At rejse er at leve – Viaggiare è vivere

At rejse er at leve – Viaggiare è vivere

L’altro giorno sono stata a Firenze a trovare la mia classe danese, che era là in gita: è stato stupendo, dopo dieci minuti era come se non fossi mai partita. Il prof di musica mi ha promesso che mi manda delle note via mail, così mi esercito e a fine gennaio posso andare a suonare nell’orchestra – come l’anno scorso – per la loro “Festa di Maturità”, la festa tradizionale di ogni scuola danese. E’ rassicurante sapere di poter tornare, sapere che tanta gente mi aspetta.

Io mi sono innamorata della Danimarca, a poco a poco, l’anno scorso: in Danimarca ho imparato che bisogna darsi tempo, nelle cose; all’inizio ho odiato la cultura danese, poi l’ho capita e adesso non smetterò mai di ammirarla, per la loro attenzione all’equità tra i cittadini (ne sono molto orgogliosi), la loro sensibilità verso i problemi sociali e ambientali, il loro sistema scolastico, così rilassato e insieme serio, dove la scuola insegna a riflettere su quello che sta succedendo nel mondo, discutendone. Amo la loro ignoranza in fatto di vestiti di marca, il loro andare in bicicletta sotto la tempesta (non fa freddo, sei tu che non sei vestito abbastanza!!).

Avevo una grande famiglia in Danimarca, una nonna che – come ogni nonna che si rispetti – si preoccupava che non mangiassi abbastanza, un papà che mi prendeva in giro perennemente e si lamentava quando suonavo l’oboe nella stalla di fianco a casa, dicendo che secondo lui era dannoso per le mucche suonavo troppo male! – e mi faceva morire dal ridere; una mamma che amava stare a chiacchierare davanti a un falò sulla spiaggia, e allora stavamo lì tutti insieme a mangiare le torte di mia sorella, parlando.

Ci sono stati anche momenti difficili, quando non capivo niente né del Danese né dei Danesi, perché si comportavano come si comportavano, perché tutto quello che facevo sembrava fosse sbagliato. Ho fatto fatica a stringere amicizie, all’inizio, perché i Danesi ci mettono del tempo per aprirsi alle persone nuove, ma quando ripenso alla mia partenza, alla festa a sorpresa che la mia classe aveva organizzato, o a come si erano preoccupati perchè io passassi un bel diciottesimo compleanno, o forse alle cose ancora più banali, alle serate passate a guardare un film, alle feste della scuola, ai concerti con la classe di musica…mi rendo conto che per i Danesi, come per noi, l’amicizia ha un valore altissimo, e i miei amici danesi mi mancano.

Forse, più di tutto, mi manca l’intensità con cui vivevo ogni giorno, il fatto che frasi o gesti a cui qui nemmeno farei caso mi facessero stare malissimo, oppure, al contrario, mi rendessero felicissima: non c’erano molte vie di mezzo. E adesso, quando ho paura o sono agitata per qualcosa, ripenso alla Danimarca e mi tranquillizzo subito: lì sì che qualche volta ho pensato sul serio “non ce la farò mai”, e invece non è vero, si riesce sempre a fare quello che si vuole davvero.

H.C. Andersen, altro grande orgoglio danese, diceva: “At rejse er at leve”: viaggiare è vivere. E’ vero. E’ vivere insieme agli altri, sforzarsi di capire senza presunzione come funzionano ambienti nuovi, diventare più attenti e rispettosi: quando ci si sente ‘diversi’ una volta, si starà attenti a usare il vocabolo ‘diverso’, si cercherà di capire invece che etichettare.

E poi il Natale danese vale la pena di essere vissuto, con il buio e le candele e le danze intorno all’albero e la hygge, l’atmosfera calda e accogliente, per loro fondamentale, stupenda nei lunghi mesi invernali.

Erica, con Intercultura in Danimarca, 2006-07

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