VITA E MORTE SU UN MARE DI GIADA

Il profumo della savana al mattino è qualcosa di indescrivibile a parole, ma è certo il modo migliore per iniziare un viaggio.

La mattina ti alzi assieme al sole e comincia il lavoro, per gli addetti del mestiere. I clienti devono essere al sicuro in uno dei posti più rischiosi al mondo, quindi butti giù dal letto Lociuc e prepari la jeep per l’avventura: pale picconi, machete, kit d’emergenza e tutto il necessario, controlli il motore e le gomme fai un rapido conto della benzina e delle provviste necessarie, ti assicuri che le piste che percorrerai siano sicure e   poi tutto è pronto!

Sei pronto per portare gli ospiti in un posto ai confini del mondo , dal quale sai con certezza che tornerai diverso da quando sei partito, non importa quante volte tu ci sia stato o quanto sei esperto, quel posto bello e maledetto, ogni volta è come una centrifuga per la tua anima

Il lago Turkana è una destinazione difficile, ma è in grado di darti emozioni che nessun tipo di esperienza è in grado di eguagliare, io lo vedo come un posto mistico, la culla dell’umanità, da dove noi tutti siamo nati e dove pare che il tempo si sia fermato in un eterno presente senza passato e futuro li hai il tempo per vivere e capire cosa ti succede attorno.

Per raggiungere il lago è necessario prendere il sole alla sprovvista e partire di prima mattina, sperando che quell’immensa palla di fuoco sia più assonata di te, diffonda i suoi raggi senza stancarsi troppo e senza cuocere il tuo cervello. Una volta salito sulla jeep la tua mente cambia, come se entrassi automaticamente in modalità viaggio, sai che ti attendono 10ore di piste sterrate nel cuore dell’Africa, sai bene che i 50 gradi ai quali stai andando in contro ti abbrustoliranno lentamente, ma senti  il richiamo di quel lago ed è troppo forte per fermarti, allora le paure passano appena il motore inizia ruggire e la vita ti scorre fuori dal finestrino, come un film senza censure.

Sulla strada può accadere di tutto , hai un perfetto spaccato del mondo e ti ritrovi a osservare persone e animali dall’esterno, pensando alle loro vite, è un po’ come quando ti fissi a guardare le macchine che passano e cerchi di immaginarti dove vadano le persone che le guidano. Vedi paesaggi che ti fanno sentire la libertà scorrere nelle vene, distese immense di acacie e terra rossa, dove donne, bambini e pastori camminano senza fretta carichi come somari per destinazioni e motivi a te sconosciuti, e ti colpisce quel lento camminare ritmato dai respiri della natura che avvolge e regola tutto.

Sulla strada sballottato dalle buche e dai sassi hai il tempo per fare i conti con te stesso, pensi ai tuoi amici lontani ,al tuo letto e alla culla dorata nella quale sei cresciuto e guardando fuori dal vetro capisci che sei lontano mille miglia da tutto quello che per te è scontato, ti senti solo in mezzo alla natura incontaminata, le senti chiaramente le catene che ti legavano rompersi dentro di te e capisci che sei libero, libero di gioire e di soffrire come se rinascessi una seconda volta.

I paesaggi hanno la capacità di incantare gli occhi in quei posti, arrivare diretti al cuore, è un estasi difficile da spiegare ma che ti riempie di gioia incosciente, ma presto impari che la vita ti fa divertire senza dirti nulla poi però ti presenta il conto!

Superata la città di Laisamis la savana inizia a lasciare spazio al deserto, li inizi a capire… la macchina spesso si ferma per soccorrere bambini lungo la via , bambini che negli occhi hanno dipinta la sofferenza di una natura tanto bella quanto crudele, quelle vocine sottili che gridano:“magi,magi!” (acqua ,acqua!) ti pugnalano l’anima, ti senti un verme per tutta l’acqua che hai sprecato lavandoti i denti a casa, che a loro avrebbe potuto salvare la vita, cose che sai dalla tv, ma quando ti trovi davanti quei piccoletti ti senti un assassino. La strada continua e te dentro cambi, capisci che vivere la vita ti fa crescere, le cose brutte ti servono per migliorare, perché quando ti senti una “merda” non puoi fare altro che rimboccarti le maniche e decidere di dare una sistemata, o cercare quantomeno di essere una persona un po’ migliore.

Il deserto scorre veloce sotto le ruote della jeep, il caldo e la polvere diventano un contorno al quale ti abitui rapidamente, e le ore passano lente tra pensieri paesaggi e persone. Anche la sabbia del deserto con il tempo inizia a cambiare e il paesaggio ancora una volta cambia, le montagne all’orizzonte lasciano solo intravedere cosa ti aspetterà poi, e le gomme dell’auto che colano dal caldo rallentano l’attesa e aumentano la tua curiosità di capire cosa c’è oltre la line dell’orizzonte,  dopo le prime sei ore inizi a sognartelo il lago, la tua mente annebbiata dal caldo e scossa dalle emozioni, fatica a dipingere un idea.

