Orientamento e dintorni

Qualche settimana fa si è concluso il cosiddetto “tempo dell’orientamento“.
Tutte le scuole, di ogni ordine e grado, si sono attrezzate per l’Evento (una vera e propria Epifania): open day e open night, Orientatori sguinzagliati in giro per la provincia a propagandare la bontà del proprio prodotto.
Come insegnante e come genitore, negli anni, ho visto, di volta in volta, scuole pulitissime che manco Mastro Lindo, ragazzi e ragazze interni con divise elegantissime o t-shirt fantasiose, insegnanti sorridenti e disponibili, Dirigenti rassicuranti come quei timonieri che conoscono tutte le rotte. Dei veri boschi incantati: ragazzi e genitori vi sciamano dall’uno all’altro come tanti Cappuccetto Rosso che sperano di non incontrare nessun lupo cattivo.

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Chiedo scusa a tutti ma, a volte, in preda ad una vis esageranda più che un indirizzo pedagogico, culturale e formativo l’impressione è quella di una vera e propria campagna di marketing. Se non siamo al livello che “il mio detersivo lava più bianco del tuo”, in qualche contesto poco ci è mancato.Poi capita che in taluni casi, come testimoniato anche da Varese news, le scelte delle famiglie vengono rimesse in discussione nel momento in cui la scuola “privilegiata” dichiara di non avere gli spazi disponibili per accogliere tutti i nuovi iscritti.

E allora? Tutto il battage dell’orientamento è stato inutile? Che succederà ai ragazzi che resteranno fuori (letteralmente)? Saranno ri-orientati in funzione delle aule disponibili?
Però la faccenda che mi ha veramente colpito è un’altra. Alcuni Istituti hanno avuto l’idea di sottoporre agli aspiranti iscritti un bel test d’ingresso perché: “così da noi arriveranno solo i più bravi”.
E grazie tante! A parte il fatto che questo modo di fare elude il principio costituzionale del diritto allo studio, con esso viene meno la stessa funzione della Scuola. Gli insegnanti appena attenti sanno che c’è una linea immaginaria che separa gli studenti che hanno ottimali pre-requisiti di base, dovuti all’ambiente familiare ed alla realtà culturale in cui sono inseriti, da tutti gli “altri”. Una scuola degna di tale nome non prende atto e ratifica gli handicap alla partenza ma si adopera affinché anche gli “altri” oltrepassino la “linea”.

Come? Motivandoli, insegnando che lo studio ed il sapere non sono roba da sfigati, aiutandoli nelle difficoltà, istruendoli ed abituarli alla bellezza; far passar loro il “confine” a costo di prenderli in braccio.Superare una volta per tutte la statistica secondo cui in Italia, di tutti i bambini che ogni anno si iscrivono in prima elementare, arriverà alla laurea solo l’8 % dei figli di genitori non laureati o diplomati.
Se qualcuno ancora non ha compreso, sto parlando della Scuola che teneva in testa don Milani: basta con le differenze tra i Gianni ed i Pierini.

don milaniE’ così che si gettano fondamenta solide per costruire Paesi civili.