Letter from Carlo to Me, asante sana

Jambo, Gabriele. Ti sto idealmente seguendo e ti leggo quasi quotidianamente.
Mi dispiace per la malaria che ti ha voluto far visita, ma tu sei giovane e…
spero, accorto. Intendo dire che non devi trascurare cio’ che va assolutamente
fatto. Tu stesso hai detto di sentirti piuttosto debilitato. Come certamente
saprai, la terapia per uscirne e’ un vero bombardamento a danno degli zuccheri:
quindi raddoppia il consumo di pasta e assumi glucosio, in quantita’, anche in
soluzione in bottiglie con acqua. Non prenderlo come il solito predicozzo di
chi non e’ piu’ “molto giovane”: avrai gia’ realizzato che l’Africa e’ bella,
e’ dura, ed e’ bella proprio perche’ e’ dura…Ma! Ho letto poc’anzi le tue
belle descrizioni di vita intorno al lago, dei tuoi faticosi ma interessanti
spostamenti con il padre tedesco; le tue riflessioni sono profonde, e
suggestive le immagini di vita e di paesaggi che ci trasmetti, coinvolgendoci.
Non so se potro’ farlo nel brevissimo tempo, ma ho in progetto di ritornare in
quei luoghi dove, come tu hai detto, e’ sottile il diaframma tra la vita e la
“non vita”. Luoghi che aiutano, forse, a capire una volta per tutte che la vita
in se’, a qualunque latitudine, foss’anche nel nostro habitat dell’occidente
“progredito”, e’, nell’essenza, caratterizzata dalla precarieta’. Cosi’ che
diviene difficile stabilire se siamo piu’ fortunati noi in un mondo che
allunga regolarmente la durata di un tipo di vita che genera infelicita’, o
quantomeno insoddisfazione crescente, o meno sfortunati gli abitanti di quei
luoghi aspri e difficili oltre ogni immaginazione, la cui vita ha breve durata
ma si svolge in quello stretto legame con la natura che noi abbiamo reciso. Ed
e’, questo, il nostro vero, solo, ” peccato originale”. Stammi bene. A presto!

Carlo

Fr. Hubert and me

Ciao a tutti quanti,

scrivo dallo Loiyangalani.

Le mie condizioni di salute stanno migliorando poco a poco, certi giorni mi sento più in forze altri meno, penso che questo stato di salute sia dovuto allo strascico delle medicine che ho preso da un lato per curarmi dalla malaria dall’altro per curarmi dalla forse infezione intestinale avuta. Dico forse perché qui la strumentazione tecnica per una, seppur abbozzata diagnosi sanitaria, non esiste e nel contempo mi domando come si fà.

La struttura lontana da me circa 500 metri, chiamata dispensario, l’unico nella zona che copre non so quante centinaia di km di vite umane non possiede nemmeno un seppur semplice strumento diagnostico, sante suore mi viene da dire.

Ho ancora qualche residuo di dolore generalizzato alle gambe e alla schiena, senso di debolezza e un leggero senso di disorientamento, spero possano passarmi il prima possibile.

Lo Loiyangalani non ammette persone deboli.

Qui la vita è dura così come il clima e solo persone sane, in forte salute possono resistere, in questo posto spietato, al confine tra la vita e la non vita.

Questa mattina Father Hubert, di origine tedesca, è partito.

Abbiamo passato insieme 2 giorni piacevoli, sai quando arriva una persona europea o comunque un muzungu è sempre piacevole poter scambiare qualche parola insieme, sapere il motivo che l’ha spinto fino a qui, quanto tempo si fermerà e cose di questo tipo.

E’ una novità.

Fr. Hubert abita a North-Horr oramai da 20 anni, completamente integrato nella società di cui è padre spirituale, conosce molto bene anche tutto il territorio limitrofo al lago Turkana.

Cosi ieri pomeriggio, mi ha chiesto se andavamo a visitare un suo amico tedesco, che possiede un lodge, non lontano da qui, l’Oasis Camp, costruito negli anni ‘70 e ristrutturato negli anni a seguire più volte.

Dopo aver pensato un’attimo al mio stato di salute, non del tutto buono, accetto comunque l’invito.

Cosi sedutomi sulla sua verdone land rover defender  partiamo.

Dopo 10 minuti di strada, arriviamo a questa immensa tenuta immersa nell’oasi dello Loyiangalani, incantevole, da rimanere senza parole.

Partendo dalla vastità del verde del giardino, all’architettura tipica locale, usano per la maggior parte palme, corde di canapa e ferro, ai dipinti e suppellettili vari sparsi qua e là, alle due vasche per la piscina, alle statue di legno raffiguranti uomini e donne impilate nel terreno per poi concludere con la vista mozzafiato che si ha sul lago Turkana.

