Il parroco di Oggiona (Varese-Italia) Don Ireneo Scaltritti, era una di quelle persone “di una volta”, legato a quella morale e a quei valori che apparentemente avrebbero dovuto essere eterni, ma che negli anni ’70 subirono una mutazione irreversibile.
Don Ireneo continuava imperterrito sulla sua strada che, in un certo senso, rafforzava anche la mia sul piano pittorico e artistico. Oggi, a posteriori, guardando l’Annunciazione, e poi la Crocifissione e infine la Via Crucis nella Chiesa di Oggiona, risulta evidente la testimonianza di quella “resistenza” alla mutazione genetica della società, della cultura e dell’arte italiana in corso in quel decennio.
Pier Paolo Pasolini è stato sicuramente l’italiano che meglio è riuscito a percepire e a scrivere di questa drammatica alterazione, consumata definitivamente nei due o tre decenni successivi.
Tante cose sono successe negli anni ’70:… è finita la magia del decennio precedente, i paradigmi tradizionali della cultura, dell’arte e della convivenza sociale hanno subito una metamorfosi irreversibile….sono cadute le illusioni e le maschere…e le facce dei protagonisti del potere sono emerse con tutta la loro crudeltà.
Quello che è successo alle Belle Arti o Arti Plastiche “ufficiali” non è che il riflesso di quello che è successo nella realtà…..Come esempio suggeriamo di visionare il capolavoro di Alberto Sordi e Anna Longhi nel Film “Dove vai in vacanza?”, dove si rappresenta perfettamente il DISASTRO della Biennale di Venezia 1978 ( http://www.youtube.com/watch?v=OfsJAgaY62E )
Nel 1973 muore Salvador Allende…. e nel 1978 muoiono Aldo Moro e Papa Luciani (Giovanni Paolo I). In Italia gli anni ’70 passeranno tristemente alla storia per la strategia della tensione, per il terrorismo di stato, per gli anni di piombo .
Nel 1975 finisce la tragica Guerra del Vietnam con la sconfitta degli Stati Uniti d’America….e contemporaneamente, o subito dopo, la egemonia sull’Italia, da sovranità limitata passa ad essere di sovranità negata….
Ma nella metamorfosi degli anni ’70 c’è anche la “resistenza” della gioventù e di popoli interi…… e, nel microcosmo del nostro angolino del varesotto… di persone singole “di una volta”come il parroco di Don Ireneo Scaltritti e il sottoscritto che, in un certo senso “insieme”, realizzano prima la Crocifissione e poi la Via Crucis per la Chiesa di Oggiona.
E siccome i preziosi affreschi ritrovati dovevano essere il centro ispiratore di tutta la ristrutturazione interna della chiesa, ovviamente queste due opere dovevano essere fatte “su misura” per questa concettualità estetica di Integrazione Plastica tra la architettura, la pittura e la scultura.
E dove siamo andati a scovare questa ispirazione? Non certo nelle misere e “povere” proposte dell’arte ufficiale, che ormai, pian piano, stava assumendo il nome di “Arte Contemporanea”…..
Non potevamo neanche ritornare solamente ai cari Wiligelmo, Benedetto Antelami e scultori romanici che hanno suggerito la Crocifissione di Oggiona……
Era necessario vedere anche le proposte di altri artisti “resistenti”….e come spesso succede, le coincidenze non sono casuali: uno degli eventi artistici più rilevanti e più incompresi degli anni ’70 in Italia è stata la grande mostra di David Alfaro Siqueiros a Firenze, curata da Mario De Micheli.
Dal 10 novembre 1976 al 15 febbraio 1977 in Orsanmichele e a Palazzo Vecchio di Firenze è stata presentata la grande mostra antologica promossa dalla Regione Toscana e dal Museo d’arte moderna di Città del Messico: David Alfaro Siqueiros e il muralismo messicano. In questa mostra si parlava di ARTE PUBBLICA, di INTEGRAZIONE PLASTICA, di POLIANGOLARITA’, di MURALISMO CINEMATOGRAFICO, di NUOVI MATERIALI E TECNICHE DELLA INDUSTRIA MODERNA…..questa mostra riportava in Italia le intuizioni, le sperimentazioni e i risultati degli studi realizzati a partire dal 1920 da Diego Rivera e David Alfaro Siqueiros nella nostra penisola, di fronte a Giotto, Masaccio e Piero della Francesca, di fronte ad Andrea Pozzo a Roma e di fronte ai quadraturisti emiliani del ‘700.
