Una volta i bambini giocavano a calcio in cortile o all’oratorio, le bimbe con le bambole, nascondino, carte, dama, scacchi, Monopoli e altri giochi in scatola o con i Lego; i bambini di oggi giocano quasi tutti alle consoles casalinghe, ed hanno abbandonato quasi del tutto i giochi tradizionali di un tempo. Riflettiamo su alcune delle abitudini che stanno cambiando nella nostra vita dovute all’intrattenimento digitale, o digital entertainment se preferite.
Con l’esplosione sempre più devastante del mondo dei videogames, le famiglie hanno iniziato a spendere molto di più in consoles, dischi e cartucce. Se nei primi anni ci si poteva accontentare di Atari 2600, Msx, Nes e pochissime altre, oggi i negozi del settore sono sommersi di consoles da tavolo e portatili, che mettono spesso in difficoltà (nonchè in disaccordo) i videogiocatori su quale acquistare facendo spendere loro centinaia di Euro. I più fortunati (e anche un po’ esagerati) spesso si permettono di “regalarsi” anche due o tre delle consoles disponibili, non volendo rinunciare a titoli in esclusiva dell’una o dell’altra nonchè alle loro saghe preferite che ogni 3-4 anni circa si arricchiscono di un nuovo capitolo della saga vedendo la luce su una console di nuova generazione.
Da sottolineare un dato di fatto: anni fa si spendevano poche migliaia di Lire per un gioco di cui ci si accontentava anche per mesi, finendolo e finendolo più volte senza che stufasse più di tanto. Oggi c’è gente che passa pomeriggi interi nel negozio preferito comprando anche 3-4 giochi (spesso anche di piattaforme diverse) e superando spesso i 100 Euro di spesa, poi va a casa e nel giro di pochi giorni inizia a giocare molto a 1-2 titoli preferiti trascurando gli altri o stufandosene presto, finendo così per rivenderli a prezzo stracciato buttando via i soldi spesi per comprarlo.
Prendiamo i fans sfegatati di alcune saghe, ad esempio Final Fantasy. Per giocare a tutti i capitoli, un gamer dovrebbe avere almeno 4-5 consoles diverse tra Nintendo e Sony; potendoselo permettere, quanto arriverebbe a spendere pur di giocare a dischi e cartucce originali della sua saga preferita? Se oltre a Final Fantasy volessimo giocare a tutti i capitoli di Super Mario, Zelda, Metal Gear, Megaman, Castlevania, Sonic, Pes, Fifa o Resident Evil, arriveremmo a spendere chissà quante migliaia di Euro. E c’è chi di consoles ne ha in casa davvero tante, compreso il sottoscritto che non si è fatto mancare neanche il Philips CD-I pur di giocare a tre Zelda esclusivi di questa console poco conosciuta. Insomma: crisi o non crisi, un gamer accanito non si fa mancare niente, ma come sappiamo i soldi servono per cose ben più importanti (casa, famiglia etc) e bisognerebbe darsi una regolata; il tutto senza rinunciare per forza a questa passione, basta contenersi sugli acquisti e farsi durare un gioco il più possibile.
L’influenza dei videogames in campo sociale? Prima i gamers giocavano a consoles “limitate” come Atari, Nintendo o Megadrive, i cui giochi più belli erano spesso platform alla Super Mario divertenti ma comunque privi di grafica 3D e chissà cosa; per giocare ai giochi più belli e famosi andavano perciò in sala giochi, spesso in compagnia di altri amici. Ma da quando le consoles casalinghe hanno raggiunto e superato i Coin-Op, le sale giochi sono ormai pochissime rispetto al passato e la gente non esce neanche di casa, giocando online quasi sempre con sconosciuti. Prima almeno ci si poteva trovare con gli amici che condividevano la stessa passione, mentre oggi la gente è diventata molto più solitaria e videodipendente, preferendo passare ore e ore davanti allo schermo di una tv piuttosto che chiacchierare con gli amici davanti ad una buona birra, giocare a bowling, minigolf, calcetto, basket o semplicemente fare una passeggiata in centro con loro. Se ai videogames aggiungiamo Facebook, Twitter, Whatsapp e compagnia bella, siamo a posto.