Non puoi che rimanere a guardare, meravigliato.

In questo posto sono stati girati alcuni film, Le montagne della luna, il Cospiratore, The Constant garden, mai sentiti prima d’ora ma ritornato in Italia mi piacerebbe scovarli.

Alquanto particolare il proprietario di tutto questo, un uomo sulla 70ina, capelli grigi bianchi di media lunghezza, barba sfatta, pantaloncini beige-marroncini corti, petto nudo.

Al suo fianco la bottiglietta da ¼ di Gin con un rosso thermos contenente acqua fresca.

Osservo un libro sui grandi generali militari-dittatori dell’epoca, Hitler, Mussolini ed un altro che non riconosco bene, forse Rommel.

Quando gli pongo una domanda su di esso, borbottando prima in tedesco poi in inglese risponde, parole, parole, parole, penso sia meglio cambiare argomento ed ordiniamo una soda lemon ed una tusker beer.

Stiamo a chiacchierare per una buona mezzora, più loro che io, in tedesco.

Dopo averlo sentitamente salutato e ringraziato per l’ospitalità, decidiamo di partire per una visita al lago.

Risaliti sulla jeep, Fr. Hubert gira la chiave di accensione ma questa decide di non partire.

Prendiamo la tool-box ed iniziamo a fare un check alla batteria, si presenta subito molto sporca, piena di polvere marrone, rossa con gli elettrodi incrostati.

Si decide per la messa in moto manuale, cosi in quattro più uno zoppo, decidiamo di spingerla giù da un piccolo declinio, parte al terzo tentativo, ci dirigiamo subito a fare assistenza in missione.

Dopo circa una ventina di minuti di pulizia dei contatti, la jeep è come nuova.

Decidiamo nonostante l’ora, circa le 17:30 di partire per il lago.

Qui il sole cala alle 18:30 e diventa buio pesto se non vi è la luna a rischiarare la terra.

Prima di arrivare al lago ci fermiamo in un piccolo agglomerato di capanne dove vive una famiglia.

Veniamo accolti a braccia aperte.

Ci scambiamo i saluti ed i nomi per poi entrare nella capanna, costruita con legno e fango.

Mi stupisco di quanto sia pulita, nemmeno un sassolino sul pavimento e le pareti divisorie cosi lisce e ben fatte che mi lasciano stupito. Noto anche delle tendine colorate che fungono da finestre interne.

Dopo questo mio iniziale momento, ci accomodiamo ed iniziamo a pregare tutt’insieme, circa una dozzina di persone, intonando anche un canto tipico.

Riprendiamo il percorso.

Il padre mi porta in un posto mai visto prima, il fishing camp.

E’ per cosi dire il grande magazzino del pesce, dove i pescatori vendono il pescato della giornata, i proprietari del camp lo fanno seccare o su griglie lasciate al sole oppure su griglie scaldate dai carboni roventi.

Da qui una volta confezionato e stoccato viene spedito per barca e camion alle principali città, Marsabit, Kisumu sul lago Vittoria, Nairobi, etc.

Scattata qualche foto ricordo, anche al padre, ci dirigiamo verso l’estrema punta del lago, è il momento del tramonto.

Tutto sembra un bellissimo dipinto, solo un’immagine può rendere descrittivamente il posto.

Alle mie spalle erge potente e con tutto il suo verde il monte Kulal, alla mia destra una distesa pianeggiante spazi quasi infiniti dalle mille sfumature pastello, marroncino, giallo, ocra, verde chiaro, verde acido, sulla mia sinistra l’acqua del lago mi avvolge, con le sue onde increspate sulla riva causate dalla brezza che inizia a spirare e più in là scorgo i pendi lasciati dai crateri vulcanici di un lontano passato, oramai è divenuto terreno per muschi e vegetazione che trova difficoltà ad avere il suo spazio.

Davanti a me uno spettacolo unico, rappresentante la magnificenza del creato.

Dopo aver goduto di questa meraviglia, ognuno di noi è rimasto solo con se stesso per meditare, per riflettere, per pregare come fossero bisogni fisiologici ispirati da questo paesaggio così suggestivo.

Verso le 19:00 siamo ritornati in missione, dove ci aspettava la cena a base di riso, pesce e anguria.

Nel primo pomeriggio ho dedicato il mio tempo ad aiutare le suore, redigendo i report governativi relativi a tutti i pazienti che sono stati visitati e curati nel dispensario.

Va da sé che sistemo anche i laptop migliorandone le performance ed eliminando programmi del tutto inutili a loro.