Fu una mostra che non incise per nulla nell’arte ufficiale egemone…..ormai l’Arte di Stato nordamericana, a partire dall’Espressionismo Astratto, era penetrata profondamente nel tessuto artistico e culturale italiano. Il processo di “chiusura” nei confronti delle avanguardie reali lo si intuisce abbastanza bene rivisitando la storia delle Biennali di Venezia a partire dal dopoguerra.
Nel 1948 fu premiato Braque e nella straordinaria edizione del 1950 Matisse, con un grandioso successo delle mostre su Fauves, Cubismo, Futurismo e Blaue Reiter….insieme alla “rivelazione”: la stupefacente pittura del Padiglione Messicano, che presentava Jose Clemente Orozco, Diego Riviera, David Alfaro Siqueiros e Rufino Tamayo. Poi nel 1952 venne il Divisionismo italiano, il Puntillismo francese e Toulouse-Lautrec…..ma anche, nel Padiglione Nordamericano l’action painting dell’alunno di David Alfaro Siqueiros, Jackson Pollock…..nel 1954 il Surrealismo…e infine la metamorfosi: dal 1958 al 1968 sotto la direzione di Gian Alberto Dell’Acqua la Biennale contribuì significativamente e quasi esclusivamente alla diffusione della cosidetta “Arte Contemporanea” in Italia.
Praticamente a poco o a nulla valsero, nè la Biennale del 1950, nè la grande mostra di Siqueiros a Firenze nel 1977, nè quella poi di José Clemente Orozco nel 1981 a Palazzo Pubblico di Siena, curata sempre dal nostro ricordato Mario De Micheli. Le preoccupazioni dei pittori italiani rimanevano chiuse nella finestra visiva albertiana, con lo spettatore fisso e immobile nel centro della immagine…..”dalla superficie della tela in dentro” come diceva Siqueiros…salvo poi dichiarare che “la Pittura è morta…perchè in Pittura tutto è già stato fatto”.
Niente che desse adito a riflessioni “dalla superficie in fuori”, verso la gente, verso il movimento libero dello spettatore nello spazio, le deformazioni ottiche, l’architettura, lo spazio urbano….e conseguenti riflessioni sulla forma, sul colore, sulle tecniche, i materiali e i contenuti, e addirittura sugli stili e metodi di lavoro…..sulla partecipazione dei fruitori e, infine, sulla democratizzazione dell’arte e del mestiere di dipingere.
Tutte queste riflessioni erano anche le nostre negli anni ’70 quando, stimolati da questi eventi, iniziammo a ri-studiare la Soria dell’Arte italiana con una visione differente, quella dell’Arte Pubblica, che è stata sempre la principale forma d’espressione e quella che ha caratterizzato il nostro tortuoso cammino come nazione.
Anche di questo si parlava con Don Ireneo Scaltritti a Oggiona, che si entusiasmava ed appassionava sempre di più. Le piccole formelle della Via Crucis, i cui materiali e costi di cottura sono stati finanziati, ciascuna, da una famiglia oggionese, avevano questa intenzione sperimentale fondamentale: immaginare lo spettatore occupando uno spazio differente dal centro visivo della immagine…dall’alto, dal basso, di lato ecc. in modo da rendere estremamente espressiva la scena della singola stazione rappresentata.
Continuando nel cammino della scultura romanica, degli inizi dell’arte moderna italiana, della sintesi e della semplificazione estrema della immagine…..come ritorno alle origini del nostro linguaggio figurativo comune.
Il risultato è questa Via Crucis di Oggiona che, credo, sia stata una delle esperienze più audaci della mia carriera….un lavoro totalmente “libero”, realizzato grazie alla disponibilità, amore per la nostra Storia dell’Arte, autonomia di pensiero e visione di futuro del caro Don Ireneo Scaltritti.
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Complimenti, questo post ha davvero stimolato il mio interesse.
molto suggestiva e drammatica . efficace nella gestualità e nei colori