Spero che il primo articolo sia stato di vostro gradimento e che le foto abbiano reso la lettura più appassionante. La seconda tappa del viaggio ripercorrerà la difficoltà che abbiamo incontrato a causa della pioggia!
Dopo aver salutato lo staff dell’ospedale di Laisam, siamo saliti in macchina e come potete immaginare abbiamo parlato di ciò che avevamo visto e sentito. Il bello di viaggiare con persone propense ad attingere a ciò che si vive, permette d’affrontare discorsi ricchi di opinioni, non necessariamente simili ma anche contrastanti le une dalle altre. E’ qualcosa di molto positivo perché fortunatamente gli esseri viventi hanno una mente indipendente e molto spesso senziente che permette d’afferrare quello che un’altra persona non è riuscita a cogliere, facendo nascere soluzioni e risolvendo problemi.
Spesso è proprio vero che un viaggio da fisico si trasforma in mentale, arricchendo ancora di più l’itinerario, ma che come in questo caso ci ha fatto sobbalzare all’ improvviso a causa dei buchi sulla strada ma dandoci la possibilità di notare la trasformazione del paesaggio, sembrava quasi infastidito dal fatto che non lo stavamo osservando e se era così aveva ragione perchè dalla splendida savana è mutato rapidamente in un luogo marziano. Eravamo sommersi dalle pietre e dalla polvere del primo deserto… Il deserto dei sassi… Che caldo!
Da qui è iniziato il comprensibile dubbio di Simone sulla strada, perché da lontano le nuvole non promettevano bene, per cui a man mano che incrociavamo qualche auto piuttosto che persone, chiedeva informazioni sul percorso più sicuro da prendere. Ci sono state opinioni discordanti da parte della gente, alcuni dicevano di passare da una parte altri da un’ altra, alla fine ci siamo diretti verso Marsabit, avremmo allungato di alcuni chilometri la strada, evitando però di impantanarci.
Nelle vicinanze della città com’ era prevedibile dal cielo abbiamo incontrato le piogge, le quali rendono davvero pessime le strade, inondandole di fango, fortunatamente avevamo un gran bravo autista che come se niente fosse passava attraverso quelle pozzanghere, vi assicuro che non è solo merito della macchina se si riesce a superare quelle pozze, perché il captare nell’ arco di pochi metri la parte più sicura da prendere è davvero difficile, soprattutto se guidi una specie di Pullman. Bravo Simo!
Ma non tutto è filato liscio come l’olio perché dopo aver superato il fango, il cofano anteriore si è spaccato, per cui ci siamo fermati e con una corda lo hanno bloccato.
Terminato il ripristino siamo ripartiti, da lontano abbiamo visto arrivare parecchie macchine, dei fuori strada con delle antenne enormi, i guidatori erano persone di mezza età, presumo stessero facendo una sorta di gara, una di queste macchine si è fermata al nostro stop e due tizi presumibilmente inglesi dai lunghi baffi e capelli bianchi, ci hanno salutato con divertimento, gli abbiamo chiesto se per caso sapevano com’ erano le strade andando avanti ma sfortunatamente non lo sapevano. Arrivati a Marsabit, abbiamo fatto benzina e poi a tentoni abbiamo cercato di individuare con l’aiuto di alcuni locali la strada meno danneggiata dall’acqua, che ci doveva condurre verso il deserto del Chalbi! La prima non era giusta la seconda fortunatamente si!
Abbiamo lasciato alle nostre spalle il fresco e le verdi colline di Marsabit, inoltrandoci di nuovo in savana, il caldo iniziava a farsi sentire e anche la fame.
Così dopo aver proseguito per qualche chilometro abbiamo deciso di fermarci per pranzare e per ridare un forma eretta al nostro corpo. Sotto una bellissima acacia secca, abbiamo tirato fuori dalla macchina lo scatolone delle provviste. Un pranzo da veri “guerrieri”, carne salata, che solo io, Simone ed Erunye mangiavamo, non è male bisogna solo andare oltre alla forma, al colore e scordarsi di leggere l’etichetta, poi vi assicuro che è molto energetica e saporita, insieme alla carne avevamo asparagi, cornetti, uova, pane e poi alla fine di tutto ci siamo preparati un buon nescaffè, mi dispiace non avere foto del pic nic ma credo che il mio cervello fosse troppo concentrato a riempire lo stomaco e a far tornare in circolo gli zuccheri. Terminata la pausa ci siamo guardati intorno e abbiamo scoperto che fortunatamente c’era un’ area di sosta, con tanto di bibite fresche e indicazioni stradali….