In questi giorni a pranzo e cena si parla molto delle notizie che giungono da Baragoi, non lontano da qui. Ci sono scontri armati tra Samburu e Turkana per il possesso del bestiame.

48 il numero totale dei poliziotti uccisi, intervenuti per sedare la guerriglia.

Si pensa che il peggio sia passato.

Un abbraccio a tutti quanti

Un caro saluto da Gabriele

Loiyangalani

Happy tuesday from Loiyangalani

Scritto lunedì 12-11-12 pubblicato martedì 13-11-12

Buongiorno a tutti e buon inizio di settimana a tutti quanti.

Vi scrivo da sotto il porticato dove alloggiano i visitatori dello Loiyangalani, quei pochi che riescono a giunger fin qui.

E’ una giornata stramba splende come sempre il sole ma diversamente dagli altri giorni ci sono molte nuvole promettenti pioggia. Inoltre soffia un vento molto forte, capace di piegare come fossero fili d’erba le cime di tutti gli alberi, acacie, palme secolari, toothbrush tree.

Nonostante questo le mosche non mollano il colpo, onnipresenti. Pazienza, mi consolo col fatto che non pungono.

La mia salute sta migliorando, sento ancora un po’ i lasciti della malaria, ma sto bene.

Rispondo ora ad alcune domande che mi sono giunte via mail riguardo alla profilassi antimalarica.

L’antimalaria certamente è una di quelle profilassi fortemente consigliate prima di partire per paesi tropicali, per chi viaggia come turista per un periodo massimo di 90 gg, concomitante con la durata del visto.

Dato il mio personale soggiorno superiore a tale range nel caso in cui avessi seguito tale profilassi avrei detto addio al mio fegato.

In Italia indicano il Lariam come cura preventiva ma sopratutto va detto che va bene per alcuni ceppi di malaria ma non per altri ceppi e dato che i medici italiani non conoscono cosi dettagliatamente la tipologia di ceppi nazione per nazione è tutto un po’ un terno al lotto.

Un’amica nonostante abbia assunto il Lariam prima dell’arrivo in Kenya, si è presa dopo pochi giorni la malaria.

Io consiglio nel caso la prendeste di curarvi col Co-falcinum 20/120 Artemether 20 mg + Lumefantrine 120 mg.

Voglio riportare, di volta in volta, alcuni stralci, a mio parere interessanti, del libro che personalmente mio nonno Vittorio insieme a mia nonna Giannina e lo zio John, mi hanno consegnato prima della partenza per l’Africa.

Buona lettura a tutti voi.

 

C’è invece una verità che richiede coraggio; quella sola merita pienamente questo nome. E’ la verità che si trasforma in programma di vita, che magari costringe al cambiamento, all’autocritica, a una speranza impegnativa. La verità che richiede coraggio è quella che mette in discussione tante illusioni e svela le inquietudini più profonde dell’uomo.

La verità quando non è più cercata, viene sempre sostituita -consapevolmente o meno- da un surrogato. Quando l’incertezza e il dubbio diventano fitti, e la strada per uscirne appare troppo lunga e faticosa; quando viene a mancare il coraggio della ricerca paziente, onesta, perseverante, e viene meno l’impegno della libertà, allora fatalmente ci si rifugia in qualche pregiudizio collettivo, capace di dare temporanea sicurezza e di esonerarci dal rischio personale.

Ci sono tante bandiere dietro le quali arruolarsi, ci sono tanti gruppi nei quali rinchiudersi. Una volta che hai scelto una bandiera e un gruppo, hai dei compagni, un linguaggio, la sensazione di avere trovato un mondo in cui si può vivere, hai un giudizio pronto su tutto.

Basta allora scegliere: e allora la “verità” diventa quella del gruppo o del partito a cui appartieni.

Proprio perché molte delle verità che circolano sono di questo tipo, accade che nessuna comunicazione sia possibile. Rimane spazio solo per la lotta senza quartiere, oppure per il compromesso equivoco in nome del principio  del vivere e lasciar vivere.

Per comunicare infatti occorre credere nella verità, nella sua possibilità di imporsi con una forza che non è quella del numero, e neppure quella della prepotenza o addirittura delle armi.

Occorre avere delle ragioni, e non solo prendere decisioni. Altrimenti il dogmatismo diventa la regola; facile, arrogante e sempre pronta è la rozza schematizzazione di ogni idea diversa dalla propria.

Contro questa  tentazione di fanatismo privo di ogni capacità critica è necessario ritrovare il coraggio della verità.

