Mi sono innamorato di te

Chioggia, come fu per me Venezia è stato un innamoramento a prima vista. Nella parte vecchia non esistono strade, ma calle e fondamenta. Il centro storico è come un pesce, la cui spina dorsale è il lungo corso centrale, porticato in parte. Le lische sono rappresentate dalle calle trasversali al corso che portano poi alle due fondamenta laterali. Un’urbanistica semplice ma bella, con un campanile che ha l’ingranaggio più antico del mondo per far andare l’orologio. Chioggia la definiscono “la piccola Venezia”, ma è riduttivo. Il suo fascino sta nell’autenticità. Elemento che la città dei Doge ha un po’ perso. Qui non arriva il grande turismo e così la popolazione indigena si mescola ai vacanzieri, e nelle calle senti parlare solo in dialetto. I chioggiotti sono orgogliosi e testardi, anche un po’ focosi. Qualcuno li considera “i napoletani del Nord”. Già da questo voler cercare sempre confronti si può capire un certo loro orgoglio, che non ci sta ad essere secondi a qualcosa o qualcuno. «Siamo più antichi noi di Venezia – mi dice Marco Tiozzo, “capitano” dell’Ulisse, un Bragosso che solca la laguna di Chioggia- e ci hanno copiato tante cose. Guarda il ponte di Vigo, è in piccolo quello di Rialto, ma il nostro è più vecchio. Poi noi abbiamo il porto con il maggior numero di imbarcazioni in Italia, abbiamo il radicchio più buono…». E via a sciorinare dati e riferimenti storici. Non sono comunque questi a far la bellezza di questa incantevole città.

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È tutta colpa delle seppioline

«Parlo tre lingue: l’italiano, il chioggiotto e l’italchioggiotto che è l’insieme di italiano e chioggiotto». Marco per cinque euro ti porta a fare un giro di venti minuti in laguna tra Chioggia e Sottomarina. Se poi trova la compagnia simpatica, diventa sempre più di mezz’ora.
La sua storia è interessante perché svela molte cose: il carattere, la poesia, la visione del territorio e la voglia di fare. «È tutta colpa delle seppioline. Io per venticinque anni ho fatto il pescatore. Un giorno ne ho prese tante. Saranno state oltre quattro quintali, ma c’era un mare così grosso che non mi permetteva di tornare indietro. Non potevo abbandonare un carico di pesce tanto ricco. E così ho preso una via alternativa per i canali. Me la sono scampata, ma da quel giorno ho capito che avrei cambiato mestiere. Mica per la paura, sai. Mi piace raccontare, stare con la gente e promuovere così le bellezze della mia terra».
Lui, con la sua “volgolara”, aveva già iniziato a portare a spasso per mare i turisti. Era stato il primo a fare pesca turismo, che poi significava fare doppio lavoro, ma gli piaceva così. Dopo quattro anni, complici le seppioline, decise di comprare un “bragosso”, la tipica nave da pescatori, che ben si adatta a fare anche da imbarcazione turistica. È arrivata così l’Ulisse, che ancora oggi salpa dalla piazza Vigo. «Non importava quanto guadagnassi perché mi sentivo il più ricco della città. Per me Chioggia è oro puro e la voglio far conoscere al mondo. Ecco perché non mi accontento di fare un semplice giro in barca, ma racconto la storia, le leggende, e la gente è contenta. Quando di notte navigo in mezzo alla laguna, magari da solo, mi sembra di essere libero come un bufalo nella prateria».

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Il cibo è memoria

Lui è “Cegion”. A Chioggia e Sottomarina ci sono oltre 12mila tra Boscolo e Tiozzo e così si sono dovuti inventare un sistema che li distinguesse. Il detto, il soprannome finiscono anche sulla carta di identità. Armido fa Boscolo di cognome detto Cegion. Professione cuoco, e che cuoco. La bravura non la si scopre dai titoli o dai premi, che pure non gli mancano. Gli brucia ancora essere stato battuto da un pollo, «e nemmeno ruspante» come ci tiene a precisare, al concorso di Vissani a “Uno mattina”.
Figlio d’arte, ha pubblicato il libro La svolta, Ciaccole e ricette. «Chiacchiere perché trasmetto le ricette dialogando con le persone. Le ricette hanno una storia e attraverso loro racconto la nostra terra. Il cibo è memoria. Io sono un illetterato, ma la ricerca mi stimola molto». E da questa ha scoperto l’origine vera del Broetto, il piatto a cui lui è più legato. «I pescatori all’epoca erano molto poveri e le prime prede le usavano per loro per cibarsi due-tre giorni. Friggevano il pesce in un olio terribile e per conservarlo usavano aceto e cipolla. Oggi se ne trovano tante versioni, ma quella originale è tutta un’altra cosa». L’antica osteria Al cavallo è finita pure sul magazine della Lufhtansa che nel novembre scorso ha dedicato a Chioggia diverse pagine.

