GREEN DOMESTIC
Piccoli gesti, quotidiani e diffusi. La nuova cultura della sostenibilità.

Whirlpool   pierre_ley@whirlpool.com

God save the Green

inserito il 21/9/2010 alle 14:51

Il principe Carlo apre al pubblico i giardini di tre residenze reali. Lo scopo? Educare i visitatori a comportamenti “sostenibili” e allo stesso tempo “rinverdire” – è proprio il caso di dirlo – l’immagine della monarchia britannica. Così come Michelle Obama aprì le porte degli orti della Casa Bianca a scolaresche e comitive in gita, Charles trasforma la storica residenza londinese dei principi di Galles, Clarence House, in una sorta di lussuoso agriturismo didattico. I visitatori vi potranno scoprire ad esempio come un vecchio paracadute possa essere trasformato in un padiglione polivalente (sempre buono a sapersi) oppure come le vecchie tende di casa possano accedere a nuova vita sotto forma di comode e trendy borse “shopper” per fare la spesa con stile. Il pezzo forte ovviamente è la parte dedicata alla coltivazione degli orti, rigorosamente Bio. In programma numerosi dibattiti, conferenze e spettacoli. Oltre a Clarence House, è toccata la stessa sorte anche a Lancaster House e Marlborough House. Il Garden Party reale, iniziato ufficialmente l’8 settembre scorso, ha preso fine il 19 settembre, con grande successo di pubblico. Un principe raggiante ha spiegato come fosse importante per lui poter dimostrare che tutti noi, ognuno secondo le proprie possibilità e attraverso piccoli gesti quotidiani, possa contribuire alla salvaguardia del pianeta.

Malgrado le critiche rivolte a chi, per rango e doveri istituzionali, produce una “impronta ecologica” (cioè la quantità di CO2 prodotta dal proprio stile di vita) cento volte superiore a qualsiasi soggetto di Sua Maestà Britannica (secondo il Daily Mail), l’iniziativa ha raccolto il consenso generale, con la partecipazione spontanea e l’appoggio di noti difensori della “greenitudine” come la stilista Vivianne Westwood ed il cantante Rolf Harris. In effetti, oltre al lato educativo e informativo, questo garden party era l’occasione- invero impedibile - per visitare, con sole 15 sterline (poco meno di 30€), gli storici, meravigliosi giardini di queste tre splendide residenze reali normalmente inaccessibili ai comuni mortali.
Come si suol dire…tutto fa brodo, anche il sangue blu per la linfa verde del nostro pianeta.
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Come ti cucino il gambero invasore!

inserito il 25/8/2010 alle 16:17

Il tormentone Gambero sembra non dover finire di agitare le acque del lago di Varese . Non c’è che dire, il piccolo crostaceo infestante sta riscuotendo un notevole successo di cronaca, a metà tra l’aneddoto vacanziero e l’allarme ambientale. Il sito francese “développement durable” (sviluppo sostenibile), abituale dispensatore di consigli e notizie utili a chi desidera vivere nel rispetto della natura e del pianeta, ha stranamente incluso nei propri contenuti una ricetta di gamberi d’acqua dolce. Anche oltralpe si sono verificati casi simili al nostro lago, e l’aggressivo decapode ha fatto danni anche nella patria del più famoso divoratore di gamberi d’acqua dolce: Napoleone Bonaparte. In realtà i gamberi d’acqua dolce sono un grande classico della cucina francese, e forse il novero negli articoli che trattano di sostenibilità è dovuto al fatto che si tratta di una specie che non corre pericoli di estinzione imminente. Il rinnovato interesse culinario contribuirebbe pertanto al controllo dell’intraprendente americano. Non si poteva dunque non approfittarne, vista l’attualità del tema “gambero” nella nostra provincia. Finora ci è stato detto che non è tossico, anzi sarebbe commestibilissimo, e ci sono state impartite direttive su come e quando pescarlo. Niente ancora su come cucinarlo. Allora, visto che anche “Développement Durable” ha sdoganato la gamberofagia come pratica rispettosa dell’ambiente, non abbiamo più remore! Inoltre il “nostro” gambero, invero oriundo americano, si può considerare “a km zero”.

 Ecco il modo più semplice, e forse più gustoso, per avvicinarsi a questa prelibatezza gastronomica:
 
