Germania Vs. Italia

Scendo le scale di casa ed apro il pesante portone di legno massello riportante il numero 16.
Svolto a sinistra e passeggio frastornato lungo Rykestraße. Un pallido sole berlinese mi scalda l’animo e mi illumina i pensieri dopo ore grigie passate cercando di capire cosa stia succedendo in Italia in questi giorni.

Camminando sul lato destro della strada, con la torre dell’acqua in fronte a smorzare una fortissima luce, arrivo fino ad un imponente sistema di gabbie e cancelli.

Una macchina della polizia tedesca presidia solenne e orgogliosa.

Dentro ad una parete in mattoni a vista si trova un centro ebraico.
Non so se ci si preghi, se ci si studi la Torah o se semplicemente si cerchi di mantenere viva la presenza ebraica in una città che di tutto ha fatto, nel suo passato, per cancellarla dalla faccia della terra.

Ma quei cancelli alti fino al cielo e quella macchina così autoritaria sono il simbolo della nuova Germania.

Rappresentano la ferma volontà di ribadire che lo Stato, e la sua legge, oggi esistono e sono forti ed intoccabili.
Rappresentano l’ammissione di colpa per un passato in cui sono stati fatti errori, errori così grandi che a raccontarli a parole sembra quasi di sminuirli.
Ma la presenza dello Stato fuori da quel cancello significa anche che ora, oggi, nel nostro presente, niente di tutto ciò può tornare.
Il nazismo prima e la DDR dopo sono morti. Spariti per sempre.
Il muro è caduto e con la sua caduta è iniziato il futuro.

La democrazia alla fine ha vinto.

In Italia, invece, un Cavaliere autoproclamatosi Re, parlava oggi dal suo trono.
Accusava l’opposizione di essere comunista. Accusava la magistratura di tramare contro di lui. Mistificava la realtà raccontando menzogne con una stampa di regime che faceva il proprio sporco lavoro chiedendo poco e mormorando ancora meno.

Poi un uomo, dal nulla, ha iniziato ad avere qualcosa da ridire.
E anche in Italia, lo Stato ha dimostrato di essere presente.
E lo ha dimostrato non con un semplice operaio della pubblica sicurezza, ma con il suo capo in persona, il “Ministro della Difesa”, che, forse in un attimo di nostalgia per il proprio passato, ha pensato che la democrazia si realizzi davvero quando solo gli amici del capo possano aprire bocca.
Un bel flash-back agli anni ’20. Quando chi dissentiva andava in “vacanza al confino” e non di certo alle conferenze stampa.

E purtroppo questa è l’Italia. Un’Italia da voltastomaco. Un’Italia senza più dignità.

Un’Italia in cui, a suon di caroselli, grandi fratelli e mignotte a Studio Aperto, i cittadini della Repubblica non si sono nemmeno accorti che c’è in atto un colpo di stato e che, nel 2010, in Italia come in Iran, “alcuni animali sono più uguali degli altri”.

Ecosostenibilità

Rileggo con un sorriso stretto tra i denti due notizie che hanno recentemente scosso l’opinione pubblica varesina.

La prima, quella forse più seria, è il problema dell’inquinamento. L’aria diventa di anno in anno più irrespirabile. Malpensa e un traffico sempre più frenetico e caotico stanno rubando ossigeno ai miei concittadini.
In alcune città propongono blocchi del traffico dall’impatto mediatico altissimo e ambientale pari a zero.

Ma, purtroppo, gli anni passano e nuove linee ferroviarie non se ne vedono. I mezzi pubblici continuano la loro politica del “solo linee diurne”, non capendo che fornire il servizio notturno non significa solo meno patenti ritirate e meno incidenti, ma anche un incentivo a vivere senza auto.
E chissà, se solo a Varese si avesse il coraggio di provarci, si scoprirebbe che si vive anche meglio.
Non parliamo poi di piste ciclabili.

La seconda notizia che mi ha allietato una fredda giornata berlinese è stata l’alzata di forche contro i manifesti pubblicitari di un night club ticinese. Uno di quelli in cui i nostri amici, fratelli e padri varesini pagano per fare sesso, tanto per intenderci.
Si alzano i tappeti e si nasconde sotto la polvere.

