Umore Nero

Torna a casa dopo una giornata passata sui libri, una tapa e una caña con gli amici che leggermente hanno alleggerito i suoi pensieri. Passeggia mentre il cielo estivo di Malaga è di quel colore a metà tra l’azzurro del giorno e il nero della notte, un blu metallico nel quale si possono intravedere le prime stelle e nel quale ti perdi indeciso tra la sicurezza della luce e i fantasmi delle tenebre. Camicia azzurra, pantaloni di cotone e mocassini portati con naturale eleganza, borsa a tracolla a testimoniare lo studio in apparenza e molti pensieri per la testa: tutto gli appare illuminato, degno di nota, esageriamo: poetico. La strada e i palazzi, quella donna con un lungo

e stretto vestito a fiori quasi flamenquero a braccetto con un uomo; la ragazza un po’ buffa che passa in bicicletta mentre i sanpietrini ballano sconnessi sotto le sue ruote e l’altra che con movenze scoordinate butta delle carta per terra mentre indica in lontananza con un sorriso ebete, ma così bello quella sera. Le risa provenienti da ragazzi attorno a un tavolo di plastica e sulla lavagna la scritta “mojito a 1euro e cinquanta”. E quella ragazza in controluce affacciata alla finestra mentre parla al telefono con qualcuno chissà dove. Che sembra lì soltanto per poterle cantare una serenata e dichiarale tutto il tuo amore. La tentazione gli viene ma si lascia solo scappare un sorriso mentre la guarda.

E intanto pensa: ai mesi passati, al vissuto e al non vissuto, al poco tempo che manca, alle possibilità. Immagina e sogna e si dimentica come spesso gli accade che la vita non è un film e che non puoi mettere la colonna sonora, che non puoi scegliere la canzone per quando cammini per la strada, la luce giusta per quando baci una ragazza, lo sfondo ideale per quando ricordi il passato o pensi al futuro con un amico.

A lui non importa. Continua a sognare un tempo che probabilmente mai c’è stato nè verrà, idealizzando qualsiasi attimo della vita e rendendo la giovinezza eterna in una spirale senza via di uscita di romanticismo e malinconia.

Ci sarà tempo per svegliarsi quando torneranno le prime luci con il mattino.

Ma la mia mamma italiana…

Ammetto di essere spudoratamente populista in questo post, quanto meno per il popolo delle mamme.

In una delle non poche volte in cui in casa cantiamo a squarciagola il buon vecchio Guccio (Francesco Guccini per i profani), ho ritrovato una sua canzone che da molto non sentivo, “Di mamme ce ne è una sola”, e ho pensato che facesse al caso mio: a giudicare dalla mia esperienza qui, gli italiani sono un popolo di mammoni più di qualsiasi altro.

Assistendo alle telefonate attraverso skype si nota l’insofferenza del giovane italiano nei confronti delle insistenti domande della madre (un pressing a tutto campo che neanche l’Olanda di Cruyff), la più caratteristica e penso unica nel mondo è: “ma mangi? stai mangiando?”, di solito seguito da un “mi sembri dimagrito, un pò deperito”; non importa che da quando sei partito tu possa aver messo sù quei 5 o 10 chili, a lei sembra sempre che non mangi abbastanza. Ad uno straniero casualmente testimone questa telefonata appare una comica opera teatrale, con tutte le maschere della tradizione comprese.

A questa (comprensibile) insofferenza telefonica corrisponde però una celata nostalgia della tua mamma italiana. Potrebbe essere forse solo la mancanza della sua cucina o della sicurezza che quando torni a casa ci sia un semplice ma al contempo ricco piatto di pasta ad aspettarti, che comunque è già di per sè un motivo più che valido, fatto sta che io e tutti i miei compatrioti  italiani, alla tenera età di vent’anni e più, dopo ormai qualche mese di lontananza, potremmo addirittura arrivare ad ammettere che sì, alla fine, ci manca la mamma.

E proprio vero che solo quando mancano ti rendi conto dell’importanza di certe cose, o meglio persone.

Mentre vado alla ricerca di una canzone che possa anche dar qualche soddisfazione ai papà, che già immagino risentiti, in modo tale rispettare il politically correct (giuro comunque che non metterò “sei forte papà”), per chi vuole ascoltare la canzone di Guccini (“Di mamme ce n’è una sola” tratto da “Opera buffa” ) causa di questa piccola riflessione, ecco il link: http://www.youtube.com/watch?v=JXh1Fj0QA_8