Questo tradimento della verità può esser dettato dalla paura della solitudine. Per essere accolti in una comunità, in un gruppo, in un giro di amicizie, si è costretti spesso a essere falsi e a recitare una parte che non è la nostra. A poco a poco la recita si confonde con la realtà, e noi non sappiamo più distinguere le due cose.

Il coraggio della verità non è semplicemente l’impegno di una ricerca intellettuale faticosa, è prima di tutto il coraggio di guardare a noi stessi con schiettezza, senza rifugiarci in fretta nell’accusa degli altri per giustificare le nostre mediocrità e i nostri sotterfugi. Non è possibile la veracità nei confronti degli altri senza questa preliminare opera di ricostruzione della nostra veracità interiore.

Il vero “uomo maggiorenne” è colui che non si affida all’opinione comune o alla semplice tradizione secolare come a una norma infallibile di verità, ma su tutto si interroga, ogni parola ascolta, nella ricerca attenta e appassionata d’ogni briciola di verità.

From Loiyangalani

Gabriele

GIORNI DI MALARIA

Dopo la puntura dello scorpione, è stata la volta della puntura della zanzara portatrice di malaria.

Questi per me sono giorni di malaria qui allo Loyangalani.

Tutto è iniziato ieri mattina, venerdì 9 novembre.

Mi trovavo nel dispensario della comunità a dare una mano alle due sorelle, compilando i report mensili relativi ai pazienti, alle malattie, al numero di parti, al numero di vittime, etc, da inviare al governo keniota, quando improvvisamente ho avuto un forte calo di pressione, quasi da mancamento.

Subito mi hanno misurato la pressione 80/100, ma ero conscio che non era solo quello.

Sono stato accompagnato nella mia branda nella guest house, verso le 10:00 e da quel momento è iniziato il tutto.

Febbre alta, 38.5, dolore diffuso su tutto il corpo come se uno schiacciasassi mi fosse passato sopra, mal di testa, mal di stomaco, diarrea, immobilità totale.

Le sorelle fin da subito si sono prese cura di me in maniera eccelsa, prestandomi cure materne facendomi sentire a casa. Grazie di cuore.

Ho iniziato a prendere il velamox, portato dall’Italia, per un eventuale infezione di stomaco, le pastiglie per la malaria, co-falcinum e paracetamolo per abbassare la febbre.

Ricordo che ieri è stata una giornata lunga e sofferta.

Sono rimasto ben 21 ore a letto immobile, senza mangiare nulla, mi alzavo solo per andare in bagno, fortunatamente è vicino alla camera e quando le sisters mi hanno portato verso sera un termos di thè caldo con limone e zucchero, posso dire che è stata la mia cena più bella che abbia mai fatto.

Subito un po’ di energie mi sono entrate in circolo e così ho trovato la forza di alzarmi dal letto per cambiarmi la maglietta, bagnata fradicia eh si, in 21 ore ho cambiato 5 magliette, mi devo documentare se riesco ad entrare nel guinness dei record e poi piano piano è calato il buio e con la compagnia di 1000 mg di paracetamolo mi sono lasciato andare in un piacevole sonno.

Ed eccomi qua, sono le ore 9:30 circa , che mi ritrovo a scrivere questa ennesima pagina di diario in cui fisso tra i miei ricordi anche questa esperienza.

Sto decisamente meglio, la febbre è passata, sono riuscito a fare colazione bevendo un po’ di caffè con mezza fetta di melone ed un bicchiere di acqua con molto zucchero e limone.

Piano piano ritornano le forze.

Piacevolmente, ogni mattina, ammiro le piantine di cavolo e pomodori che crescono a vista d’occhio, le curo regolando la quantità d’acqua ed i nutrienti e poi va da sé il sole e l’aria buona fanno il resto.

Ieri ha piovuto quasi tutto il giorno, evento assai raro qui allo Loyangalani.

I locali parlano di benedizione di Dio legata alla presenza dei bianchi.

Saluto tutti.

Per la mia famiglia: sto bene, non vi preoccupate.

Un abbraccio

Gabriele

The Sisters

Scrivo questa pagina di diario, questa mattina presto alle ore 7:30.

Da poco, Simone, Toni e Lilli sono partiti per il loro viaggio di ritorno verso Malindi, dove li aspetta la gestione del loro bar.

Vivrò, quì presso la comunità Loyangalani 41 giorni, in completa solitudine africana.

Presso la missione in una parte distaccata vivono due suore della missione della Consolata, le quali dirigono l’unico dispensario della zona fino a Marsabit.

Sono loro stesse che in prima persona assistono i pazienti che 24 ore/die affollano il corridoio della reception.

Sono due grandi persone.