A Berlino invece la prostituzione è legale e regolamentata.
Questo, in una società tollerante e intelligente, provoca meno sfruttamento e tasse regolarmente pagate in base ai propri guadagni.
E a dimostrazione di come l’anti-proibizionismo paghi, leggo qui che le prostitute effettuano sconti del 5% per tutti quei clienti che si presentino con le chiavi del lucchetto del catenaccio in mano o, con l’abbonamento o il biglietto del bus.
Una specie di incentivo ambientale. Da città moderna.

La città che potrebbe essere Varese se solo, tra un ingorgo e l’altro, si iniziasse a pensare al futuro invece di chiudersi sempre nel proprio passato.

Una brave riflessione sulla mia fuga dall’Italia

Gli ultimi giorni della mia vita li ho passati svegliandomi in un letto che non è mio, in una stanza che condivido con un ragazzo che è nella mia stessa situazione labile, fragile e precaria e in una città che dista più di mille chilometri da casa.
Una città in cui si parla una lingua ostile ed avversa, una città perennemente coperta da uno strato di ghiaccio odioso e invincibile e una città in cui le persone che conosco si contano sulle dita di una mano.

Ogni singolo giorno mi sveglio e guardandomi allo specchio mi chiedo cosa ci faccia qui. Cosa stia cercando.
Cosa mai potrei trovare di meglio a Berlino rispetto al piccolo paese da cui provengo.
Perchè abbia dovuto lasciare tutto per sentirmi felice con me stesso.

Poi, in un momento di nostalgia, decido di dare un’occhiata al sito di VareseNews per scoprire cosa stia succedendo a casa.
E proprio su questo sito così familiare leggo che un ragazzo che personalmente non conosco, ma la cui fama lo precede, oltre ad avere un lavoro pagato dodici-e-dico-dodici mila euro al mese, adesso sarà anche candidato per non so quale elezione in non so quale circoscrizione.
Con la strada bella spianata verso un futuro già scritto.

Ed è proprio per questo che, esule dall’Italia, ogni mattina mi sveglio felice.
Sapendo che il letto in cui dormo non sarà mai mio, ma nessuno me lo ruberà solo perchè figlio del politico di turno.

Eccomi qui

Lunedì 1 febbraio 2010.

Sveglia alle 6:00, check-in a Milano Malpensa alle 7:15 e imbarco in direzione Berlino.
Si atterra e sembra di essere in Siberia. Ghiaccio e neve ovunque.
Una spesa veloce.
Distrutto dai festeggiamenti per la partenza “in cerca di fortuna” crollo sul divano alle 11:00 di sera.

Martedì 2 febbraio

Primo giorno passato.
Abito con altri due ragazzi italiani in un appartamentino su due piani.
Uno dei miei coinquilini ha un cane. Un incrocio tra un pitbull e un dalmata. Il cane è australiano, quindi  gli si parla in inglese.
Esco a prendere una sim tedesca sperando che funzioni tutto.
Anche perchè le istruzioni, per me, sono illeggibili.
Passeggio un paio d’ore e le poche persone che si vedono in strada sono irriconoscibili. Sciarpe, baveri e cappelli a nascondere etnie, colori, origini.
Entro in un bar e ordino un Chai Latte. Chai Tea con miele, cannella e latte. Buonissimo.
Il wireless è gratuito praticamente ovunque.
La sera White Trash Fast Food. Concerto garage e birre.
Tornando a casa parte una guerra a palle di neve.
La cerniera della mia unica giacca cede.

Mercoledì 3 febbraio

Sfido le intemperie e aspetto che delle simpatiche donnine thailandesi mi riparino la giacca.
Capirci non è stato facile. Un loro conoscente al telefono ci faceva da interprete.
Per ora ho uno strato di maglioni e felpe.
Sopravviverò.

Credo che mi piacerà stare a Berlino.
Sono uno di quegli ex-studenti da 110e lode che della laurea non se ne fanno nulla.
Ma mi piace scoprire cose nuove. Andare all’avventura.
Dopo tanto tempo negli Stati Uniti e troppo tempo in provincia di Varese, eccomi a cercare fortuna in Germania.
Come i migranti di una volta.

Solo che pensare a stessi come dei migranti quando c’è EasyJet è veramente difficile.

Berlin, Rykestraße.