L’Atarazanas

Tra le cose che si possono apprendere stando un anno fuori di casa vi sono i mestieri di casa e le conoscenze che generalmente sono riconosciute alla brava massaia. Per cui impari a fare il bucato: separare i colori, impostare i giusti piani di lavaggio e stendere possono provocare difficoltà a giovani inesperti abituati a ritrovare maglietta e pantaloni stirati e morbidi al punto giusto nel cassetto predisposto in camera. Oppure a “cucinare” giostrandoti tra i pochi ingrendienti che ritrovi nel frigorifero perchè non hai voglia di andare al supermercato: 10 minuti di cammino possono essere molto faticosi. O ancora decidere che stirare non sia una cosa strettamente necessaria e che giusto per mantenere un minimo di decoro chiedi aiuto alla tua solidale e amorevole coinquilina quando hai bisogno di dare un aspetto decente al camice per andare in ospedale. Ma tra le altre cose quella che sorprende è quanto in fretta tu, che  mai hai seguito corsi di economia domestica, impari i prezzi di tutte le catene di supermercati e negozietti e stabilisci rapporti qualità-prezzo tra le diverse marche. Per cui in poco tempo capisci quanto sia conveniente andare all’Atarazanas.

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L’Atarazanas è il mercato coperto di Malaga: da pochi giorni è stato riaperto in tutto il suo splendore dopo un restauro che durava quanto meno da quando mi trovo in questa città e che finora mi aveva costretto a visitarlo nella sua nuova sede provvisoria. Perchè no? Uno tra gli obiettivi dello studente Erasmus oltre a quello di provare tutte le possibili sostanze stupefacenti come tutti ben sanno, vi è anche quello di imparare a vivere da solo e far quadrare i conti: l’Atarazanas fa al caso nostro. Penso che casalinghe di Varese e non avrebbero di che sbizzarrirsi se si ritrovassero un attrazione del genere nel nostro centro città: dai banchi del pesce a quelli della macelleria passando per frutta e verdura. Ma al di là dell’aspetto economico per il quale davvero il mercato di Malaga è conveniente, d’altronde le materie prima da queste parti non mancano, è la vita che scorre dentro questo piccolo mondo che mi affascina:

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mi immagino le vite di questi lavoratori che tutti i giorni vendono e pubblicizzano i loro prodotti, chiamando il loro pubblico con l’andaluso più stretto che a me diviene incomprensibile: i boquerones (alici) mas baratos , l’atun mas fresquito o in generale il pescado mejor de Malaga.  Che ogni mattina presto iniziano la loro faticosa  routine quotidiana ricevendo i prodotti freschi e disponendoli in modo accurato, quasi come un’arte, sui loro banconi. O che magari passano un intera vita dietro quelle bancherelle, senza mai nemmeno cambiare posizione o vista dentro quei pochi metri quadrati coperti e illuminati attraverso vetrate colorate, per poi tramandare l’ arte e l’affezionata clientela ai figli.

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Andare a fare la spesa diventa un momento di piacevole curiosità e  ti accorgi che anche al mercato ti puoi costruire una piccola cultura.

Per quanto mi riguarda penso che in una città non particolarmente ricca di opere d’arte ma invece ricca di vita e di movimento, l’Atarazanas sia una delle attrazioni più interessanti e affa
scinanti. E che sia un peccato non aver un posto del genere nella propria città.

Semana Santa – 2

La semana santa è già terminata da un pò di tempo ormai e i giorni successivi alla Pasqua le vie di Malaga, di giorno e ancor di più la notte, sono state deserte: la quiete dopo la tempesta.

blog8E’ stata, quella di Pasqua, una settimana intensissima e molto sentita: le strade cominciavano ad affollarsi “por la tarde”, vale a dire dopo pranzo alle 3-4 del pomeriggio, per divenire invivibili “por la noche” fino a quasi mattina. Mi è capitato di impiegare più di mezz’ora per fare un chilometro di strada; di assistere alla partenza di una processione alle 2 di notte sotto casa mia; di essere insultato perchè cercavo di farmi strada tra la folla in attesa del trono mentre desideravo solamente rientrare in casa.

Per me è stata una settimana decisamente curiosa ma anche contraddittoria: lo spettacolo dei troni portati a volte da quasi 200 persone accompagnati dai suoni della banda al seguito è impressionante; gli applausi della folla, i “registi” della processione con le loro campane a comandare tutti i movimenti e la commozione dei partecipanti a completare il tutto. Dall’altro lato la festa per la strada, con i baracchini dei dolci, degli hot dog o delle patatas asadas, con il “botellon” (che suppongo già sappiate cosa sia) normalmente vietato invece concesso per tutta la settimana in Plaza de la Merced, tolgono totalmente il concetto di passione e di penitenza che dovrebbero teoricamente caratterizzare questi giorni. Il sacro e il profano si mescolano senza troppi problemi insomma.

