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Protocollo di Kyoto: facciamo un ripasso

inserito il 30/7/2009 alle 14:00

protoccolo di kyoto

Il protocollo di Kyoto è un trattato internazionale in materia ambientale riguardante il riscaldamento globale, sottoscritto l’ 11 dicembre 1997 da più di 160 Paesi, in occasione della Conferenza della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC). Il trattato è entrato in vigore il 16 febbraio 2005, dopo la ratifica anche da parte della Russia.

Il trattato prevede l’ obbligo per i Paesi industrializzati di ridurre le proprie emissioni di CO2 e degli altri gas serra inquinanti nella percentuale non inferiore al 5%  rispetto a quanto gli stessi Paesi aderenti emettevano nel 1990, anno considerato come base per il conteggio delle emissioni.
La riduzione deve avvenire nel quadriennio 2008-2012.

La ratifica dell’accordo, in realtà, non è stato così semplice. Perché il trattato potesse entrare in vigore si richiedeva infatti che fosse ratificato da non meno di 55 nazioni firmatarie e che le nazioni che lo avessero ratificato producessero almeno il 55% delle emissioni inquinanti; quest’ ultima condizione è stata raggiunta solo nel novembre del 2004, quando anche la Russia ha perfezionato la sua adesione.

Ma a quanto consiste la riduzione di CO2 necessaria per rispettare il Protocollo? L’atmosfera contiene 3 milioni di megatonnellate (Mt) di CO2, mentre il mondo immette 6.000 Mt di CO2, di cui 3.000 dai paesi industrializzati e 3.000 da quelli in via di sviluppo. Detto ciò il numero di megatonnellate dovrebbe scendere a 5850 su un totale di 3 milioni.
Ad oggi concorrono 174 Paesi e un’ organizzazione di integrazione economica regionale (EEC) hanno ratificato il Protocollo o hanno avviato le procedure per la ratifica. Questi paesi contribuiscono per il 61,6% alle emissioni globali di gas serra.
I Paesi in via di sviluppo, al fine di non ostacolare la loro crescita economica frapponendovi oneri per essi particolarmente gravosi, non sono stati invitati a ridurre le loro emissioni. L’ Australia, che aveva firmato ma non ratificato il protocollo, lo ha ratificato il 2 dicembre 2007.

Perché questi numeri possano essere raggiunti, il Protocollo sancisce che i Paesi aderenti possano utilizzare alcuni “meccanismi flessibili” che servono per acquisire crediti per le emissioni. In sostanza se un Paese compie alcune azioni utili a ridurre l’impatto ambientale e l’emissione di CO2, acquisisce alcuni crediti che gli permette di immettere in atmosfera più CO2 rispetto al parametro di Kyoto. Sono quindi meccanismi compensatori, per i quali esiste anche un mercato stile borsa.ù

I meccanismi flessibili sono:

- Clean Development Mechanism (CDM): consente ai Paesi industrializzati e ad economia in transizione di realizzare progetti nei Paesi in via di sviluppo, che producano benefici ambientali in termini di riduzione delle emissioni di gas-serra e di sviluppo economico e sociale dei Paesi ospiti e nello stesso tempo generino crediti di emissione (CER) per i Paesi che promuovono gli interventi.

- Joint Implementation (JI): consente ai Paesi industrializzati e ad economia in transizione di realizzare progetti per la riduzione delle emissioni di gas-serra in un altro paese dello stesso gruppo e di utilizzare i crediti derivanti, congiuntamente con il Paese ospite.

- Emissions Trading (ET): consente lo scambio di crediti di emissione tra Paesi industrializzati e ad economia in transizione; un Paese che abbia conseguito una diminuzione delle proprie emissioni di gas serra superiore al proprio obiettivo può così cedere (ricorrendo all’ET) tali “crediti” a un paese che, al contrario, non sia stato in grado di rispettare i propri impegni di riduzione delle emissioni di gas-serra.

Spicca il caso degli Stati Uniti d’America che non hanno ratificato il Protocollo, ma che sono i responsabili del 36,2% del totale delle emissioni. In principio, il presidente Bill Clinton aveva firmato il Protocollo durante gli ultimi mesi del suo mandato, ma George W. Bush, poco tempo dopo il suo insediamento alla Casa Bianca, ritirò l’ adesione inizialmente sottoscritta. Altri due Paesi tenuti sott’occhio sono l’ India e la Cina, che hanno ratificato il protocollo, non sono tenute a ridurre le emissioni di anidride carbonica nel quadro del presente accordo, nonostante la loro popolazione relativamente grande.

 

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