Hanno niente, ma giorno dopo giorno lavorano instancabilmente per aiutare realmente il prossimo, con devozione a Dio e al loro fratello o sorella.

Mi ha stupito nell’intervista che ho dedicato a loro la serenità del loro spirito e la lucidità della loro mente.

Io non posso pubblicare nulla né foto né video-intervista, lo faranno gli altri per me, una volta arrivati a Malindi, dove la connessione è molto buona.

Da qui i malati più gravi, vuoi perché arrivano troppo tardi al dispensario della missione, per aver percorso anche più20 kma piedi, vuoi perché sono affetti da patologia grave, forte anemia, in setticemia, infiammazione da serpente, scorpione, bronchite per gli sbalzi di temperatura dovuti alla frescura della capanna ed al caldo esterno di 50 gradi sotto il sole con la gravante del forte vento, partono caricati sul primo mezzo di trasporto solitamente camionisti, 1 ogni mese oppure il matatu, un Nissan van, simile al pulmino taxi, da prescrizione per 9 posti, nella realtà da 30 posti.

Essi compiono il cosiddetto viaggio della speranza, non sapendo se giungeranno a destinazione vivi o chissà in quale altro stato.

Non mi dilungo sulle eventuali possibilità di contagio verso i loro compagni di viaggio, ma possiamo immaginare tutti quanti.

Tra qualche giorno partirò con le Sisters, con la jeep del Padre per vaccinare i bambini di alcune comunità contro il morbillo,  staremo via tutto il giorno e per una comunità più lontana anche una notte.

Nel dispensario le malattie si curano a vista, a sensibilità e tatto, basato sull’esperienza personale.

Ebbene si non esiste nessun laboratorio qui allo Loyangalani.

Hanno da un anno un microscopio con alcuni vetrini, null’altro a livello strumentale.

Basti pensare che non vi è il tester della malaria, comunemente, la prima causa di malattia in Kenya.

Un’altra difficoltà che incontrano sul loro cammino e questa è la più grande, è la mancanza di personale disponibile a lavorare con stipendio qui allo Loyangalani.

Questo fa comprendere subito la durezza di questo luogo, dove non c’è nulla, solo sassi, pietre, un lago ed un clima così secco ed arido, quasi impossibile per la vita umana.

Così la reperibilità di gente locale competente in materia, ossia infermieri, ostetriche, medico, tecnico di laboratorio, sembra essere una reale missione impossibile altro che 007.

Qui la speranza per una vita migliore è una tra le cose più belle che possano esistere e forse è proprio questo il sale che fa andare avanti suora Agnese Deperon e suora Lucimar Tibola.

Pubblico questo articolo alle ore 14:00.

Temperatura 45 gradi

Umidità 50%

Ha appena piovuto, sto sudando tantissimo proprio ora, sudore dalla fronte, dalle braccia, dalla schiena, bevo acqua bollita e quindi carente in sali minerali, non idrata granché, bevo e sudo, bevo e sudo sia di giorno sia di notte.

Questa mattina ho dovuto stendere il cuscino perché era bagnato fradicio.

Le mie braccia e gambe somigliano più a grondaie che a delle membra umane.

Un caro saluto a tutti voi

Un abbraccio alle persone a me care, ovviamente dopo aver fatto una bella doccia profumata 🙂

Gabriele from Loyangalani

Saturday night in Loyangalani Camp

Sabato 3 novembre ore 18:33 Kenya, lago Turkana , Loyangalani

Le giornate passano veloci qui al lago.

Ci si sveglia presto al sorgere del sole, ore 6.30, accompagnati dal melodioso canto degli uccellini, ci si alza dalla branda ci si dà una bella sciacquata al viso con l’acqua che già a questa ora è calda per poi dirigersi verso la cucina della missione. Si passa attraverso un bel corridoio fatto da sassi e pareti di palme e alberelli locali, che raffrescano con la loro chioma il nostro passaggio.

Bevuto il caffé locale oppure il classico nescafé solubile con qualche uovo ed angera, la giornata è ufficialmente iniziata.

Oramai il nostro primo interesse è indirizzato alle bacinelle in cui si trovano le piantine dei cavoli verza che stanno crescendo molto bene e le prime piantine di spinacio che sono lì lì per spuntare. Poi si passa al perfezionamento della piattaforma agricola realizzata, si verificano le perdite, la pressione all’interno dei tubi, si controlla che non ci siano buchi per l’ingresso di insetti, si sistema la mosquito net (elemento fondamentale in Kenya e nei paesi simili a questo, è la tipica zanzariera da appendere sopra al letto), si leggono i valori numerici del display del controller charger che gestisce il sistema elettrico del fotovoltaico e infine si fa un planning dei lavori da fare durante il giorno. Domani sarà la volta del trasferimento delle piantine dalle nursery alla piattaforma idroponica.

