Sissignore, ne sono convinto, le tracce dei temi di Maturità riflettono la schizofrenia della scuola italiana.
L’esempio più eclatante sta nella traccia di tip. B (ambito artistico letterario) IL DONO : le icone “messe a disposizione” degli studenti erano:
1) la falsa donazione di Costantino (tratta dall’oratorio di S. Silvestro); meglio sarebbero stati i versi di Dante (purg XXXII 124/129) se non addirittura la citazione di L. Valla che la sconfessò.
2) un dipinto di J. L. David (Antioco e Stratonice) sconosciuto a tutti!
3) Adorazione dei Magi del Parmigianino!
Quanti studenti hanno familiarità con queste opere?
Ragioniamo un attimo: prima si mortifica un insegnamento prioritario nella Scuola Italiana come Storia dell’Arte e poi si fa riferimento a dipinti che eufemisticamente definisco di nicchia? Se non è schizofrenia, cos’è?
Quanti maturandi della scuola italiana sono in grado di misurarsi con Arendt, Attali, Benjamin o il magnifico priore di Bose?
Quanti hanno competenze vere per poter affrontare un argomento sociologicamente ed urbanisticamente complesso come il recupero delle periferie urbane? Spesso su questo tema gli stessi architetti hanno preso cantonate micidiali: le Vele di Scampia (un esempio tra tanti) stanno là a perenne memoria…
Salvando la traccia di Storia, dulcis in fundo, chiudo con il tema di Letteratura. Salvatore Quasimodo è stato uno dei massimi poeti italiani del ‘900 e quindi un suo testo non dovrebbe “stonare” in un tema di Maturità.
Giusto. Perché, allora, anziché scegliere una delle sue liriche più famose (Vento a Tindari, Uomo del mio tempo, Davanti al simulacro di Ilaria del Carretto o la magnifica Alle fronde dei salici) se ne sceglie una meno nota? Timore di mettere gli studenti a loro agio o timore di apparire “normali”? Mi ricorda il brano di Pirandello dell’altr’anno preso da una novella sconosciuta ai più.
Sinceramente ho l’impressione che gli estensori del Ministero costruiscono le tracce non tanto per misurare e valutare le competenze e le abilità dei Maturandi quanto per farsi dire “Bravi!” dal mondo accademico.
Ed allora rinnovo la mia idea che questi signori o non sono mai entrati in una classe oppure non vi entrano da quando le porte si chiudevano con catenacci e chiavistelli.
Saluti a tutti i maturandi!
Gianni Barba
Sono impegnato come commissario negli esami di stato, e concordo in pieno. Aggiungo che, forse, sarebbe il caso di pensare ad un ministro dell’istruzione che conosca la scuola secondaria, ma non solo nei lontani ricordi di gioventù: non abbiamo alcun bisogno di illustri docenti universitari, quando va bene, o di segretari di partito in cerca di visibilità, o, peggio ancora, di persone messe lì, senza nessuna competenza specifica, per fare contento qualcuno della coalizione di governo, e che non si prende nemmeno la briga di controllare i discorsi che scrivono per loro prima di rilasciare interviste. Si parla tanto di “valutazione”, ed io non mi sottraggo, anzi tutti i miei allievi, da due anni, compilano un test online (quest’anno), preparato da me, su di me. Vorrei proporlo sul ministro, ed è per questo che l’ho invitato inutilmente con Renzi nel mio istituto: cominciamo a dare il buon esempio, a tutti i livelli, e cominciate ad entrare nei nostri istituti a parlare con noi invece che andare dai rettori e dai segretari di partito. Faccio questo lavoro per scelta, perché non ho iniziato come insegnante, e sono ancora appassionato al mio lavoro, ma vorrei essere messo nella condizione di poterlo fare bene, e vorrei avere dei referenti preparati, informati e credibili, che poi è quello che, pensando a noi docenti, vorrebbero i nostri alunni ed i loro genitori: evidentemente c’è ancora tanto da lavorare, a tutti i livelli, nessuno escluso. Chissà se c’è la volontà?!?
Come si può non condividere! Mamma mia, questi temi denunciano la perniciosa astrattezza di chi li ha indicati unitamente ad una buona dose di stupida presunzione. Un Paese che vuole cambiare e crescere, deve partire soprattutto dalla scuola che svolge un ruolo educativo-formativo fondamentale per non dire “centrale”. L’ episodio (neanche tanto “marginale”) ci indica invece, in tutta la sua disarmante evidenza e chiarezza, quanto ci sia ancora da fare per raggiungere almeno una parvenza di “normalità”.