Meno male… perché sapere dove sei e dissetarsi con delle salutari sodas è sempre consolante e rigenerante…
Dopo ciò siamo risaliti in macchina! Erano già passate quasi 8 ore dalla partenza ma personalmente non mi sembrava, sarà perché i miei occhi erano sempre concentrati ad ammirare ciò che il panorama offriva. Dopo aver superato la savana, è stato il momento di un altro deserto di sassi e qui abbiamo fatto conoscenza con dei simpatici “uccellini”!
E’ stata un scena divertente perché il maschio curava e correva dietro ai piccoli e la femmina era con le sue “amiche” dall’ altra parte della strada a chiacchierare mentre lo guardavano correre! Abbiamo salutato struzzo, struzze e struzzini e siamo ripartiti. Nel frattempo in macchina si parlava del più e del meno per esempio:
Tony che guarda Gabri e gli dice: “dai fai la barba?”
E Gabri: “tranquillo prima o poi accadrà, forse domani, forse…”
oppure :
“ma secondo voi qual è l’articolo corretto del Loyangalani? Il Loyangalani o lo Loyangalani?”
Risposte significative: “non ha articolo; Il lo dello sullo Loyangalani;”
Vi assicuro che eravamo presissimi a riguardo e anche durante il soggiorno al lago Turkana ci siamo posti lo stesso interrogativo, comunque una parte di queste domande (al momento per i nostri cervelli esistenziali), erano provocate dalla continua perdita di liquidi causati dal caldo! La nota positiva era però che tutti questi ragionamenti impegnativi erano ritmati da un piacevolissimo sottofondo di musica Reggae che santamente Simone ha portato con sé (un cd che è durato circa 9 ore), altrimenti visti i discorsi sono convinta avremmo intonato noi qualche canto, come quando si va a sciare e durante quasi tutto il percorso in pullman si cantano canzoncine come “quel mazzolin di fiori”, “fin che la barca va…”, ecc… ma sarebbe stato davvero imbarazzante in pieno deserto con 50° e due ragazzi kenioti abituati a tutt’ altra musica, fare gli alpini!!! Ad un certo punto lo scenario che si è proiettato ai nostri occhi è stata una vera sorpresa. Sabbia, sabbia, sabbia e sabbia….
Eravano arrivati nella periferia del Chalbi, come tutti i deserti ti lascia a “bocca aperta” sia per la vastità del nulla sia per alcune meraviglie che solo un luogo così ostile più creare, è vita o morte, e quando è la vita a trionfare il risultato è sbalorditivo.
Il viaggio stava proseguendo tranquillamente, non avevamo più contatto con la civiltà da parecchie ore ma finalmente all’ orizzonte sono apparse delle capanne! Eravamo arrivati a Kargi, cittadina abitata dalla tribù dei Rendille, considerata una delle etnie più pacifiche del Kenya e per quel poco che ho potuto constatare è così.
Un luogo, che rimarrà indelebile nella mia mente. Non esistono parole adatte per descrivere questo sito, non tanto per come è stato edificato perché è molto ben curato; ci sono edifici ben costruiti, negozietti, scuole ecc… o per le mansuete persone che vi abitano, ma quanto per l’estrema difficoltà a viverci. E’ situata in un deserto e tutt’ intorno non c’è niente, nulla, se non la savana e il deserto. Sono rimasta atterrita perché non c’è acqua se non quella del pozzo, la distanza per raggiungere un paese attrezzato alle emergenze è lontanissimo e come per Sereolippi tutto sta nella fortuna di trovare un passaggio, la polvere rende tutto mimetico sembra un paese fantasma. Sentire un bambino chiederti dell’acqua è qualcosa che ti lascia il cuore a pezzi, perché fa parte dei bisogni primari dell’uomo, fortunatamente ne avevamo in abbondanza. Al mio rientro parlando con la moglie di Simone, Christine, mi sono resa conto che anche per lei è stata una doccia fredda vedere Kargi, ha avuto i stessi miei pensieri, sicuramente riceveranno anche molto sostegno attraverso gli aiuti umanitari, perché in caso contrario sarebbero in totale isolamento dal mondo esterno, guardando in Internet a parte un puntino sulla mappa, viene dedicato ben poco spazio a questo paese e ai loro abitanti, ed è veramente assurdo, perché qui ci vivono uomini, donne e bambini che meriterebbero d’essere riconosciuti per la loro capacità giornaliera di adattarsi e di vivere bene anche con poco.