Non avendo ora la possibilità di pubblicare foto, cerco di descrivere l’impianto che abbiamo realizzato.

Base di tutto è un telaio in ferro saldato in loco avente le seguenti dimensioni 150 * 150 cm con pendenza circa del 10%. Sopra al telaio sono stati fissati 7 tubi arancioni, quelli tipici dei muratori, sui quali sono stati effettuati 7 buchi per singolo tubo. Nei rispettivi buchi sono stati introdotti i bicchieri di plastica, contenenti sassolini di piccole dimensioni, simili alla perlite, argilla, in alcuni di questi è stata aggiunta anche fibra di cocco. Al di sopra di questo primo strato è stato fissato l’impianto d’irrigazione composto da 7 tubi grigi, diametro 2 cm. Questo impianto è collegato alla vasca di mandata e raccolta dell’acqua. L’acqua è raccolta tramite una canalina posta sul lato più basso della piattaforma e sfocia direttamente all’interno del secchio di raccolta, previa filtrazione tramite colino. Da qui viene mandata in testa all’impianto tramite pompaggio, ho optato per una semplice pompa da acquario economica ed efficiente, da qui poi per semplice caduta di gravità scende da monte a valle, per poi ripetere il tutto ciclicamente. Al di sopra del 2 strato di tubazioni grigie, sono state messe due zanzariere per isolare le piantine da eventuali insetti. Insetti ed animali vari, aggiungerei, diciamo che mi tocca convivere con strani volatili, alcuni dai colori metallici bellissimi, api, ragni di varie dimensioni, scorpioni arancioni e rossi, proprio ieri ne ho trovato uno nel mio piccolo lavandino in camera, avrà pensato che mi sentivo solo, qualche mickey mouse della situazione e chissà poi cos’altro, vi terrò informati a riguardo. Domani finiremo di montare l’idroponica esterna per pomodori, spinaci e contemporaneamente preparare la nursery per quest’ultimi. Il lavoro è tanto ma piano piano o come dicono qui pole pole si fà tutto, anche perché in alcuni momenti della giornata il termometro raggiunge tranquillamente i 45 gradi ed è obbligatorio fermarsi. Uno dei miei luoghi preferiti dove mi rifugio dal caldo estremo è un amaca tutta colorata legata ai due lembi a due grosse e imponenti palme da cocco, vicino alla già citata capannina costruita interamente con foglie di palma, da dove tra l’altro vi sto scrivendo proprio adesso.

A quest’ora, le 20:00, sale spesso un vento molto forte che spazza qualsiasi cosa che incontra per la sua strada, compresi i nostri panni stesi, ma che libera altrettanto bene il cielo da qualsiasi nuvola, lasciando ai nostri occhi, l’immagine magnifica della volta celeste, con tutto il suo splendore della via lattea e delle sue costellazioni, uno spettacolo unico, nel suo genere, da ammirare.

Così mando, a voi tutti, la mia personale buonanotte.

Gabriele

Le prime piantine :)

Articolo scritto il 1-11-12, pubblicato il 2-11-12

Ciao a tutti, parentado, amici e nuovi visitatori, qui è Gabriele il Turkana che vi parla.

Mi trovo in un posto sperduto sulla faccia della terra, precisamente nel continente nero, al confine tra Kenya ed Etiopia, circondato da ben quattro diversi tipi di deserto, quello della tribù dei Sanburu, dei Turkana , dei Rendille e degli Ol Molo.

Ognuna di queste tribù è caratterizzata da tipici elementi, quali l’abbigliamento, monili,   armi, canti, balli, taglio dei capelli. Queste sono le prime tipologie di tratti distintivi che mi vengono in mente.

Esiste tra tutte queste categorie un minimo comune denominatore ossia il colore.

La vivacità dei colori è un tratto caratteristico tra tutti, i colori maggiormente usati sono: il rosso, l’arancione, il giallo, il verde.

Affronterò la descrizione tribù per tribù più dettagliatamente nei prossimi articoli.

Ora voglio dare a voi pubblico italiano e non solo, una notizia molto speranzosa per il nostro progetto, ieri mattina 31 ottobre, sono germogliate le prime piantine di cavolo verza.

Le sto curando personalmente, sono alte 1-2 cm, l’una.

I semi di spinaci sono ancora in letargo, confido nei prossimi 3-4 gg, vi terrò informati.

I lavori procedono giorno dopo giorno, con un buon ritmo, tenendo conto della variabile clima.

