
God save the Greeninserito il 21/9/2010 alle 14:51
Malgrado le critiche rivolte a chi, per rango e doveri istituzionali, produce una
“impronta ecologica” (cioè la quantità di CO2 prodotta dal proprio stile di vita) cento volte superiore a qualsiasi soggetto di Sua Maestà Britannica (secondo il Daily Mail), l’iniziativa ha raccolto il consenso generale, con la partecipazione spontanea e l’appoggio di noti difensori della “greenitudine” come la stilista Vivianne Westwood ed il cantante Rolf Harris. In effetti, oltre al lato educativo e informativo, questo garden party era l’occasione- invero impedibile - per visitare, con sole 15 sterline (poco meno di 30€), gli storici, meravigliosi giardini di queste tre splendide residenze reali normalmente inaccessibili ai comuni mortali.Come si suol dire…tutto fa brodo, anche il sangue blu per la linfa verde del nostro pianeta. Commenti dei lettori: scrivi un commento
Come ti cucino il gambero invasore!inserito il 25/8/2010 alle 16:17
Ecco il modo più semplice, e forse più gustoso, per avvicinarsi a questa prelibatezza gastronomica:
Si abbia una mezza dozzina di gamberi per ogni commensale, ben puliti ma non sgusciati. In una capiente padella, far languire a fuoco basso e in olio d’oliva una onesta quantità di scalogno finemente affettato. Si uniscano i gamberi e, alzando il fuoco, si fiammeggino senza timore con un buon bicchiere di brandy. A questo punto si aggiusti di sale e pepe, e si aggiungano due pomodori, o più acciocché la bagna non manchi, molto maturi e possibilmente appena raccolti dall’orto, tagliuzzati grossolanamente. Si concluda con una bustina di zafferano, e si lasci sobbollire per qualche minuto. Prima di servire caldissimo, guarnire con una generosa manciata di prezzemolo tritato, ché tanto ci sta e garba all’occhio.Così com’è pescato esclusivamente con le mani, questo gambero va degustato con l’ausilio delle sole dita. Prevedere abbondante pane tostato per l’inevitabile, irresistibile scarpetta. Commenti dei lettori: 5 commenti
Sul sugo una grattata di Marsigliainserito il 14/7/2010 alle 11:18
Spodestato progressivamente dalla metà del ventesimo secolo dai pratici detersivi liquidi in nome della modernità, il buon vecchio mattoncino verdognolo di sapone di Marsiglia conosce una nuova vita grazie all’insperata popolarità regalata dal marketing, sempre alla ricerca di novità, con un occhio di riguardo alle tradizioni delle nostre nonne. Ma le mode pubblicitarie, si sa, hanno vita breve. Come si presenta il futuro del verde marsigliese? Il sapone “di Marsiglia” è chiamato col nome della città provenzale proprio perché in Provenza, nella metà del sedicesimo secolo, nacque la fiorente industria del sapone grazie alla diffusa presenza dei suoi ingredienti principali, l’olio d’oliva - ben il 72% - il sale e la cenere di salicornia, abbondanti nella Camargue. Più tardi l’aggiunta di altri ingredienti provenienti dalle colonie francesi, sempre reperibili grazie ai traffici del porto di Marsiglia, quali l’olio di palma e di copra (derivato dalla polpa di cocco essiccata) hanno dato al sapone di Marsiglia la sua composizione definitiva. Ad oggi il metodo di produzione rimane invariato. Per il sapone bianco si usa, invece dell’olio d’oliva, l’olio di arachidi. Agli ingredienti naturali viene oggi aggiunta la soda, in sostituzione della cenere di salicornia che ne contiene in abbondanza, per il procedimento di saponificazione. Poi il passaggio negli stampi, ed infine il taglio in cubi di 600 grammi con il marchio del saponificio. Proprio in questo procedimento, che non prevede alcun test su animali e produce un sapone biodegradabile al 98% oltre a non provocare alcun tipo di allergia, potrebbe celarsi il segreto della la sua salvezza. La sempre maggiore attenzione dei consumatori ai temi della salvaguardia del pianeta spiega la