Basta guardarsi attorno: io stesso nell’ambiente lavorativo noto che quando la gente si concentra in uno stesso spazio di pochi metri quadri, la stragrande maggioranza dei presenti è a testa bassa intenta a mandare un messaggio col suo smartphone o guardare foto e video su Facebook e Youtube. Ma dov’è finita la socializzazione? No, l’online non è considerato come metodo per socializzare o meglio, non è certo come avere al fianco un amico in carne ed ossa che giochi con voi al titolo che più vi appassiona in multiplayer. Bei tempi in cui si menavano i banditi per le strade con Billy e Jimmy Lee in Double Dragon, mentre oggi giocare in due è tradotto da tanti come il trovarsi da solo di fronte alla console e connettersi al server di gioco col compagno di fiducia, talvolta un perfetto sconosciuto. Cosa vuol dire? Che ormai dipendiamo troppo da internet e dall’online, è una vera e propria droga psicologica.
Ai tempi c’erano giochi Super Mario Bros o Sonic The Hedgehog, chiaramente rivolti ad una fascia d’età bassa ma comunque divertenti ed immediati anche per i più grandi. Oggi invece la gente gioca a titoli come GTA, Metal Gear, Battlefield o The Last of Us, molto più seri e impegnativi ma anche (purtroppo) molto più violenti e vicini alla realtà, ispirando i gamers più sensibili e influenzabili caratterialmente ad imitare eroi e situazioni videoludiche anche nella realtà: omicidi, risse, spari, rapine, lotte corpo a corpo, salti impossibili e guide spericolate sono alcuni esempi di come la gente si cacci nei guai dopo averle vissute sulla console di casa, volendo viverla realmente a discapito della propria incolumità e quella degli altri. Questi sono alcuni dei motivi per cui da anni tanti giochi vengono etichettati col Pegi 18, Pegi 15 etc. Altri giochi come il celebre Street Fighter 2, per anni il termine di paragone di tutti i picchiaduro a incontri, hanno ispirato molti gamers ad imitare i propri eroi ma in positivo, invogliandoli a frequentare corsi di lotta e arti marziali per difesa personale o come attività agonistica per mantenersi in forma.
E veniamo ad un tema attuale: la grafica 3D in sostituzione al 2D, film e videogames usando occhiali 3D. Con Avatar è iniziata l’era di film e videogames con l’effetto della terza dimensione creato dai nostri stessi occhi, sottoponendoli però ad un certo tipo di sforzo. Molte persone non riescono a guardare il 3D, avendo fastidi o altri sintomi; altri possono guardarlo per ore e ore senza nessun problema, ma è consigliabile che si limitino alla visione solo ogni tanto sia di un film che, come nel nostro caso, di un videogame che applichi la stessa tecnologia. E’ probabile che la visione in tre dimensioni causi anche una certa dipendenza, che per alcuni diventi lo standard normale di come guardare film e videogames mentre questi ultimi in versione 2D risultino ormai troppo semplici, obsoleti e brutti da guardare.
In futuro giocheremo trovandoci di persona dentro il gioco stesso e usando tutto il corpo e tutti i nostri sensi per sopravvivere alle insidie ingame, grazie a caschi e visori ultramoderni già sul mercato o in fase di lavorazione come Oculus Rift. Bellissimo, ma anche rischioso: c’è davvero il pericolo di non uscire più dal tunnel della dipendenza videoludica, trascurando le cose belle che ci offre la vita e, soprattutto, le persone che ci circondano.
Pongy
Anche io passo parecchie ore ai videogiochi, tra le 5 e le 10. Sono il co founder di un sito di videogiochi , http://www.metagamescore.it ed ho unito passione ad un lavoretto 🙂