In questa parte del Kenya si raggiungono le temperature più alte, circa 50 gradi.

I mesi più caldi sono gennaio, febbraio e marzo con temperature che raggiungono i 60-65 gradi con il 15% di umidità.

Ieri abbiamo montato il sistema fotovoltaico sul tetto della guest house della missione, 6, il numero dei pannelli montati, capaci di erogare 750 Watt a 220 Volt a 50 Hz.

Oggi, con l’aiuto di un elettricista locale abbiamo concluso il sistema con alcuni accorgimenti tecnici e voilà ora funziona tutto correttamente.

Mi piacerebbe pubblicare le foto delle varie fasi di montaggio del sistema ma purtroppo sono dotato di una connessione internet molto lenta e ciò mi impedisce di farlo.

E’ questione di tempo, avrò modo penso a dicembre di pubblicare le immagini e video di breve durata, sia della parte lavorativa sia dei meravigliosi paesaggi che mi circondano, non immaginabili con mente umana.

Non ho + corrente, stacco.

Un abbraccio

gabriele

p.s. ho mandato varie mail non sò se riuscite a riceverle.

THE NURSERY DAY

Buonasera a tutti, vi sto scrivendo da sotto una capannina realizzata con foglie di palma intrecciata, nel bel mezzo dell’oasi dello Loyangalani.
Siamo appena tornati da una piccola pausa dopo cena, a base di qualche soda e Tusker, per rilassarci dopo una lunga, faticosa e calda giornata di lavoro.
Ebbene si, qui fa molto caldo, ieri pomeriggio ho effettuato alcune misurazioni per gestire le variabili climatiche per il progetto, il termo-igrometro segnava 50°C e 18% di umidità alle ore 13:00.
Oggi è stata una giornata importante per noi, abbiamo preparato la nursery ossia il reparto maternità per la semenza. Abbiamo piantato in primis i semi degli spinaci e poi i semi del cavolo verza in due piccole bacinelle riempite appositamente con acqua e nutrienti.
Da qui le prime piantine saranno trapiantate nel nostro laboratorio agricolo, costruito artigianalmente, anche con pezzi di recupero trovati in loco, es. pneumatici d’auto, per la fase vegetativa.
Saranno inserite all’interno di bicchieri, contenenti sassi dall’adeguata porosità, trovati ad Isiolo, fibra di cocco, trovata a Malindi, necessari per dare stabilità e sostegno alla piantina e adeguatamente irrigati, tramite il sistema d’irrigazione, ultimato proprio oggi.
Molti sono stati i test fatti, una volta attaccata la pompa, per verificarne la stabilità, il bilanciamento e verificarne le perdite.
Domani mattina con l’aiuto di Fr. Andrew installeremo i 6 pannelli fotovoltaici che produrranno circa 700 W, per dare corrente elettrica a 220 Volt e 50 Hz alla lampada idroponica, timer e pompa.
Mi dispiace non poter mandarvi le foto di ciò che vi sto raccontando, darebbero maggiore valore alle parole scritte, non appena potrò, lo farò.
Questa notte, c’è luna piena.
E’ tutto cosi molto bello, questi meravigliosi paesaggi visibili ad occhio nudo, illuminati solo dal chiarore della luna, danno una sensazione particolare per chi come noi giungono da altre terre, altri tipi di spazi, altre architetture, altri modi di vivere.
Ho ancora impresso nella memoria il colore, il forte vento caldo, il riflesso del lago di ieri sera, questo paesaggio cosi duro al primo impatto, fatto solo da rocce per la maggior parte di origine vulcanica, nere, più o meno porose, dove camminando puoi calpestare fossili incastrati nelle rocce.
E’ un luogo molto primitivo, cosi come lo testimoniano i riti folkloristici, i ritmi ed i modi di vivere di alcuni abitanti turkana.
Avrò modo di vedere tutto ciò meglio con i miei occhi durante la mia permanenza qui al lago.
Vivrò qui fino al periodo natalizio poi raggiungerò gli altri Simone, Tonino, Lilli a Malindi, per festeggiare insieme a loro il santo Natale.
Un abbraccio a tutti.
Gabriele

ARRIVATI AL LAGO TURKANA !!!

ciao ragazzi, qui è Gabriele che vi parla, siamo arrivati tutto bene. vi sto scrivendo non proprio da una poltrona di velluto ed in comode condizioni. scusate se sarò un pò di corsa nello scrivervi. la connessione internet è molto lenta, ma sono contento che c’è. siamo arrivati ieri sera dopo 13 h di viaggio, lungo e a volte non facile, ma siamo arrivati come si suol dire in certe condizioni e qta è la volta buona di dirlo sani e salvi. leggo tutti i vs commenti, saluto zia Anna, Mary, grazie Elisa, i miei nonni Vittorio e Giannina, papà e mamma, la polla e tutti quanti voi che leggete.