Si abbia una mezza dozzina di gamberi per ogni commensale, ben puliti ma non sgusciati. In una capiente padella, far languire a fuoco basso e in olio d’oliva una onesta quantità di scalogno finemente affettato. Si uniscano i gamberi e, alzando il fuoco, si fiammeggino senza timore con un buon bicchiere di brandy. A questo punto si aggiusti di sale e pepe, e si aggiungano due pomodori, o più acciocché la bagna non manchi, molto maturi e possibilmente appena raccolti dall’orto, tagliuzzati grossolanamente. Si concluda con una bustina di zafferano, e si lasci sobbollire per qualche minuto. Prima di servire caldissimo, guarnire con una generosa manciata di prezzemolo tritato, ché tanto ci sta e garba all’occhio.
Così com’è pescato esclusivamente con le mani, questo gambero va degustato con l’ausilio delle sole dita. Prevedere abbondante pane tostato per l’inevitabile, irresistibile scarpetta.
Tags: Gambero, Louisiana, cucina, lago di varese     Categoria: Acqua
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Sul sugo una grattata di Marsiglia

inserito il 14/7/2010 alle 11:18

Spodestato progressivamente dalla metà del ventesimo secolo dai pratici detersivi liquidi in nome della modernità, il buon vecchio mattoncino verdognolo di sapone di Marsiglia conosce una nuova vita grazie all’insperata popolarità regalata dal marketing, sempre alla ricerca di novità, con un occhio di riguardo alle tradizioni delle nostre nonne. Ma le mode pubblicitarie, si sa, hanno vita breve. Come si presenta il futuro del verde marsigliese?

Il sapone “di Marsiglia” è chiamato col nome della città provenzale proprio perché in Provenza, nella metà del sedicesimo secolo, nacque la fiorente industria del sapone grazie alla diffusa presenza dei suoi ingredienti principali, l’olio d’oliva - ben il 72% - il sale e la cenere di salicornia, abbondanti nella Camargue. Più tardi l’aggiunta di altri ingredienti provenienti dalle colonie francesi, sempre reperibili grazie ai traffici del porto di Marsiglia, quali l’olio di palma e di copra (derivato dalla polpa di cocco essiccata) hanno dato al sapone di Marsiglia la sua composizione definitiva. Ad oggi il metodo di produzione rimane invariato. Per il sapone bianco si usa, invece dell’olio d’oliva, l’olio di arachidi. Agli ingredienti naturali viene oggi aggiunta la soda, in sostituzione della cenere di salicornia che ne contiene in abbondanza, per il procedimento di saponificazione. Poi il passaggio negli stampi, ed infine il taglio in cubi di 600 grammi con il marchio del saponificio. Proprio in questo procedimento, che non prevede alcun test su animali e produce un sapone biodegradabile al 98% oltre a non provocare alcun tipo di allergia, potrebbe celarsi il segreto della la sua salvezza.

La sempre maggiore attenzione dei consumatori ai temi della salvaguardia del pianeta spiega la sempre crescente popolarità dei detersivi naturali e fai-da-te. In Francia, patria del sapone di Marsiglia, sono numerosi coloro che si fabbricano in casa un detersivo a base di Marsiglia adatto all’uso in lavatrice. Ecco una sintesi delle molte ricette che questi eco-lavandai si scambiano in internet: ci si procuri un pezzo di autentico sapone di Marsiglia, a questo proposito c’è da dire che il nome si riferisce al procedimento e non alla provenienza, quindi il Marsiglia autentico si produce benissimo anche in Italia. Si scaldi un litro d’acqua e vi si sciolga circa 50g di sapone grattugiato. A questo punto si può aggiungere qualche goccia di olii essenziali, ad esempio lavanda, per dare un profumo gradevole al bucato. Un po’ di percarbonato di sodio per un ulteriore effetto sbiancante e il gioco è fatto. Si può ora usare come un normale detersivo liquido. Indubbio l’effetto benefico sull’ambiente, ma anche sul portafoglio, se si considera che un panetto di 600g di sapone di Marsiglia costa intorno ai 4.00 euro. Naturalmente ogni eventuale danno alle tubature di casa o alla lavatrice derivante dagli esperimenti saponari rimane a rischio e pericolo dell’apprendista alchimista del cestello! Come direbbero a Marsiglia, c’est la vie, ma rimane il brivido del pioniere della centrifuga.

Tags: lavatrice, detersivo, marsiglia, sapone     Categoria: Acqua
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Bluestenibile alla varesina

inserito il 22/6/2010 alle 11:51

In Francia il WWF affianca gli organizzatori del festival sostenibile del Rock, in programma dal 25 al 26 giugno 2010, che da tre anni a questa parte ha guadagnato sul campo la simpatia e la solidarietà del pubblico. L’Eco-festival sfodera l’armamentario classico del “basso impatto”, dalla raccolta differenziata dei rifiuti alla proposta di merchandising realizzato con fibre naturali e sostenibili, passando dall’uso di carta riciclata per volantini e manifesti. La cosa piace molto, e non soltanto agli appassionati di questa musica, ma anche e soprattutto alla stampa che ha dato all’Eco-festival ampia copertura. Viene da pensare che i francesi siano “avanti” anche in questo campo, ma a guardar bene gli italiani non sono da meno. Come per formaggi e vini, ci lasciamo abbagliare dalla solita grandeur d’oltralpe, mentre in casa nostra ci sono veri tesori. Parlando di festival musicali, partirà a Luglio a Varese la rassegna di musica afroamericana “Black & Blue Festival”, giunta quest’anno alla sua decima edizione con un successo sempre crescente. Interrogato sugli aspetti di sostenibilità dell’organizzazione, il direttore artistico Alessandro Zoccarato risponde candidamente che questi sono recepiti ed attuati in modo naturale, quasi fossero un dato di fatto di cui non occorre nemmeno parlare, e certamente non motivo di battage mediatico. Come per i formaggi, scopriamo che qui le cose si fanno sul serio, ma ci dimentichiamo regolarmente di “metterla giù dura”. Ad esempio l’intero staff dell’organizzazione, durante tutta la durata del festival, userà solo ed esclusivamente le biciclette messe a loro disposizione per ogni spostamento. In quanto a volantini e manifesti, il loro numero è stato drasticamente ridotto per essere sostituiti con i ben più tecnologici ed efficaci mezzi informatici, quali un sito web dedicato e tutti i social network che si è riusciti a mettere in campo. Appuntamento il 23 luglio con la serata inaugurale del festival. In programma alle ore 18.00 in piazza montegrappa con Angelo “Leadbelly” Rossi, e alle 21.00 tutti (a piedi) ai giardini estensi per assistere all’esibizione della John Campbelljohn band. Per godersi appieno lo spettacolo ci si può portare da casa qualche genere di conforto come, tra le tante "meraviglie" esistenti in provincia, i gustosi caprini della Valcuvia annaffiati da freschi vini dei Ronchi Varesini.

