IL TABLET

Come ogni anno, in questo periodo, nelle Scuole si svolgono le Riunioni per Materie (qualche Dirigente ama, vezzosamente, definirle di  Dipartimento) e subito dopo i Consigli di Classe per deliberare l’adozione dei libri di testo per il prossimo anno scolastico. Le scelte sono anticipate dal via vai dei Rappresentanti delle Case Editrici che, puntualmente, propongono le novità.

La scelta dei libri è, giustamente, vincolata dal non superare il budget di spesa per alunno prefissato per legge  ed inoltre, per ovvi motivi, sono vietate nuove adozioni “a raffica”.

E allora tutti a scrivere con esattezza Autori, Titoli, Editori, Prezzi, Codici e nel caso di nuove adozioni le relazioni giustificative.

Ultimamentetablet, però, il vero oggetto di discussione è in altro. Si chiama TABLET.

Uno strumento elettronico che nell’intenzione di molti Insegnanti e Dirigenti dovrebbe sostituire in toto il libro di testo.

I favorevoli sono dell’idea che una sola TAVOLETTA, racchiudendo in sé più libri di testo, rappresenti un indubbio risparmio per le famiglie oltre che l’abbattimento pressoché totale del peso degli zaini.

Questo è vero ma, è vero anche che, in caso di guasto o di cattivo funzionamento, il problema ha una sola soluzione: ricomprarlo. E non costa poco. Infatti si sta facendo strada la proposta di affiancarlo al testo cartaceo per mettere gli studenti al riparo dai guasti ed anche per dar loro modo di approfondire gli argomenti laddove si rende necessario. A parte che in questo modo il risparmio si volatilizza io mi soffermerei sul LADDOVE.

Resto convinto che il circuito dell’apprendimento debba ruotare intorno a perni insostituibili: lettura / spiegazione, analisi / approfondimento, contestualizzazione / comparazione, sintesi / elaborazione.

Sicuramente il Tablet è un’opportunità però, mi auguro che se ne faccia USO e non ABUSO perché in questo caso sarebbe un fattore negativo se nel processo di apprendimento diventasse un fine  e non un mezzo; non più un supporto ma il perimetro entro cui verrebbe ad essere vanificato il rapporto maestro-alunno. Se tutto è già scritto “Lì” a cosa serve Ripetizionil’insegnante?

Mancherebbe la “logica del sarto”, di colui che, dopo aver concorso a scegliere la stoffa, prende le misure e poi taglia e cuce per confezionare abiti su misura.

Oggi i ragazzi arrivano alle Superiori con un bagaglio di “manualità tastieristica” veramente notevole; una velocità di scrittura che a volte (e non solo a volte) è inversamente proporzionale non sola alla capacità di rielaborazione ma, addirittura, all’uso stesso delle parole: il lessico è scarnificato e risulta difficoltoso mettere insieme le parole necessarie per esprimere concetti ben articolati per una decina di minuti.

E a questi ragazzi, cresciuti con la sola cultura delle immagini pre-confezionate cosa offriamo coi Tablet se non stiamo ben attenti all’uso?

SLIDE! Schemi da ingoiare senza masticare, con buona pace dell’assimilazione. Ben vengano i nuovi strumenti che la tecnologia ci mette a disposizione; attenzione però a non farne dei totem; personalmente resto convinto che by-passare il rapporto maestro-allievo sia un modo improprio di fare Scuola. La PEDAGOGIA, quella che non corre dietro alle novità “a prescindere”, privilegia il Sapere Consapevole che si acquisisce un_particolare_del_pensatore_di_rodinmediante la Riflessione, non certo sulla digitalizzazione veloce sulla tastiera. Non  siamo mica nel Vecchio West dove bisognava estrarre velocemente la colt per sparare per primo.

A Scuola si studia, innanzitutto per diventare CITTADINI. Quelli che  domani esprimeranno visioni del mondo magari diverse tra loro ma, in grado di potersi e di sapersi confrontare civilmente per operare scelte condivise mediante il csimpson_filosofia1ircuito della DIALETTICA. E qui le slide servono a ben poco.

Se negli USA alcuni pedagogisti stanno mettendo in discussione l’uso esagerato del Sapere Elettronico, un motivo ci sarà.

Per  concludere, mi permetto di consigliare la rilettura del bel libro di Ray Bradbury: FAHRENHEIT 451 e nel contempo confesso, spudoratamente, che mi piace l’odore della carta stampata.

 

Gianni Barba