sempre crescente popolarità dei detersivi naturali e fai-da-te. In Francia, patria del sapone di Marsiglia, sono numerosi coloro che si fabbricano in casa un detersivo a base di Marsiglia adatto all’uso in lavatrice. Ecco una sintesi delle molte ricette che questi eco-lavandai si scambiano in internet: ci si procuri un pezzo di autentico sapone di Marsiglia, a questo proposito c’è da dire che il nome si riferisce al procedimento e non alla provenienza, quindi il Marsiglia autentico si produce benissimo anche in Italia. Si scaldi un litro d’acqua e vi si sciolga circa 50g di sapone grattugiato. A questo punto si può aggiungere qualche goccia di olii essenziali, ad esempio lavanda, per dare un profumo gradevole al bucato. Un po’ di percarbonato di sodio per un ulteriore effetto sbiancante e il gioco è fatto. Si può ora usare come un normale detersivo liquido. Indubbio l’effetto benefico sull’ambiente, ma anche sul portafoglio, se si considera che un panetto di 600g di sapone di Marsiglia costa intorno ai 4.00 euro. Naturalmente ogni eventuale danno alle tubature di casa o alla lavatrice derivante dagli esperimenti saponari rimane a rischio e pericolo dell’apprendista alchimista del cestello! Come direbbero a Marsiglia, c’est la vie, ma rimane il brivido del pioniere della centrifuga. Commenti dei lettori: scrivi un commento
Bluestenibile alla varesinainserito il 22/6/2010 alle 11:51
Commenti dei lettori: scrivi un commento
Ecco il Vuvuzela Cocktail, fresco “insubrafricano” quasi sostenibileinserito il 15/6/2010 alle 11:24
Si procede come per un classico Bellini, frullando quindi le pesche con qualche cubetto di ghiaccio. Per chi dispone di un frullatore Artisan KitchenAid si sceglierà Parlando di impatto ambientale, alcuni scienziati hanno calcolato che l’intero evento “mondiali” produrrà 2.8 milioni di tonnellate di CO2, l’equivalente di un miliardo di cheeseburger, tra i viaggi delle delegazioni e dei tifosi, gli alberghi, le trasferte e quant’altro. Se però si suddividono queste emissioni per ognuno dei 93 milioni stimati di telespettatori che, senza muoversi da casa, guarderanno le partite sul proprio televisore, si arriva ad un più accettabile conto individuale di 230g di CO2 per ciascuna delle 64 partite, l’equivalente di un paio di cappuccini. A questo punto occorre smaltire il famoso milione di cheeseburger: niente di meglio di una sana pedalata, pensiamo noi. Ma quanto CO2 produce un miglio percorso in bicicletta? Sempre gli stessi scienziati hanno calcolato anche questo, e il risultato è sorprendente poiché può variare enormemente a seconda di cosa ha fornito al ciclista l’energia per pedalare. Se l’energia necessaria, in media 50 calorie, è stata acquisita ingurgitando i famigerati cheeseburger il conto è di 260g di CO2, mentre se l’emulo di Basso si è rifocillato a banane si scende a 65g! Certo le banane crescono dall’altra parte del pianeta, ma la loro coltivazione ha un impatto minimo sull’ambiente, non necessitano di packaging – hanno già il loro naturale in dotazione – ed il loro trasporto avviene a mezzo nave, uno dei più ecologici. All’altro estremo gli ortaggi fuori stagione trasportati per via aerea, che fanno salire il conto carbonio a ben 2.8 kg! Più inquinante di un mega SUV sulla stessa distanza! Meglio stare stravaccati sul divano a mangiar banane, magari sorseggiando un fresco Vuvuzela Cocktail. E già che ci siamo potremmo chiedere al cargo di banane di dare un passaggio al nostro spumante sudafricano, tanto per abbassare i livelli di quel vigliacco di CO2. Buona degustazione, e forza Italia!! Commenti dei lettori: scrivi un commento
|
Archivi:
Ultimi post:
(24/5/2010 - 11:23)
(3/5/2010 - 16:03)
(1/4/2010 - 16:11)
(25/2/2010 - 11:31)
(23/2/2010 - 15:28)
(16/12/2009 - 14:18)
(20/11/2009 - 14:41)
(18/11/2009 - 10:32)
(20/8/2009 - 10:14)
(28/7/2009 - 14:53)
|