Happy tuesday from Loiyangalani

Scritto lunedì 12-11-12 pubblicato martedì 13-11-12

Buongiorno a tutti e buon inizio di settimana a tutti quanti.

Vi scrivo da sotto il porticato dove alloggiano i visitatori dello Loiyangalani, quei pochi che riescono a giunger fin qui.

E’ una giornata stramba splende come sempre il sole ma diversamente dagli altri giorni ci sono molte nuvole promettenti pioggia. Inoltre soffia un vento molto forte, capace di piegare come fossero fili d’erba le cime di tutti gli alberi, acacie, palme secolari, toothbrush tree.

Nonostante questo le mosche non mollano il colpo, onnipresenti. Pazienza, mi consolo col fatto che non pungono.

La mia salute sta migliorando, sento ancora un po’ i lasciti della malaria, ma sto bene.

Rispondo ora ad alcune domande che mi sono giunte via mail riguardo alla profilassi antimalarica.

L’antimalaria certamente è una di quelle profilassi fortemente consigliate prima di partire per paesi tropicali, per chi viaggia come turista per un periodo massimo di 90 gg, concomitante con la durata del visto.

Dato il mio personale soggiorno superiore a tale range nel caso in cui avessi seguito tale profilassi avrei detto addio al mio fegato.

In Italia indicano il Lariam come cura preventiva ma sopratutto va detto che va bene per alcuni ceppi di malaria ma non per altri ceppi e dato che i medici italiani non conoscono cosi dettagliatamente la tipologia di ceppi nazione per nazione è tutto un po’ un terno al lotto.

Un’amica nonostante abbia assunto il Lariam prima dell’arrivo in Kenya, si è presa dopo pochi giorni la malaria.

Io consiglio nel caso la prendeste di curarvi col Co-falcinum 20/120 Artemether 20 mg + Lumefantrine 120 mg.

Voglio riportare, di volta in volta, alcuni stralci, a mio parere interessanti, del libro che personalmente mio nonno Vittorio insieme a mia nonna Giannina e lo zio John, mi hanno consegnato prima della partenza per l’Africa.

Buona lettura a tutti voi.

 

C’è invece una verità che richiede coraggio; quella sola merita pienamente questo nome. E’ la verità che si trasforma in programma di vita, che magari costringe al cambiamento, all’autocritica, a una speranza impegnativa. La verità che richiede coraggio è quella che mette in discussione tante illusioni e svela le inquietudini più profonde dell’uomo.

La verità quando non è più cercata, viene sempre sostituita -consapevolmente o meno- da un surrogato. Quando l’incertezza e il dubbio diventano fitti, e la strada per uscirne appare troppo lunga e faticosa; quando viene a mancare il coraggio della ricerca paziente, onesta, perseverante, e viene meno l’impegno della libertà, allora fatalmente ci si rifugia in qualche pregiudizio collettivo, capace di dare temporanea sicurezza e di esonerarci dal rischio personale.

Ci sono tante bandiere dietro le quali arruolarsi, ci sono tanti gruppi nei quali rinchiudersi. Una volta che hai scelto una bandiera e un gruppo, hai dei compagni, un linguaggio, la sensazione di avere trovato un mondo in cui si può vivere, hai un giudizio pronto su tutto.

Basta allora scegliere: e allora la “verità” diventa quella del gruppo o del partito a cui appartieni.

Proprio perché molte delle verità che circolano sono di questo tipo, accade che nessuna comunicazione sia possibile. Rimane spazio solo per la lotta senza quartiere, oppure per il compromesso equivoco in nome del principio  del vivere e lasciar vivere.

Per comunicare infatti occorre credere nella verità, nella sua possibilità di imporsi con una forza che non è quella del numero, e neppure quella della prepotenza o addirittura delle armi.

Occorre avere delle ragioni, e non solo prendere decisioni. Altrimenti il dogmatismo diventa la regola; facile, arrogante e sempre pronta è la rozza schematizzazione di ogni idea diversa dalla propria.

Contro questa  tentazione di fanatismo privo di ogni capacità critica è necessario ritrovare il coraggio della verità.

Questo tradimento della verità può esser dettato dalla paura della solitudine. Per essere accolti in una comunità, in un gruppo, in un giro di amicizie, si è costretti spesso a essere falsi e a recitare una parte che non è la nostra. A poco a poco la recita si confonde con la realtà, e noi non sappiamo più distinguere le due cose.

Il coraggio della verità non è semplicemente l’impegno di una ricerca intellettuale faticosa, è prima di tutto il coraggio di guardare a noi stessi con schiettezza, senza rifugiarci in fretta nell’accusa degli altri per giustificare le nostre mediocrità e i nostri sotterfugi. Non è possibile la veracità nei confronti degli altri senza questa preliminare opera di ricostruzione della nostra veracità interiore.

Il vero “uomo maggiorenne” è colui che non si affida all’opinione comune o alla semplice tradizione secolare come a una norma infallibile di verità, ma su tutto si interroga, ogni parola ascolta, nella ricerca attenta e appassionata d’ogni briciola di verità.

From Loiyangalani

Gabriele

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