Cuoricino’s youth questions

Il gruppo di ragazzi di 4 elementare della parrocchia di Cuoricino seguiti da Gabriele, mi domanda:

se ti trovi bene, cosa ti ha spinto ad andare in Kenya e se non hai mai pensato di tornare indietro. A noi mancherebbero i nostri genitori e i nostri amici e a te? Com’è la gente del posto? Sei riuscito a fare amicizia con qualcuno? Riesci ogni tanto a divertirti ?

Ciao a tutti voi,

grazie per il vostro interessamento al mio progetto di idroponica al lago Turkana nel nord del Kenya, Africa.

L’idroponica consiste nella coltivazione in acqua delle piante, da qui prende il nome anche di idrocoltura, coltura in acqua.

Molti paesi nel mondo usano questo sistema perché permette di razionalizzare l’uso di acqua, controllare meglio le variabili di crescita delle piante e ridurre l’uso di pesticidi.

Intendo per ottimizzazione  dell’uso di acqua un minor uso in termini di quantità, se ad esempio nel terreno per coltivare una pianta occorrono10 litri, con l’idroponica ne occorre 1l.

Dunque, 1:10 è il rapporto di acqua usata in idroponica rispetto alla coltivazione tradizionale su terreno.

Grazie a questa tecnica si ha il grande vantaggio di poter coltivare piante in zone desertiche o dal terreno non coltivabile poiché non necessita l’utilizzo di terra.

Sono qui allo Loiyangalani da due mesi circa, difficile, veloce e forte è stato l’impatto.

Tutto intorno a me era diverso, la natura con tutto il suo splendore e tutta la sua potenza: i paesaggi, gli alberi, l’irraggiamento termico a pochi gradi dall’equatore, la temperatura, l’umidità, gli animali, ricordo scorpioni, serpenti, scalopendre, lucertoloni giganti, formiche dalle grandi dimensioni, dik dik, volatili e non per ultimo la diversità del cibo.

Sono stato catapultato in un ambiente completamente sconosciuto ai miei occhi, alla mia mente, al mio stile di vita e non è stato per niente facile soprattutto quando, dopo la puntura dello scorpione, la malaria mi ha colpito duramente.

Sono stati momenti duri a cui, per forza di cose, dovevo reagire tirando fuori il meglio di me e così ho fatto.

Pensare di tornare indietro, no non l’ho mai pensato.

Ho pensato semmai alle persone a me care, sentivo le loro energie, le loro preghiere, cosi come le sento ora e così ho trovato la forza per guarire.

La motivazione è un elemento essenziale per qualsivoglia gesto, azione, progetto di vita che hai deciso di compiere.

Senza motivazione non si va lontano.

La mia motivazione è ancora forte, da un lato è arricchita ogni giorno dal mio ingresso nel dispensario, nel vedere bambini che nulla possiedono e che lottano per guarire e salvare la propria vita. Bimbi dagli occhi impauriti, annebbiati, spaventati che non possono far altro che affidarsi alle premurose  cure di suor Agnese e Mourithi.

Dall’altro lato, il veder crescere ogni giorno sempre di più le piantine mi dà la pazienza, la costanza, la volontà di andare avanti, prendendomene, doverosamente, cura.

Cosa mi ha spinto ad andare in Kenya ?

Il poter fare qualcosa per chi vive peggio di me dal punto di vista alimentare, igienico-sanitario e d’istruzione.

Non mi piacciono le ingiustizie e se posso le combatto. Credo che sia ingiusto che ci siano persone che nel 2012 letteralmente muoiono di fame, di sete, di banali malattie, ed altre che possiedono tutto e si permettono di sprecare cosi tanto che non si rendono nemmeno conto.

Così nel mio piccolo cerco di combattere questa situazione.

Sottolineo che mai ho utilizzato la parola povero per definire una persona, perché chi è il povero ? Io non saprei rispondere.

Anzi domando a tutti voi come compito per casa coinvolgendo anche i vostri genitori di definire con le vostre parole il termine povertà ed io aspetterò le vostre risposte.

La lontananza rafforzerà la vera amicizia che ho con le persone, come una prova, chi mi scriverà nonostante la mia assenza fisica sarà un vero amico invece chi mi dimenticherà non sarà un vero amico ma solo un conoscente.