Partiti da Isiolo alle 6:30, ci siamo fermati a Serolippi, per salutare padre Pendenzini, che si trova in Italia. a farci gli onori di casa c’era il vice che ci accolti calorosamente con una bella tazza di caffè caldo.

Abbiamo proseguito per Laisamis, dove abbiamo fatto una sosta di circa 30 minuti, nell’ospedale. Qui abbiamo girato un intervista al responsabile della struttura, un medico chirurgo, non ricordo ora il nome, ho il foglietto di carta col nome nella stanza, ed ale infermiere sue assistenti.

Abbiamo raccolto del materiale molto interessante, con paradossi, carenze, priorità di cui velocemente bisogno, es. hanno una camera per l’operazione chirurgica dotata in parte di strumentazione tecnica, ma gli manca la corrente per farla funzionare. Il vero problema qui in Africa-Kenya è il mantenimento nel temo delle cose, siano esse progetti, materiali, strutture etc. occorre meditare su di questo.

Lasciata Laisamis, ci siamo avventurati nella vera savana- deserto, direzione Marsabit.

La notizia più brutta che abbiamo ricevuto è stata quella che non volevamo sentire: la PIOGGIA. la pioggia nel deserto significa sabbia mobili ed impantanamento, difficle poi da uscirne. Consci di ciò, abbiamo deciso per una strada secondaria più lunga di circa 100 km, evitando l’area delle piogge.

Ci siamo fermati per una brevissima sosta dopo 8 h di viaggio mangiando asparagi bianchi (Ale 🙂 ), carne in scatola (pessima-stomachevole), pan carrè, nescafè e via pronti per affrontare 3 deserti.

Il primo è stato il deserto del chalbi, il secondo il deserto della tribu dei Rendille, che costeggia south hor per concludere in gran bellezza con il deserto dei sassi.

Paesaggi mozzafiato ci sono comparsi davanti agli occhi, terre mai viste, colori bellissimi, se riuscirò caricherò delle foto giusto per darne un’idea.

Verso le 19 circa ci appare quasi magicamente questa interminabile distesa di acqua, oramai sul calare del tramonto,  quasi come fosse un assaggio per noi, quella visione, come se volesse dire ragazzi vi ho aspettato, è stato un bel momento.

Dopo 5 minuti Lilli è stata attaccata da una cavalletta gigante tipo 10 cm, abbastanza impaurita è volata fuori dalla macchina come un fulmine, premetto avevamo parcheggiato per scattare due foto a questo bellissimo paesaggio.

Ripresasi, siamo risaliti sulla jeep e siamo scesi verso il lago, costeggiandone la riva est e dopo pochi minuti 19:45, siamo giunti all’oasi Loyangalani.

Incredibile se ripenso a quanti km abbiamo viaggiato , affrontando immensi deserti, solo con sabbia, sterpaglie aride, piccole tribù in mezzo al nulla per poi arrivare davanti al lago e perdipiù in un oasi con piante verdi e vegetazione.

Questo è un luogo dove poche persone, soprattutto muzungo, i cosidetti bianchi, sono arrivati e lo si capisce da come le persone che ci abitano ti guardano, si comportano nei tuoi confronti.

E’ stato un viaggio lungo e a tratti non facile, ma terminato bene. Domani domenica 28 inizieremo a costruire il progetto idroponica, molto apprezzato da padre andrew e i suoi collaboratori, abbiamo un bel tifo.

un saluto a tutti

Gabriele

 

 

ON THE ROAD

« “O frati,” dissi, “che per cento milia
perigli siete giunti a l’occidente,
a questa tanto picciola vigilia

d’i nostri sensi ch’è del rimanente
non vogliate negar l’esperïenza,
di retro al sol, del mondo sanza gente.

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,

ma per seguir virtute e canoscenza”. »

(vv. 112-120)
Finalmente sulla strada! due righe per augurarvi un buon viaggio ragazzi! che so bene è meraviglioso ma anche difficile e faticoso, un viaggio nel cuore dell’africa nel bene e nel male! che non si puo prendere alla leggera. vi auguro di non dover spingere troppo la macchina, viste le previsioni incerte e che tutto vada bene…tanto fin che ci sono le scatolette con gli asparagi bianchi di Simo siete serviti meglio che all’hilton! vorrei tanto essere li con voi! non vedo l’ora di raggiungervi tutti!
SAFARI NGEMA RAFIKI YANGU!!!!!