Lettera inviata dal nostro carissimo Carlo: Lago Turkana

Ciao, Gabriele! Naturalmente saluto, insieme a te, Simone, Tonino  e Lilly. So
che tra poche ore  partirete per Isiolo e che da li’ proseguirete per il Lago
Turkana.Il mio non e’, dunque. un  saluto come i tanti che ci siamo finora
scambiati. E’ un saluto espresso con grande emozione, perche’ il vedervi fare i
preparativi, mi fa rivivere la mia partenza, per la stessa meta, nel dicembre
di due anni fa, con Simone, Leba ed altri amici, E rivivo le difficolta’ e il
fascino del viaggio,dalla durata di un intero giorno, caratterizzato, certo, da
un po’ di apprensione, dovuta principalmente ai racconti uditi da chi aveva
compiuto lo stesso percorso , nei quali non mancava mai il riferimento
all’estrema fatica ed anche ad una certa pericolosita’. Ma un viaggio,anche,
interessantissimo e stupendo per la verginita’ dei luoghi che si attraversano,
per i paesaggi davvero inconsueti, per i contatti che si hanno con le fiere
popolazioni dei villaggi che si attraversano: contatti brevi e fugaci , ma
talmente intensi  che restano indelebili nella memoria. Emozioni che in me si
riaccendono al solo ricordo. E con il ricordo ritorna anche l’angoscia, che
provai gia’ forte, allora,  dovuta al pensiero sul domani di quella primordiale
regione del Kenya e, ahime’, temo che un tale pensiero si possa estendere a
molte altre regioni dell’ Africa. Un continente in trasformazione! Si’, ma che
tipo di trasformazione? Quella in cui, finalmente, comincia a diminuire il
numero di persone, soprattuto bambini, che muiono per fame, o per malattie,
inizialmente non gravi, ma che diventano tali e poi mortali,per mancanza di
medicinali? No! Quel numero resta agghiacciante! Aumenta, anzi, giorno dopo
giorno. Una trasformazione, forse, in cui i Paesi piu’ ricchi del mondo non si
limitano piu’ ad una politica di aiuti a queste popolazioni, di cui si e’
sempre favorito il permanere nella passivita’ piu’ assoluta,ma vanno
finalmente, coalizzati, per avviare un processo  di autonomia, fornendo mezzi e
scuole di formazione  agraria e tecnologica?    Magari! Niente di tutto questo.
Ancora, come sempre, solo  interventi, nella sostanza, speculativi, nei quali
risulta palese che il Paese che viene ad operare in questo straordinario
continente lo fa pensando quasi esclusivamente ai propri interessi.Basti, come
esempio, la neocolonizzazione in corso da parte della Cina, molto presente in
Kenya; e anche nella regione che inizia a nord di Isiolo e si estende appunto,
attraverso i territori dei Samburu, in direzione del lago Turkana. Persone come
me e come voi, che caparbiamente credono che le cose debbano e possono
cambiare. anche se preoccupate dei disastri ambientali derivanti da autostrade
ed altre infrastrutture, cercano di capire se cio’ possa comportare almeno la
soluzione di qualcuno dei tradizionali e drammatici problemi di questa Terra,
madre dell’umanita’. Ma, per quanto si rifletta, non si riesce a scacciare il
timore che il tutto servira’ a dar vita ad un turismo di elite, oltre che a
favorire, in forme piu’ moderne, l’usuale sfruttamento.Queste considerazioni
amare possono spiegare bene perche’ io plaudo a questa vostra straordinaria
iniziativa: un progetto che si prefigge di iniziare, e far progredire la
produzione di ortaggi, con tecniche di avanguardia, come nel caso della coltura
del pomodoro con il metodo dell’idroponica. Perche’ ho condiviso il vostro
entusiasmo subito dopo aver preso visione del vostro progetto? Semplice: e’ un
progetto che collima perfettamente con l’idea che, vivendo in Kenya da qualche
anno, ho maturato circa il tipo di volontariato costruttivo, quello, per
intenderci, che da’ vita ad un processo di autonomia. Ed e’ bene che i
benefattori che vorranno fornire il contributo economico affinche’ il Progetto
prenda corpo e si sviluppi, prendano coscienza,grazie a voi, che amare l’Africa
e voler fare per essa qualcosa di fattivo e duraturo, significa partire da
questa idea del volontariato e di ogni forma di cooperazione:  basta con gli
aiuti-elemosina, spedizioni di denaro a mega organizzazioni caratterizzate da
mille rivoli di dispersione. Concentrarsi su delle realta’  concrete,limitate,
ed operare in modo da favorire lo sviluppo di un intero gruppo etnico per volta
e non, come accade, generalmente, privilegiare un esiguo numero di persone al
suo interno, andando oltretutto a frantumare quello spirito di solitarieta’
esistente tra poveri, con il rischio, concreto, di alimentare sentimenti
d’invidia che possono sfociare nell’odio. Un gruppo di persone animate
dall’ideale di operare direttamente in queste realta’, nelle quali ognuno dei
benefattori, che spero siano sempre piu’ numerosi, potra’ venire a constatare,
come il proprio contributo venga utilmente impiegato. Al mio saluto si
accompagna l’auspicio che questa vostra bellissima idea si concretizzi e si
sviluppi; avendovi conosciuti ed ammirando il vostro fervore, sento che le
premesse ci sono tutte. A me , che sto per compiere i 70, e che opero da quando
andai in pensione,dieci anni fa, nell’ambito del “Progetto Kenya” di cui faccio
parte, fa bene il vostro entusiasmo. Quanto al nostro comune amore per
l’Africa, e per tutte le altre regioni del mondo in cui ugualmente vivono
esseri umani privi di ogni mezzo per la sopravvivenza, mi piace rafforzarlo
parafrasando tre versi di una profonda poesia di Hikmet,un sensibilissimo poeta
turco: ” Finche’ ci sara’ nel mondo/ un uomo in catene in nome della liberta’/
non mi riterro’ un uomo libero”. Ecco, adattandoli a questi vostri, e miei,
ideali, gli stessi versi potrebbero recitare: “Finche’ ci sara’ nel mondo un
essere umano/ che a causa dell’indigenza non puo’ conoscere la dignita’ di
esistere/ non potro’ ritenermi un essere umano dignitoso”.
Carlo

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