Resto in contatto con la mia famiglia e così con i miei veri amici tramite qualche messaggio via mail e raramente qualche minuto di conversazione telefonica.

I locali che vivono allo Loiyangalani sono di diverse tribù: Turkana, Samburu, Rendille, El molo, Borana, sono ben integrati gli uni agli altri e si aiutano a vicenda nella vita quotidiana.

Sono per la maggior parte persone riservate che stanno per i fatti loro, i restanti sono amichevoli, a cui piace scambiare qualche parola.

Poi c’è la categoria dei commercianti ambulanti, bè con loro puoi passare un’intera giornata, previo acquisto di qualche merce che vendono, collanine colorate realizzate con perline, braccialetti, pietre semipreziose quali ad esempio ametiste, ossidiana, etc., contenitori fatti con pelle di cammello, di capra e altri suppellettili simili.

Vivendo con loro inizio a comprendere i loro pregi ma anche i loro difetti ed inizio a capire di più la loro cultura e la loro forma mentis.

Le persone che frequento nella missione sono persone disponibili e gentili, con la quale chiacchierare mixando qualche parola di inglese e kiswaili.

Ho stretto un legame, più forte rispetto agli altri, con il cuoco della missione Joseph Mosè.

Con lui, spesso, mi ritrovo a cucinare piatti italiani e locali, a riordinare la cucina e la casa degli animali, dove soggiornano: capre, conigli, oche e galline.

Joseph mi ha insegnato a sgozzare, pulire e tagliare una capra, a preparare un buon thè verde raccogliendo le foglie da un albero particolare, a conciare la pelle di capra per usarla o come abito o come cuscino.

I momenti di divertimento sono presenti durante la giornata, possono esserci durante una partita a pallone, anche se rara perché fa molto caldo qui, circa 40-50 gradi, durante una chiacchierata con Fr. Andrew, durante una partita a carte a briscola con Sister Agostinella o a scala con Sister Agnese.

Non mancano momenti di solitario rilassamento ed armonia circondato dal verde, dall’acqua, dalla natura.

Ora ragazzi, vorrei che vi sedeste tutti quanti in cerchio, per potervi raccontare questa storia:

Un padre ricco volendo che suo figlio sapesse che significa essere povero, gli fece passare una giornata con una famiglia di contadini.

Il bambino passò 3 giorni e 3 notti nei campi.

Di ritorno in città ancora in macchina il padre gli chiese:

“Che mi dici della tua esperienza” ?

“Bella” rispose il bambino…

“Hai appreso qualcosa ?” insistette il padre.

1-    Che noi abbiamo un cane e loro ne hanno 4.

2-    Che abbiamo una piscina con acqua trattata che arriva in fondo al giardino. Loro hanno un fiume con acqua cristallina, pesci e altre belle cose.

3-    Che abbiamo la luce elettrica nel nostro giardino ma loro hanno le stelle e la luna per illuminarli.

4-    Che il nostro giardino arriva fino al muro, il loro fino all’orizzonte.

5-    Che noi compriamo il nostro cibo, loro lo coltivano, lo raccolgono e lo cucinano.

6-    Che noi ascoltiamo cd, loro una sinfonia continua di pappagalli, grilli ed altri animali. Tutto ciò, qualche volte, accompagnato dal canto di un vicino che lavora la terra.

7-    Che noi utilizziamo il microonde, ciò che cucinano loro ha il sapore del fuoco lento.

8-    Che noi per proteggerci viviamo circondati da recinti con allarme, loro vivono con le porte aperte protetti dall’amicizia dei loro vicini.

9-    Che noi viviamo collegati al cellulare, al computer, alla televisione. Loro sono collegati alla vita, al cielo, al sole, all’acqua, ai campi, agli animali, alle loro ombre, alle loro famiglie.

Il padre rimane molto impressionato dai sentimenti del figlio.

Alla fine il figlio conclude:

“Grazie per avermi insegnato quanto siamo poveri !”

Ogni giorno diventiamo sempre più poveri perché non osserviamo più la natura, che è l’opera grandiosa di Dio.

E ci preoccupiamo sempre di avere, avere e avere sempre di più, invece di preoccuparci unicamente di essere.

