Sant Joan

Sant Joan (pronunciato San Giuán, stile dialetto varesino), ovvero la notte del 23 Giugno, è in Catalunya una delle notti clou dell’anno. Approfittando del fatto che il 24 è festa, si da il benvenuto all’estate con la tradizionale Verbena de Sant Joan. Le spiaggie si riempiono di migliaia di persone con le loro immancabili bottiglie di intruglio portato da casa, i bar sul mare rispolverano i set da dee-jay notturni e in molti angoli delle strade ardono i faló che si spera possano bruciare con loro le cose negative degli ultimi 12 mesi.

Il copione, perfettamente rispettato dal sottoscrittto anche quest’anno, prevede normalmente una cena in casa con gli amici, conclusa dall’immancabile Coca di Sant Joan. Nonostante il nome e quello che possiate pensare, la Coca è una torta dolce di cui esistono infinite versioni (con crema, pinoli, frutta, etc…) e la cui presenza sulla tavola é imprescindibile.

La Coca de Sant Joan

La Coca de Sant Joan

È così che si omaggia la notte più corta dell’anno, che spesso finisce alle 7 di mattina (sarà per il fatto di essere corta?) e con le spiaggie strapiene di immondizia che il servizio di nettezza urbana fa sparire in pochi minuti per rendere la zona accessibile in matttinata.

Non si può non citare l’incidente che ha fatto sì che la Verbena di quest’anno venga ricordata più di altre. In un paese poco fuori Barcellona, Casteldefells, 13 ragazzi tra i 18 e i 26 anni sono stati falciati da un treno lanciato a 140 km/h mentre attraversavano i binari del treno per andare in spiaggia a celebrare la notte con gli amici.  Tremendo.

Tre mesi di Polonia tra alluvioni, elezioni e Mondiali di calcio

Ragazzi,dopo tre mesi di permanenza qui in Polonia posso dire di averne viste davvero di tutti i colori!

Prima il Presidente Kaczyński che“decide”di morire in Russia … già“decide” perché,a quanto si evincerebbe dall’analisi della scatola nera,la voce fuori campo che ordina ai due piloti di compiere l’atterraggio nonostante le condizioni proibitive sarebbe proprio quella del compianto Presidente.

Il mese scorso,causa maltempo,mezza Polonia viene immersa dall’acqua, la Vistola sembra impazzita una quindicina di morti e ingenti danni ovunque! Il mio quartiere è rimasto diverse volte senza la corrente elettrica perché la furia delle acque ha danneggiato le centraline o,addirittura, come è successo il 23 maggio,ha divelto i pali della luce.

Un paio di settimane fa, una nuova ondata di piena fa rivivere a tutti gli abitanti lungo gli argini,il rito del riempimento e della sistemazione dei sacchi di sabbia davanti alla porta di casa. Il turbinio delle scure acque che travolge nuovamente tutto,anche se con una foga meno irruente della prima volta, lascia dietro di sé fango e acquitrini che con il caldo diventano l’habitat ideale della famigerata zanzara tigre!

Sembra veramente il susseguirsi delle sette piaghe d’Egitto!

Io personalmente abitando lontano dal fiume e oltretutto al quarto piano, non sono stata colpita dalle inondazioni, ma la mia personale”piaga” è arrivata con l’inizio dei Mondiali di calcio.

I miei colleghi, frustrati dal fatto che la squadra biancorossa non sia nemmeno riuscita a qualificarsi, monitorano costantemente  la gli italiani e i commenti piovono impietosi su di me che ho serie difficoltà ad accettare critiche da parte di chi ha perso 6 a 0 con la Spagna in un’amichevole … così partono le litigate da “bar sport”anche se meno vivaci e colorite rispetto agli italici dibattiti!