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Ecco il Vuvuzela Cocktail, fresco “insubrafricano” quasi sostenibile

inserito il 15/6/2010 alle 11:24

In onore dei mondiali proponiamo questo cocktail che lancia un gemellaggio transcontinentale tra la terra di Mandela e i giacimenti gastronomici insubri. La sua realizzazione è semplice, basta procurarsi una latta di autentiche pesche di Monate, possibilmente quelle bianche, una bottiglia del prezioso elisir al Borducan, orgoglio del nostro Sacro Monte, e una di Pongràcz Brut metodo Cap Classique, sorprendente eccellenza della valle di Devon vicino alla città storica di StellenBosch.

Si procede come per un classico Bellini, frullando quindi le pesche con qualche cubetto di ghiaccio. Per chi dispone di un frullatore Artisan KitchenAid si sceglierà inizialmente la posizione “tritaghiaccio”per poi passare alle velocità superiori. A questo punto la variante con l’aggiunta, a piacere, dello stesso sciroppo delle pesche e di un generoso sorso di Borducan, a dare morbidezza e un’intrigante nota di arancia. Si versa nei flute riempiendoli per un terzo e si completa con lo spumante ghiacciato. Il risultato è rinfrescante e intensamente profumato. E’anche poco alcolico, quindi adatto alla calura estiva, per mantenersi lucidi e godersi appieno le partite. Il “Km zero” di pesche e Borducan controbilancia le emissioni di CO2 del lungo viaggio del Pongràcz rendendo il Vuvuzela Cocktail…quasi sostenibile. Il nome Vuvuzela richiama la sensazione di stordimento – di piacere nel caso del cocktail, tanto è intenso e gradevole il suo profumo- provocato dalle micidiali trombette.

Parlando di impatto ambientale, alcuni scienziati hanno calcolato che l’intero evento “mondiali” produrrà 2.8 milioni di tonnellate di CO2, l’equivalente di un miliardo di cheeseburger, tra i viaggi delle delegazioni e dei tifosi, gli alberghi, le trasferte e quant’altro. Se però si suddividono queste emissioni per ognuno dei 93 milioni stimati di telespettatori che, senza muoversi da casa, guarderanno le partite sul proprio televisore, si arriva ad un più accettabile conto individuale di 230g di CO2 per ciascuna delle 64 partite, l’equivalente di un paio di cappuccini. A questo punto occorre smaltire il famoso milione di cheeseburger: niente di meglio di una sana pedalata, pensiamo noi.

Ma quanto CO2 produce un miglio percorso in bicicletta? Sempre gli stessi scienziati hanno calcolato anche questo, e il risultato è sorprendente poiché può variare enormemente a seconda di cosa ha fornito al ciclista l’energia per pedalare. Se l’energia necessaria, in media 50 calorie, è stata acquisita ingurgitando i famigerati cheeseburger il conto è di 260g di CO2, mentre se l’emulo di Basso si è rifocillato a banane si scende a 65g! Certo le banane crescono dall’altra parte del pianeta, ma la loro coltivazione ha un impatto minimo sull’ambiente, non necessitano di packaging – hanno già il loro naturale in dotazione – ed il loro trasporto avviene a mezzo nave, uno dei più ecologici. All’altro estremo gli ortaggi fuori stagione trasportati per via aerea, che fanno salire il conto carbonio a ben 2.8 kg! Più inquinante di un mega SUV sulla stessa distanza! Meglio stare stravaccati sul divano a mangiar banane, magari sorseggiando un fresco Vuvuzela Cocktail. E già che ci siamo potremmo chiedere al cargo di banane di dare un passaggio al nostro spumante sudafricano, tanto per abbassare i livelli di quel vigliacco di CO2. Buona degustazione, e forza Italia!!

Tags: vuvuzela, co2, cocktail, mondiali     Categoria: Mobilità, Energia
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