Gabriele

from Loiyangalani

6 pensieri su “Cuoricino’s youth questions

  1. Il tema della povertà che hai qui proposto è molto interessante. A tutta prima, prendendo spunto dal racconto, si nota come la povertà – non la miseria, che è altro – sembri avere come contrappunto una certa ricchezza spirituale, al rovescio come un benessere materiale forte sia correlato a un certo tipo di vita fatta di diffidenza, paura, artificialità estrema, complessità e rapporti umani affettati.
    Il che non è del tutto errato, l’infinita collezione di oggetti d’ogni famiglia benestante implica la loro difesa, manutenzione, l’invidia ed altre preoccupazioni e passioni negative varie.
    D’altra parte pensare di organizzare una società come quella italiana soltanto su base agricola porterebbe allo sviluppo di idee insostenibili. Rinunciare del tutto al consumismo? Come massa non ne siamo capaci e d’altra parte non ci sono alternative ragionevoli e facilmente praticabili su larga scala.
    Vivere nella natura? Non tutti vogliono affrontare le punture di scorpione, la malaria e la carenza di cibo ad essa connaturata.

    Mi fermo qui, grazie per il prezioso tema.
    Ciao!

    Ila
    P.S.: dalla mia ultima mail sai che sono molto vicino alle ultime evoluzioni del tuo pensiero 🙂

  2. Jambo Gabriele,
    come mi sento piccola e povera propio in questi giorni di natale…
    quante inutili preoccupazioni e stress per avere “tutto” perfetto…
    Grazie per le tue preziose riflessioni cercherò di farne tesoro per vivere un Natale Vero
    Un caro saluto a tutta la comunità, un abbraccio 🙂
    mamma

  3. Ciao Gabriele,

    Leggendo il tuo ultimo messaggio sono sempre più convinto di quanto siano profonde le motivazioni che ti hanno spinto a compiere una scelta così impegnativa. Penso spesso alla tua attività, purtroppo però non riesco, come vorrei, a restare più aggiornato sui tuoi progressi. Ti sono vicino e ti abbraccio calorosamente. A presto.

  4. ciao Gabriele, che meraviglia!! leggere queste pagine di diario mi fanno capire quanto sia lontana dal vero mondo. Io vivo, convivo con lo tress attaccato al collo, con la frenesia della giornata in questi giorni ancora piu’ forte per l’arrivo del Natale…che corse …che vita povera che ho…nonostante tutto quello che ho mi sento davvero povera. Spero che la Lilli mi porti a casa un pochino di acqua cristallina e il sapore del cibo cucinato lentamente…ti abbraccio Buon Natale . Lolli la sorella di Lilli

  5. caro Gabriele…oggi leggo commossa questo tuo scritto…penso al tuo volto sorridente, alla tua energia prorompente…ma avevo anche intuito la tua sensibilita’e tenerezza…queste tue parole me lo confermano…sto attraversando un nuovo momento difficile, poiche dopo 9 anni mia madre ha una recidiva tumorale al seno…e’dura, e’ingiusto…ma oltre al dolore e alla preoccupazione si e’rafforzata in me la voglia di vivere, ogni minuto ogni momento di felicita’, di esperienza di crescita…la vita e’un miracolo anche quando e’difficile, ti stringo forte in un abbraccio, il 21 notte andrao’nei boschi a camminare e abbracciera’anche un albero per te..a presto, ti aspetto sotto il balcone…Barbara

  6. Ciao Gabriele,
    parliamo proprio del povero vicino al S.Natale dove tutti corrono a comprare la maggior parte delle volte cose inutili. Chi è il povero? Santa Madre Teresa diceva “Essere non amati, non voluti, dimenticati. E’ questa la grande povertà, peggio che non avere niente da mangiare.” La nostra società ha perso molti valori importanti più le persone corrono all’arricchimento e più si ritrovano povere e sole. Condivido con te il senso di giustizia però mi sento impotente e piccola davanti ai grandi problemi che ci affliggono. Grazie per farci riflettere, con i tuoi scritti, sulle cose che veramente contano nella vita. Ti sono vicina, un abbraccio, zia Mary
    p.s. bella la storia!

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