi sconosciuti del 1600, non ricordo nemmeno chi fosse l’autore. Mi sono sentita in pieno “Promessi Sposi”….Perchè non mettere frasi, foto o video di immagini dedicate al romanzo? Non sarebbe servito a far loro meglio contestualizzare i ritratti che stavano ammirando?
    In conclusione, la mostra mi è piaciuta, non alla follia ma mi è piaciuta, ma non so come reagirà mio figlio quattordicenne o come reagiranno i miei studenti… Vi terrò aggiornati.

  6. Trovo la critica correttamente esposta, in pieno rispetto dei gusti e scelte altrui. Un ottimo spunto per allargare la vista ad orizzonti più larghi, beneficiando le proprie idee del dubbio democratico.
    Lavorando all’interno della mostra, trovo effettivamente che il livello del pubblico si vanta per lo più di finti acculturati e simil tali che amano riempirsi la bocca di vanità anche a costo di svuotare le tasche; tuttavia, per quella minima percentuale di persone che si distinguono dalla gente, trovo corretto dar loro la possibilità di ammirare e (perchè no?) emozionare tramite il mezzo più contorto e sublime quale l’arte. Molti dipinti, da pittore e studioso, li ho visti solo nei libri. La possibilità di vederli dal vivo e aver beneficiato di vederli estrarre dalle gabbie degli imballaggi internzionali, mi ha dato una emozione. Profonda, personale…non vendibile. Apprezzo moltissimo la critica, rivolgendola ad un giudizio più socialmente generico. Gobbetti Andrea

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