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E a Ravenna “incontriamo” Dante…

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Opposti e domande

Sono sul molo di Sottomarina. Una lingua di cemento e sassi che sarà lunga almeno due chilometri. Pescatori per hobby, capanni, ma soprattutto anziani, famiglie con i bambini. Tutto intorno il mare con la spiaggia ampia, la laguna, i cantieri del Mose, le barche di turisti, i gabbiani, i pesci, le cozze e chissà quanto altro in una mescolanza di antico e moderno, di natura e opera dell’uomo. A vista d’occhio lavori incredibili dell’operosità.
Uno scenario che apre ogni valvola delle emozioni. Qui si intravede tanto senso e tanta volontà di rispettare la natura sapendo che cambia. Sta a noi non piegarla troppo alla nostra volontà. In questo viaggio spesso ho riflettuto sul rapporto tra terra e pensiero, tra natura e sviluppo, tra benessere e pace, tra fondamentalismo e profezia, tra contrapposizione e confronto, tra gioia e dolore. La risposta sta nella domanda e nel provare a non chiudersi nella certezza delle risposte. Che bella questa atmosfera sul molo, un dono quasi in conclusione di un mese di viaggio. E si riparte anche se Ulisse oggi sarebbe tentato di restare

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Milleduecentonove

Siamo in dirittura di arrivo. Ancora due tappe per me e tre da scrivere e leggere.
Intanto però gli amici su Facebook continuano a crescere ed è proprio bello.
Grazie. Vedremo come tenere vivo l’interesse e molto dipenderà anche da voi.
Intanto davvero grazie e … ai prossimi giorni.

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Ma non lo potevano fare senza zanzare?

Il Delta del Po, un pezzo di terra, ma soprattutto d’acqua, in cui il tempo sembra essersi fermato. Diviso tra la Romagna e il Veneto, tra le bellezze di Ravenna, Ferrara e Chioggia, il parco è nato nel 1991e l’Unesco l’ha inserito tra i patrimoni dell’umanità.
“Le diramazioni deltizie del fiume Po, – come si legge sulla ormai imperante enciclopedia Wikipedia, – attualmente attive e che nel loro complesso costituiscono il delta sono, da nord a sud: il Po di Maistra, il Po di Venezia – Po della Pila che sbocca in mare attraverso tre distinte bocche (Busa di Tramontana, Busa Dritta e Busa di Scirocco), il Po delle Tolle (con le diramazioni di Busa Bastimento e Bocca del Po delle Tolle), Po di Gnocca o della Donzella (anch’esso con una biforcazione terminale) e Po di Goro”.
Proprio a Goro partecipo a una sorta di rito sacro. Tutti i giorni alle 16, al mercato ittico del paese, c’è l’asta con cui commercianti e ristoratori si aggiudicano la merce. Oggi è un giorno di magra perché fino alla fine del mese la pesca è chiusa. Così sono pochi quelli che contrattano e alla fine gli scambi arrivano a un valore di poche centinaia di euro. Ci sono solo “pannocchie”, crostacei di basso valore, che hanno il loro momento di gloria arrivando ad essere pagate 13-14 euro al chilo quando la loro quotazione è più o meno la metà.
Qui si pratica “l’asta ad orecchio”. Il commerciante offre una cifra per la mercanzia, ma non lo fa a voce alta. Si rivolge al responsabile e dice in un orecchio quanto sarebbe disposto a pagare. Il miglior offerente si aggiudica le cassette di pesce. Un’operazione antica che conserva intatto il suo fascino.
Pierpaolo Piva fa il direttore del mercato ittico di Goro dal 1998. È assunto direttamente dal consorzio pescatori. Qui sono attive 34 cooperative che svolgono soprattutto attività di mollusco coltura. «Nel 2009 nella sacca di Goro abbiamo prodotto 10mila tonnellate di vongole. È il 25% del mercato, di meglio fanno solo a Scardovari e a Chioggia. Nel porto abbiamo circa cinquanta barche e si pesca anche altro, ma l’attività prevalente resta questa». Una terra che sa di antico, «rimasta tagliata fuori da ogni transito, tanto che le strade principali come la Romea, cinquant’anni fa non erano nemmeno asfaltate. Ora si cerca di sviluppare anche un po’ di turismo, ma è la pesca la nostra economia».
Passo il ponte di chiatte che separa la Romagna con il Veneto. Si paga e anche questo sviluppa economia ed è sempre la cooperativa di pescatori a gestire il pedaggio e la manutenzione. Costeggiando tutta la sacca di Scardovari si trovano sacchi di nylon lungo la strada di fronte ai capanni. Sono quelli lasciati dai pescatori con dentro le vongole. I responsabili del consorzio passano a ritirare il tutto per poi portarli agli stabilimenti per la depurazione e il confezionamento fino a farli arrivare nei nostri negozi.
Scende il tramonto e tutto intorno diventa il regno delle zanzare. «Da quando sono arrivate quelle tigre non c’è più orario» mi racconta Sebastiano, da due anni addetto al pedaggio su uno dei due ponti che attraverso.
Il Delta a quest’ora, con fenicotteri, aironi, svassi, pellicani, fagiani e tanti altri si presenta in tutta la sua bellezza. Ma non si potrebbe fare a meno di questi insetti fastidiosi e invadenti?