In quei momenti i compagni di viaggio diventano la tua famiglia, situazioni simili ti uniscono molto più di una stretta di mano, loro ti fanno forza e ti fanno ridere quando il tuo cuore piange per la sofferenza che incontri lungo la strada, sofferenza che condividi con loro e con loro superi come superi ogni guado lungo la strada!

Quando il deserto da cartolina finisce incomincia un paesaggio quasi marziano, solo roccia nuda e caldo, sembra di viaggiare in jeep su Marte, immense distese di roccia lavica e qualche villaggio ogni tanto, ovviamente la prima cosa che ti chiedi è come facciano delle persone a vivere in mezzo ai sassi. Senza nulla, niente acqua niente alberi… ma questo è rimasto un mistero anche ora che è da un po’ che giro in quelle zone, quelle persone sono un mistero, quasi un miracolo, meglio accettarlo, senza cercare di spiegarselo.

E poi all’improvviso appare il lago e te resti senza pensare per qualche istante, quella meraviglia ti assorbe completamente, come un mare di giada in mezzo al nulla, guardandolo ti senti parte di qualcosa di più grande, le emozioni si mescolano con una serenità che ti sconvolge.

Finalmente dopo un viaggio faticoso e interminabile sei arrivato! Il tramonto che si riflette sulle increspature dell’acqua crea un atmosfera magica dove la tua mente è libera di volare come i cormorani che galleggiano nell’aria in cerca di pesce… godendosi assieme a te quell’immenso spettacolo.

Ti riposi  e inizi a vivere le meraviglie che ti circondano, stupendoti di ogni roccia o persona che incontri sul tuo cammino; ritorni bambino, il tuo cuore e la tua mente sono completamente aperti alle novità!

È una sensazione bellissima, quel posto regala giorni indimenticabili e l’ospitalità di quella gente sempre umile e sorridente ti rapisce, basta poco per sentirsi uno di loro… e poi a ballare sotto le stelle nei villaggi, danze antiche quanto il mondo, tutti uniti come una cosa sola, con la luce della notte a rischiarare ogni cattivo pensiero.

Ma la vita come sempre in quei posti non tarda a ricordarti dove sei, in un posto, difficile dove i problemi come le gioie sono vere e tangibili.

Non dimenticherò mai quella notte… era una nottata stupenda le stelle brillavano sul lago e noi danzavamo allegri con i ragazzi del posto, senza pensieri dopo aver mangiato con loro nelle capanne e aver goduto della loro ospitalità. Era tutto bellissimo fino a quel momento: come un temporale tropicale ha sconvolto le nostre vite. L’ amica che ci aveva ospitato per cena nella sua capanna arrivò da noi in lacrime dicendoci di seguirla, ci mostrò un fagottino con dentro suo figlio, era piccolissimo, ma senza acqua e cibo per una creatura cosi fragile quel posto non era adatto.

Noi lo guardammo, e tutto ci fu chiaro, non respirava gli occhi erano secchi: allora prendi la jeep e corri al pronto soccorso più vicino, eravamo l’ultima speranza per quel piccolo fagotto e avremmo fatto l’impossibile per non lasciarlo andare, davanti al pronto soccorso un cancello ci sbarro la strada, in quei posti l’ospedale e un lusso per pochi e prima di curarti devi dimostrare di poter pagare.

Io ricordo la rabbia di Lociuc, che per poco non ha sradicato quel cancello di ferro con le mani, ricordo le persone del villaggio fuori dall’ospedale e ricordo che ci siamo battuti con tutte le nostre forze per quella vita, ma la mattina seguente arrivò la notizia.

Il fagottino era malnutrito e disidratato, non rispose alle cure dei dottori, e nemmeno alle nostre preghiere da atei, decise andarsene sotto le stelle di quella notte, decise di lasciare nei nostri cuori una ferita profonda che portava un messaggio di speranza.

Dal giorno seguente senza scambiarci parole decidemmo di dover dare un senso a quella morte e che era nostro dovere lottare con tutte le nostre forze per far si che altri bambini non si arrendano cosi presto alla vita.

Eravamo consapevoli di essere davanti a una sfida impossibile, ma la cosa non ci turbava, avremmo trovato un modo per fare qualcosa!

Oggi stiamo ancora lottando con le nostre cicatrici a ricordarci il motivo della nostra lotta.

SEI PRONTO GABRI?… tra pochi giorni tocca a te!.. BUON VIAGGIO!!

Alessandro

3 pensieri su “VITA E MORTE SU UN MARE DI GIADA

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