“nihil difficile volenti” (“nulla è arduo per colui che vuole”).
Non sapendo con precisione il percorso da prendere abbiamo chiesto informazioni e un ragazzino si è offerto di accompagnarci fino al principio della strada per Southor, dopo avergli lasciato la mancia per l’aiuto, abbiamo rivolto un saluto pensoso a Kargi e siamo ripartiti.
Avvicinandoci alle colline di Southor, ci siamo dovuti fermare per controllare lo stato della strada perché apparentemente sembrava pericolosa per il fango.
Tutto ok, cognato Tony ha detto: “Hakuna Shida, bara bara ico poa” – (nessun problema la strada va bene). Ho pensato: “Meno male visto che il sole sta tramontando, ho un tubo piantato nella gamba e uno scatolone tenuto saldo con la nuca”, mi mancava solo di dormire così! Attraversata la fanghiglia siamo arrivati al bivio di Southor , che ci avrebbe permesso di prendere la strada per il Lago Turkana. Una volta immessi nella giusta direzione ci siamo fermati a riposare qualche minuto, e a scattare qualche foto che finalmente non sarebbero risultate mosse!
Dopo la meritata e ristoratrice sosta siamo ripartiti verso la nostra meta.
Ma questa è un’altra storia… per oggi il nostro viaggio finisce qui!
Grazie a tutti perché il ripercorrere con voi questo Safari mi fa tornare alla mente tantissimi particolari che mi sarebbe dispiaciuto dimenticare.
Un abbraccio buona serata
Lilly
Cara Lilly,
grazie per il piacevole articolo, apprezzo molto le belle immagini, attendo
“l’arrivo alla meta.”
Un caro saluto a tutta la bella compagnia a quest’ora voi dormirete già !
Un grazie a Simone davvero è stato la vostra -guida sicura- nel percorrere quegli interminabili chilometri
Ciao notte serena a tutti anna
Grazie a lei per il sostegno e per le belle parole che ci dedica, la terza parte arriverà presto, abbiamo deciso di non pubblicare giornalmente il viaggio per farvi assaporare ancora di più le nostre emozioni. Un caro abbraccio buona serata
Bello Lilli, mi piace! brava!grandi emozioni, belle sensazioni…forse x’ sento la tua voce che racconta di questo viaggio mi sento molto coinvolta…sento la tua risatina e il tono della tua voce che cambia quando sei seria…come se fossi qui.
Ti bacio
Lo
Grazie Lo, sono contenta che ti piace! Un bacio
Ciao Lilly,
grazie per il tuo bellissimo e dettagliato racconto e per le bellissime foto, complimenti e saluti a tutti voi, Mary
Grazie, gran parte del merito è delle foto che sanno più di mille parole descrivere quest’avventura. Ricambiamo i saluti a presto
noi ti mandiamo solo un grande bacio ma e pa sei la nostra scricciola
E io lo prendo volentieri… baci
Ragazzi siete meravigliosi. Non so cosa avrei dato per essere li con voi. Capisco le vostre difficoltà per ciò che avete incontrato nel vostro viaggio verso la meta. Complimenti per il riassunto mi state emozionando. Bravi, bravi, bravi. Bravissima Lilli dal tuo futuro suocero.
Come le ho detto sarebbe un viaggio per lei, la prossima volta se ci sarà occasione andiamo, ma non so se poi avrà tanta voglia di tornare indietro! Grazie per la comprensione e il continuo sostegno a presto un abbraccio