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Dante e “come l’uom s’etterna”

Ero partito con Calvino, poi Pasolini e Berto. Lungo la strada ho incontrato Ravenna e quindi non potevo non fermarmi a salutare Dante. Il sommo poeta non riposa con semplicità, in un piccolo camposanto, ma nell’austero mausoleo.
Lo scrittore della Divina commedia è vivo nella città e sono decine le iniziative che vengono proposte. Dante 09 è una di queste e avrà luogo dal 9 all’11 settembre. Questo il testo della presentazione di Davide Rondoni. “Nelle parole rivolte da Dante al suo ex maestro Brunetto Latini durante il loro duro e commovente incontro all’Inferno, viene indicato il contenuto di ogni autentica educazione: il maestro è o dovrebbe essere colui che insegna come l’uomo si “etterna”, ovvero come gli uomini vincendo l’ineluttabilità delle leggi di natura e di temporalità, aspirino e cerchino di conoscere e di conseguire qualcosa di eterno, al di là di sé e dentro se stessi. Oggi, in una situazione che tutti definiscono per molti motivi di “emergenza educativa”, riflettere su questo verso e dare rilievo ai suoi significati è un modo con cui il festival Dante 09 tocca il dibattito culturale contemporaneo e attinge ancora una volta con la provocazione del poeta ai tesori dell’arte e della cultura nei modi e nelle forme che ormai lo rendono un appuntamento atteso a Ravenna”.

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Sex & parchi: la Romagna non si fa mancar niente

Cactus, Eva, Magic America, Malizia, Tabù, Tam tam, Le caprice. Uno dietro l’altro tra i cartelloni di Mirabilandia, Oltremare, Fiabaland e Italia in miniatura. Sulla statale 16 adriatica, e poi sulla Romea, le pubblicità si intervallano. Chissà se si sono messi d’accordo? Certo è che per i venditori delle reclame quel tratto di strada deve essere una manna. Bambini (e non solo loro) alla ricerca del mondo fantastico, e adulti che non hanno che da scegliere per trovare materiali erotici vari. I sex shop si contendono lo spazio con le patrie dell’intrattenimento. Del resto, sempre di divertimento si tratta e anche di mirabilanti proposte fuori dall’ordinario. Che siano giravolte audaci e da far mancare il fiato o giochini di cui la maggior parte delle persone non sanno nemmeno possano esistere, fa niente. La Romagna non si fa mancare nulla.

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Giovani e volontari, un altro popolo

In questi giorni a Rimini c’è il celebre meeting legato a Cl. Non ero mai stato e non posso certo farmi sfuggire l’occasione. È uno spaccato di mondo importante e non solo per motivi politici o religiosi. C’è molta energia, un po’ come quella che ho trovato in Puglia.
Altro però che l’organizzazione liquida dei ragazzi delle “fabbriche di Nichi”. A gestire l’imponente manifestazione c’è una fondazione che lavora tutto l’anno. In sette giorni arrivano centinaia di migliaia di persone. Andrea Benzoni di Varese ha curato una delle tante mostre allestite nei padiglioni fieristici. Mi accompagna lungo tutta l’area. «Abbiamo iniziato un po’ per gioco trent’anni fa. Io ero un ragazzino. Fu il gruppo di Rimini a proporre questa collocazione. All’epoca era solo un padiglione, ma arrivarono lo stesso cinquantamila persone e così pensarono di riproporre il meeting anche l’anno dopo. Era una scommessa. Portare a Rimini, nel tempio del turismo, del mare, ma anche dell’effimero, un momento di incontro e dibattito era un progetto forte. L’idea era ed è quella di promuovere eventi di qualità. Mi sembra che ci siamo riusciti bene».
Beh, non c’è che dire. Resto colpito dall’età media bassa delle persone che si muovono in ogni area del meeting. Lo slogan di quest’anno è: “quella natura che ci spinge a desiderare cose grandi è il cuore”. Sono centinaia gli incontri, migliaia le persone che visitano ogni giorno le mostre. Sono andato a vedere lo spettacolo di Andrea Chiodi, “Marija Judina, la pianista che commosse Stalin”. Mica una cosina semplice semplice. Intenso e profondo. Il biglietto sarà pure costato solo dieci euro, ma lì dentro c’erano tremila persone. Eccolo un altro popolo.

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