La Cina che ho scoperto, tra rigore militare e affetto famigliare

Giorgia Davidivic, da Albavilla (CO), sta trascorrendo l’anno scolastico in Cina. Ha recenetemente vissuto la singolare esperienza di partecipare con i suoi compagni di classe ad un campo di addestramento militare. Nonostante le difficoltà di un’esperienza per lei singolare, ha saputo trarre alcuni importanti e non scontati insegnamenti sulla cultura cinese.

 

Prima di venire in Cina mi ero ripromessa di non tirarmi mai indietro e di cogliere ogni possibilità che potesse arricchire la mia esperienza. Fino ad ora sono stati diversi i casi in cui mi è capitato di lasciarmi andare, provando cibi strani, adattandomi alle abitudini cinesi e cercando di entrare nella loro mentalità per capire cose che, per noi occidentali, potrebbero sembrare inconcepibili.

Tuttavia, una volta avanzata da parte della professoressa la proposta di partire per una settimana di addestramento militare con i miei compagni di classe e le altre classi del gaoyi (primo anno), devo ammettere di aver seriamente riflettuto sulla promessa fatta a me stessa.

Nonostante questa prima esitazione, però, la mia auto-manipolazione è entrata in funzione, e non mi ci è voluto molto per convincermi del fatto che sarebbe stato un vero peccato perdere un’occasione del genere.

Il ritrovo per partire al campo era previsto per le 7:00 a scuola. Al mio arrivo tutti i miei compagni erano esaltati per il fatto che sarei partita con loro e che, di conseguenza, avremmo potuto passare più tempo insieme. Come in ogni occasione, i cinesi non mancano di entusiasmo che sanno trasmettere con estrema facilità.
Una volta giunti a destinazione, ci hanno velocemente assegnato le camere, ognuna delle quali era provvista di 5 letti a castello e un bagno.

Ad ogni modo, dopo questa prima sorpresa di benvenuto, abbiamo subito dovuto indossare le divise militari, per poi correre davanti all’edificio principale, dove si sarebbe tenuta una seconda cerimonia di apertura, questa volta un po’ più lunga. Ripensando a tutti i problemi che sorgono nel tentativo di organizzare le assemblee di istituto quando sono in Italia, mi riempio di ammirazione nel vedere come i cinesi riescano a far sistemare ordinatamente seduti su degli sgabellini alti una ventina di centimetri 500 studenti divisi per classe, sesso e in ordine d’altezza nel giro di un paio di minuti.

Ad ogni classe è stato assegnato un soldato-istruttore, il quale si sarebbe occupato della preparazione pratica e dell’allenamento quotidiano. Il nostro istruttore si chiamava Qizi Guo ed era vagamente simile a Gas-Gas di Cenerentola. Al primo impatto mi era sembrato eccessivamente severo, ma nei momenti di pausa era il primo a scherzare e a proporre gare di canto. L’allenamento era molto ripetitivo e faticoso, e ogni giorno era ben scandito secondo una precisa organizzazione. Ma, al di là della fatica che ha reso il tutto un po’ pesante, credo di aver capito più cose sulla Cina in questa settimana che negli ultimi tre mesi.

Ciò che più di tutto mi ha colpito è stato il rapporto tra professori e alunni, ma anche tra soldati e alunni. Nei momenti di serietà sanno davvero essere duri, ma nei momenti informali sanno essere amichevoli e complici,disponibili e veramente interessati alla salute, alla sicurezza e alla felicità degli alunni.
E tutto quel varco di formalità che sembra esserci durante i momenti di serietà, viene colmato in un batter d’occhio non appena se ne ha l’occasione.
A tal proposito, ci tengo a raccontare un episodio. Il 16 novembre era il compleanno di una mia compagna di classe, quella con cui ho legato di più. Dopo cena, Huang Hui, (nome della ragazza) mi ha detto che si sentiva un po’ giù di morale perché solo pochissime persone oltre me si erano ricordate del suo compleanno.
Durante la cerimonia serale hanno proiettato un video sulla famiglia in cui delle foto dei ragazzi con i loro genitori venivano fatte scorrere accompagnate da una musica malinconica e strappalacrime… i cinesi sanno essere molto melodrammatici in questo tipo di cose! Al termine del video un professore ha chiamato al bancone una decina di ragazzi dicendo che nelle lettere per i genitori avevano scritto informazioni che non potevano uscire dalla caserma e che, quindi, sarebbero stati puniti. La povera Huang Hui faceva parte di questi ragazzi e tutti noi eravamo dispiaciuti perché sapevamo che era il suo compleanno e che quello non era sicuramente il modo migliore per festeggiare.
Ad un certo punto, un soldato chiede silenzio, si spengono i lampioni, parte la musica e, dal lato destro dell’edificio,  ecco che arriva il padre di Huang Hui insieme ai padri degli altri ragazzi, ognuno con un’enorme torta a tre piani e una cassetta piena di mele e mandarini. Dagli sgabelli parte il coro di “zhu ni shengri kui le”, tanti auguri a te) e la ragazza, emozionatissima, scoppia in un commovente pianto di gioia.

Subito, la torta viene portata davanti al gruppo della nostra classe e Huang Hui si appresta a tagliarla, dando a me la prima fetta. Dopo aver distribuito con il solito ordine ogni fetta, ecco che tutto il rigore e la serietà cinese si trasforma improvvisamente in una tipica scena da film, in cui pezzi di torta, panna montata e frutta iniziano a volare da una parte all’altra del piazzale, accompagnati da urla, risate e vari cori di auguri. Negli schieramenti dei lanciatori di torta, a mia grande sorpresa, erano coinvolti anche professori e soldati, il cui viso era ricoperto di crema e praline e il cui sorriso ricordava tanto quello dei bambini che si rotolano nelle vasche di palline colorate che ci sono in alcuni Mc Donald’s.
E’ stato davvero sorprendente vedere come, dietro alla loro espressione rigida e severa, possa nascondersi anche questo lato amichevole e complice, nonostante il quale riuscivano comunque a mantenere il solito rispetto da parte di tutti gli alunni.
Il giorno dopo, ossia l’ultima mattina del campo militare, c’è stata l’ennesima cerimonia alla quale, questa volta, hanno potuto assistere anche i genitori. Durante questa cerimonia, ogni classe ha mostrato i risultati di una settimana di intenso allenamento e, una schiera di professori e soldati nei panni di giudici, ha collaborato per stilare una classifica delle nostre performance. Al termine della cerimonia è stato annunciato il verdetto e, con grande soddisfazione per alunni, soldati e professori, la mia classe ha conquistato il primo posto. Tutti i miei compagni erano davvero felici e pure io mi sono sentita particolarmente coinvolta ed emozionata.
In più – altra grande sorpresa che non perderò l’occasione di sottolineare ripetutamente a mia mamma, una volta tornata in Italia – ho vinto il premio per il “letto più ordinato” del junxun. Insomma, un grande carico di soddisfazione e felicità. In quel momento mi sono proprio sentita felice: felice per i risultati e per l’esperienza del campo militare, felice di non essermi tirata indietro e, soprattutto, felice di essere in Cina e di capire davvero cosa significa vivere a contatto una cultura così strana e complicata.

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