L’aspetto più doloroso di tutta la situazione,però, non è dover arrampicarsi sugli specchi per trovare spiegazioni in merito ai due pareggi risicati, non è vedere i tuoi amici tifare contro la squadra del tuo Paese e nemmeno accorgersi di aver speso una fortuna per comprare un cocomero gigante dal sapore disgustoso e quindi impossibile da offrire agli ospiti accorsi ,più che per vedere con te la partita, per vedere “l’italiana” che impreca davanti alla tv (pare che sia una vera attrazione). Il dolore più intenso in assoluto è dato dal fatto di non poter seguire la telecronaca in italiano poiché rai International non la trasmette e il sito rai.it non permette di vedere le trasmissioni in diretta fuori dal territorio nazionale. Ciò significa 90 minuti di commenti negativi,critiche e descrizioni fredde e distaccate dell’accaduto! Mai avrei pensato di dirlo,ma mi manca Caressa!

Nel frattempo,fra un sacchetto di sabbia e una litigata per un fuorigioco evidente, siamo arrivati a domenica 20 giugno,giorno stabilito per le elezioni anticipate del nuovo Presidente polacco.

Il clima politico è completamente diverso rispetto a quello italiano:niente accuse infamanti,niente “colpi bassi” fra i candidati e,soprattutto,dibattiti elettorali ordinati e senza insulti o tafferugli in studio. I candidati siedono ordinati e serissimi davanti alle telecamere,uno accanto all’altro,alle domande del moderatore rispondono in maniera pacata e professionale,rispettando i tempi a loro disposizione. Devo ammetterlo,abituata alla  nostra politica, tutto mi sembrava irreale e stranamente tranquillo.

I cittadini dovevano scegliere fra una decina di candidati tra i quali i favoriti erano tre:

Bronisław Komorowski, attuale Presidente del Parlamento (letteralmente Maresciallo del Sejm)e pertanto reggente della carica presidenziale in questo periodo.Uomo dall’avventurosa e interessante vita politica,esponente del Partito democristiano “Piattaforma Civica”, viene spalleggiato dal leggendario Lech Wałęsa,sì proprio il coraggioso elettricista di Danzica che osò sfidare, su finire degli anni ’70, il Regime Comunista.

Jarosław Kaczyński,ex Primo Ministro nonché fratello gemello del defunto Presidente. Anch’egli inizia la sua carriera politica in Solidarność,  fino a diventare,sempre con il fratello Lech, Segretario di Stato durante il governo Wałęsa. A seguito di forti dissapori con quest’ultimo (i gemelli lo accusano non solo di estrema clemenza con gli ex comunisti,ma di essere stato a sua volta un agente segreto infiltrato da parte del governo di Mosca),i due decidono di creare il PiS,”Partito di Diritto e Giustizia”, per il quale Jaroslaw si presenta a queste elezioni.

Il movimento è caratterizzato da uno spiccato conservatorismo, un estremo patriottismo che spesso cade nel  Nazionalismo e da una forte indisposizione nei confronti dei “vicini”, antichi dominatori, Russia e Germania. A mio parere l’intera sua campagna elettorale è stata spesso incentrata sul pathos mosso dalla tragica morte del fratello.

Ultimo della rosa (anche in ordine di preferenze) è  Gregorz Napieralski, su di lui purtroppo non posso darvi molte informazioni, è l’esponente dell’Alleanza della Sinistra Polacca, coalizione che riunisce diversi partiti della Sinistra.

I risultati del 94% dei seggi, già questa mattina ,profilavano la situazione:l’affluenza alle urne ha superato di poco il 50%, nessuno dei candidati ha raggiunto il quorum,quindi Komorowski (leggermente in vantaggio) e Kaczyński si affronteranno direttamente al ballottaggio che si terrà il 4 luglio.

Vedremo cosa accadrà,nella speranza che le tribolazioni siano finite!

Parte 2 – World cup

Per Tokyo, e per il Giappone,  quella del mondiale è un’occasione in più per addobbare a festa centri commerciali e negozi.

Qtokyu e varie altre catene a Shibuya e Shinjuku hanno sostituito le piu’ quotidiane decorazioni a base di fiori e stelle con altre a tema calcistico a tempo record negli ultimi giorni.

