“La Scuola va cambiata”
“Non ci sono soldi e ce ne saranno pochi anche in futuro”
“A giugno e a luglio i genitori non sanno dove mandare i loro figli”
“Per ogni studente italiano in classe ci sono 8 mq a disposizione”
“ … togliere un anno alle Superiori” cioè da 5 a 4 anni per ottenere la Licenza o il Diploma di Scuola Secondaria di Secondo Grado
Ho estrapolato da un’intervista (e relativo articolo) che il Sottosegretario Roberto Reggi, padre del Nuovo Piano della Scuola Italiana, ha concesso a “La Repubblica” di mercoledì 2 luglio 2014.
Sbalordito. Anzi, sbalordito è poco: sono esterrefatto. Riconosco che l’intervista è breve, ma, in tutta la pagina non sono mai state evocate, nemmeno per sbaglio, parole come Apprendimento, Saperi, Didattica, Cultura. Parole che, ormai, nella Scuola italiana sono obsolete, se non un optional: piano piano, scivolando scivolando, scompariranno.
Tra un po’ se le scambieranno di nascosto pericolosi gruppi di eversori! Ancora una volta si evince che, al di là delle chiacchiere, l’obiettivo primario è quello di comprimere i costi. Cambiano i Governi, cambiano i Ministri (anche se Giannini è fotocopia di Profumo) ma lo spartito che si suona è sempre lo stesso: la Scuola è un costo e non una Risorsa.
Apertura fino alle ore 22.00! Chi? Come? Con quale personale? Mense? Trasporti?
Per quanto riguarda la possibilità di una Scuola aperta al territorio nei mesi estivi, l’idea mi sembra di una faciloneria e di una superficialità disarmante; la Scuola non è un parcheggio, né può sostituirsi ad altre strutture come gli Oratori estivi né può far resuscitare i vecchi Parchi Robinson comunali. Demagogia spicciola. La Scuola non può ridursi ad un cattivo surrogato dell’ Associazionismo. Chi ci lavorerà e chi ci sarà ospitato nel mentre vi si svolgeranno gli Esami di Stato?
Mi piacerebbe conoscere la mente che ha partorito queste idee così innovative.
Qualcuno, per questa ennesima riforma epocale, si è preoccupato di ascoltare gli insegnanti? O , come sempre, il confronto verrà fatto a decisioni già prese?
Non sono mai stato un lobbysta e sono consapevole che non tutti i docenti svolgono il loro lavoro con la dovuta professionalità e che qualcuno sia pure (!) inadatto e che dovrebbe cambiare mestiere; però fare di tutta l’erba un fascio come spesso succede (e usarlo come luogo comune per definire gli insegnanti degli sfaticati da mettere alla berlina) è demagogico, oltre che scorretto.
Detto questo, pensare di far decidere ai Dirigenti (tutti adatti?) quali e quanti lavoratori debbano percepire più soldi mi sembra una boutade più che una minaccia. Con quali indicatori si regoleranno? Quelli della presenza fino alle ore 22.00, privilegiando, nella migliore delle ipotesi, la quantità a scapito della qualità?
Mi impegno quotidianamente nella scuola, come tanti e tanti, con passione, vigore, competenza e consapevolezza; ben conscio delle responsabilità che mi competono vorrei (e sono anni che lo auspico) che il giudizio sul mio lavoro avesse tra gli indicatori anche, e finalmente, il giudizio degli studenti e quello delle loro famiglie. Se, invece, tutto resta “in loco”, al chiuso delle stanze dei Dirigenti, nella ipotesi migliore si tratterebbe di autoreferenzialità; nelle peggiori, di pericolosi paternalismi o di vergognose consorterie.
Quando sarà che, finalmente, sarò valutato in relazione alla qualità del mio insegnamento?
Per quanto riguarda la decurtazione di un anno scolastico delle Superiori, il problema andrebbe affrontato (ne ho già accennato in passato) nell’ambito di un riordino di tutti i Cicli Scolastici, altrimenti sarà solo un’operazione di cassa ammantata di belle parole.
Concludo riferendomi allo spazio destinato a ciascun alunno. L’ottimo Sottosegretario parla di 8 mq per alunno. Bene, quest’anno in una mia classe a fronte di un’aula di 25 mq eravamo stipati in 31.
Saluti.
Gianni Barba
Riguardo la valutazione mi sono già espresso nel mio commento del 19 giugno. Il governo sta cavalcando l’opinione comune del docente – fannullone, ma, come nel caso del decreto Brunetta, non ha il coraggio di “colpire i colpevoli”, ma spara nel mucchio, così adesso chi, come me, ha fatto due giorni di assenza per malattia negli ultimi 6 anni, deve anche lasciare una parte del proprio stipendio, e questo solo perché non si è voluto colpire i medici compiacenti di lavoratori scorretti, quegli stessi colleghi che , con l’aiuto di dirigenti latitanti, continuano a gettare discredito su tutta la nostra categoria. Ben venga la scure sui fannulloni, ma, vi prego, si cominci a parlare di cultura e istruzione come base per un futuro di un paese civile: venite a parlare con noi che siamo quotidianamente in classe e date ad uno di noi il ministero, e non a poveri contabili che trovano come migliore soluzione ai problemi economici del paese il taglio di un anno delle superiori. Sanno queste persone cosa vuol dire cercare di insegnare ai ragazzi qualcosa, per cinque anni, quando fanno i programmi ministeriali? La sanità e l’istruzione dovrebbero essere i capisaldi intoccabili di un paese civile che vuole crescere e progredire, e non, come è stato fino ad ora, un pozzo dal quale attingere fondi per altri ministeri. Siamo il paese con il più grande patrimonio artistico al mondo, e meritiamo qualcosa di più tra i nostri ministri dell’Istruzione, che sono riusciti solo ad impoverire la cultura del nostro paese e dei nostri ragazzi, e gli esami di stato sono la cartina di tornasole.
Chi mi conosce sa quanto tempo spenda per i miei alunni, e quanta passione metta nella mia professione: ciò che mi spaventa non è lavorare di più, ma la povertà intellettuale, la mancanza di conoscenza reale delle situazioni, l’assenza di competenza specifica e di vero interesse per la scuola da parte di chi deve decidere. Se non faranno una seria programmazione a lungo termine, la scuola morirà lentamente e tutti quelli come me che hanno scelto, convinti, di insegnare, la lasceranno ai nuovi barbari che lavorano solo di “tagli”, e a chi cerca solo il posto fisso. Sembra che una scuola seria, che prepari veramente, non interessi a nessuno, e non ci si può cibare solo ed esclusivamente dei ringraziamenti e degli incoraggiamenti dei propri ex alunni, per quanto siano sicuramente una linfa vitale, che ti permette di sopravvivere ai vari Giannini di passaggio.
Sono perfettamente d’accordo con quanto scritto da Stefano Alterini. Mi spiace non sentire altre voci; mi auguro vivamente che non prevalga la rassegnazione. La passione per il lavoro, la consapevolezza del proprio ruolo e la “voglia” che moltissimi di noi ci mettono non vanno taciute. Non più.