A dire il vero le maggiori testate e i telegiornali hanno dedicato moltissimo dei loro spazi, in questo periodo, al passaggio del premierato dalle mani di Hatoyama a quelle del neo-eletto Kan Naoto, e non si percepisce un clamore eccessivo legato all’evento (ma questo non vuol dire che la gente non ne parli).

La principazione principale è legata al girone iniziale, che vede il Giappone impegnato con Camerun, Danimarca e Olanda, decisamente non aiutato dai sorteggi e a rischio di un’uscita di scena molto rapida.

L’altra sera, chattando con un’amica Varesina  – Per fortuna sei lì e magari non devi sorbirti tutto questo casino! – ma dimenticava che sarò “in mezzo”. La prima parte in Giappone.

Poi,in pieno effetto nostalgico di ritorno, in Italia.

Potrei quasi sentirmi a casa.

Sei italiano? Io tifo Inter. (parte 1)

Ammetto di non essere l’italiano più comune.

Del calcio non mi è mai importato nulla. O meglio, il calcio esiste su un piano diverso da quello su cui io mi sposto, e non abbiamo molte occasioni per incrociare le nostre strade. Ciascuno  prosegue seguendo il proprio tracciato abbastanza incurante dell’altro.

Con questo come postulato, ricordo che ancora stordito dalle novità (nel paese che avevo solo conosciuto sui libri fino a pochi giorni prima), suscitavano in me una sottile ilarità le richieste, abbastanza frequenti, dall’uno e dall’altro “amico” giapponese appena conosciuto.

– Italiano?!? Allora che squadra tifi? – spesso nella mia lingua. O spesso in un giapponese ostentatamente semplicistico per strapparmi una risposta con dolcezza.

– Ah, mi dispiace. Sono un italiano strano, non mi interessa il calcio. – Sgomento o espressioni divertite.

In fondo noi siamo tra le nazioni che in Capitan Tsubasa – da noi meglio noto come Holli e Benji – fanno del calcio il loro vanto e orgoglio. Ma analizzare a fondo questo punto richiederebbe una lunghissima digressione su come i giapponesi si creino spesso idee estremamente stereotipate e veicolate del mondo fuori (“estero” in giapponese si scrive con i caratteri di “paesi fuori” -dall’arcipelago giapponese, ovviamente) , cullati e viziati dalla loro informazione ansiolitica, immersi nella loro bambagia consumistica.

Per molti l’Italia è IL calcio. Soprattutto lo è stata in maniera schiacciante fino allo sviluppo avanzato del calcio autoctono dopo quello che motli hanno definito un nouvo boom dello sport in questione negli anni post-World Cup 2002.

Ma la mia mamma italiana…

Ammetto di essere spudoratamente populista in questo post, quanto meno per il popolo delle mamme.

In una delle non poche volte in cui in casa cantiamo a squarciagola il buon vecchio Guccio (Francesco Guccini per i profani), ho ritrovato una sua canzone che da molto non sentivo, “Di mamme ce ne è una sola”, e ho pensato che facesse al caso mio: a giudicare dalla mia esperienza qui, gli italiani sono un popolo di mammoni più di qualsiasi altro.

Assistendo alle telefonate attraverso skype si nota l’insofferenza del giovane italiano nei confronti delle insistenti domande della madre (un pressing a tutto campo che neanche l’Olanda di Cruyff), la più caratteristica e penso unica nel mondo è: “ma mangi? stai mangiando?”, di solito seguito da un “mi sembri dimagrito, un pò deperito”; non importa che da quando sei partito tu possa aver messo sù quei 5 o 10 chili, a lei sembra sempre che non mangi abbastanza. Ad uno straniero casualmente testimone questa telefonata appare una comica opera teatrale, con tutte le maschere della tradizione comprese.

A questa (comprensibile) insofferenza telefonica corrisponde però una celata nostalgia della tua mamma italiana. Potrebbe essere forse solo la mancanza della sua cucina o della sicurezza che quando torni a casa ci sia un semplice ma al contempo ricco piatto di pasta ad aspettarti, che comunque è già di per sè un motivo più che valido, fatto sta che io e tutti i miei compatrioti  italiani, alla tenera età di vent’anni e più, dopo ormai qualche mese di lontananza, potremmo addirittura arrivare ad ammettere che sì, alla fine, ci manca la mamma.

E proprio vero che solo quando mancano ti rendi conto dell’importanza di certe cose, o meglio persone.

Mentre vado alla ricerca di una canzone che possa anche dar qualche soddisfazione ai papà, che già immagino risentiti, in modo tale rispettare il politically correct (giuro comunque che non metterò “sei forte papà”), per chi vuole ascoltare la canzone di Guccini (“Di mamme ce n’è una sola” tratto da “Opera buffa” ) causa di questa piccola riflessione, ecco il link: http://www.youtube.com/watch?v=JXh1Fj0QA_8

L’Atarazanas

Tra le cose che si possono apprendere stando un anno fuori di casa vi sono i mestieri di casa e le conoscenze che generalmente sono riconosciute alla brava massaia. Per cui impari a fare il bucato: separare i colori, impostare i giusti piani di lavaggio e stendere possono provocare difficoltà a giovani inesperti abituati a ritrovare maglietta e pantaloni stirati e morbidi al punto giusto nel cassetto predisposto in camera. Oppure a “cucinare” giostrandoti tra i pochi ingrendienti che ritrovi nel frigorifero perchè non hai voglia di andare al supermercato: 10 minuti di cammino possono essere molto faticosi. O ancora decidere che stirare non sia una cosa strettamente necessaria e che giusto per mantenere un minimo di decoro chiedi aiuto alla tua solidale e amorevole coinquilina quando hai bisogno di dare un aspetto decente al camice per andare in ospedale. Ma tra le altre cose quella che sorprende è quanto in fretta tu, che  mai hai seguito corsi di economia domestica, impari i prezzi di tutte le catene di supermercati e negozietti e stabilisci rapporti qualità-prezzo tra le diverse marche. Per cui in poco tempo capisci quanto sia conveniente andare all’Atarazanas.

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L’Atarazanas è il mercato coperto di Malaga: da pochi giorni è stato riaperto in tutto il suo splendore dopo un restauro che durava quanto meno da quando mi trovo in questa città e che finora mi aveva costretto a visitarlo nella sua nuova sede provvisoria. Perchè no? Uno tra gli obiettivi dello studente Erasmus oltre a quello di provare tutte le possibili sostanze stupefacenti come tutti ben sanno, vi è anche quello di imparare a vivere da solo e far quadrare i conti: l’Atarazanas fa al caso nostro. Penso che casalinghe di Varese e non avrebbero di che sbizzarrirsi se si ritrovassero un attrazione del genere nel nostro centro città: dai banchi del pesce a quelli della macelleria passando per frutta e verdura. Ma al di là dell’aspetto economico per il quale davvero il mercato di Malaga è conveniente, d’altronde le materie prima da queste parti non mancano, è la vita che scorre dentro questo piccolo mondo che mi affascina:

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mi immagino le vite di questi lavoratori che tutti i giorni vendono e pubblicizzano i loro prodotti, chiamando il loro pubblico con l’andaluso più stretto che a me diviene incomprensibile: i boquerones (alici) mas baratos , l’atun mas fresquito o in generale il pescado mejor de Malaga.  Che ogni mattina presto iniziano la loro faticosa  routine quotidiana ricevendo i prodotti freschi e disponendoli in modo accurato, quasi come un’arte, sui loro banconi. O che magari passano un intera vita dietro quelle bancherelle, senza mai nemmeno cambiare posizione o vista dentro quei pochi metri quadrati coperti e illuminati attraverso vetrate colorate, per poi tramandare l’ arte e l’affezionata clientela ai figli.

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Andare a fare la spesa diventa un momento di piacevole curiosità e  ti accorgi che anche al mercato ti puoi costruire una piccola cultura.

Per quanto mi riguarda penso che in una città non particolarmente ricca di opere d’arte ma invece ricca di vita e di movimento, l’Atarazanas sia una delle attrazioni più interessanti e affa
scinanti. E che sia un peccato non aver un posto del genere nella propria città.