I nazareni e i penitenti (coloro che portano il trono e quelli che lo seguono) partecipano con emozione ma anche economicamente (si paga per poter  tener sulla spalla per 8 ore il trono) alla riuscita della processione. Ma se vai a chiedere agli stessi quanto sia importante per loro l’aspetto religioso della festa, alcuni ti rispondono che quasi non lo tiene.blog5

La Semana Santa è spettacolare; se passate da queste parti in occasioni della Pasqua e non siete agorafobici ve la consiglio sicuramente. Ma se pensate che nella settimana di Pasqua la preghiera sia l’aspetto più importante questo posto non fa per voi. Tradizione e religione da un lato con la festa e il turismo dall’altra, si mischiano spensieratamente.

 

 

 

Vi lascio i link per vedere alcuni video registrati durante questi giorni:

http://www.youtube.com/watch?v=JQiin_0A3cU (Calle Larios, la via principale, è completamente transennata e per passare bisogna aspettare una pausa tra una processione e l’altra; un posto nella tribuna di Plaza de la Constituciòn vale centinaia di euro.)

http://www.youtube.com/watch?v=o32PQeF_xjo (La confradia del Cristo de Los Viñeros rientra alla base)

http://www.youtube.com/watch?v=XXrzYZU7zic

Semana Santa – 1

Lunedì è stato un giorno di tensione e apprensione anche per noi italiani all’estero, in questo caso studenti Erasmus che han fatto salire, seppur minimamente e  involontariamente, le cifre dell’astensione.

Teoricamente lunedì iniziava la mia settimana pre-esame ma non sapevo cosa mi aspettava: perchè nel caldo pomeriggio malagheno, mentre il mio coinquilino torinese usciva dalla sua camera ogni due minuti, dapprima esultando “dai che in Piemonte si vince!”, poi un pò più dubbioso “siam lì, si pareggia”, per finire un pò arrabbiato per usare un eufemismo “perdiamo anche il Piemonte, non si può!” (sembrava una partita della Juve di questo periodo), mentre in casa vi era questo clima da stadio, dalla strada arrivavano i primi suoni della Semana Santa.

I miei propositi di studio diventavano utopia e mi precipitavo al balcone: la strada era già gremita di folla in attesa.

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Ci troviamo nel centro al confine con la sua parte gitana e la processione in questione è proprio quella dei gitanos, una delle più sentite. Al momento vi lascio solo questa piccola testimonianza filmata che penso possa rendere l’idea più di qualsiasi mia parola: pensate solo che questo tipo di processione và avanti per otto ore fino alle due o alle quattro di notte e la cosa appare normalissima. 

La Semana Santa è una settimana di processioni, di troni, di bande, di strade affollate, o semplicemente di festa. Per me ancora difficile da capire;  per me straniero in questo momento Malaga è una città di invasati o di tarantolati, ma tutto ciò mi piace. Se non fosse per il fatto che per fare 100metri ci vogliano 10 minuti,  che le ore di sonno siano decisamente poche e  i libri sulla scrivania  mi aspettano ogni mattina, unico momento di pace.

Cercherò di approfondire la mia cultura a riguardo, soprattutto mi manca il perchè di queste celebrazioni, la religione non sembra esserne l’anima.

Per problemi di dimensioni non ho potuto caricare direttamente il video ma basta che clicchiate il link di youtube qui sotto:

http://www.youtube.com/watch?v=M7S7H_pyyUc

http://www.youtube.com/watch?v=KCmxONB3c8o

http://www.youtube.com/watch?v=WJALVzq904w

Impressioni invernali

Da qualche giorno è iniziata la primavera, calda primavera da queste parti, e oggi è partita  ufficialmente  con numerose processioni la semana santa, del quale avrò occasione di parlarvi.

Nel frattempo già più di metà della mia avventura Erasmus è passata e per darvi una qualcha vaga impressione della cornice in cui il mio “anno fuori” si sta svolgendo vi lascio delle foto scattate quest’inverno.

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Muerte digna

Mi alzo questa mattina e mi permetto un minimo di informazione prima di dedicarmi alla vita studentesca. Dapprima leggo su internet i giornali italiani: noto che alla pillola abortiva Ru 486 si potrà accedere solo attraverso il ricovero ospedaliero. Poi mentre bevo il caffè (rigorosamente italiano),prima di uscire per andare in università, decido di concedermi anche un pò di news spagnole: accendo  in una delle rare occasioni la tv e casualmente il primo servizio che mi passa davanti riguarda l’approvazione della legge sulla “muerte digna”, o meglio Ley de Derechos y Garantías de la Dignidad de la Persona en el Proceso de la Muerte.

In pochi minuti ho visto quanto Italia e Spagna, molto simili su molte cose, siano così lontane sulla politica sociale e su temi di questi tempi molto caldi.

Non è una novità nella Spagna di Zapatero questa politica sociale moderna e innovativa, non solo rispetto all’Italia ma a tutta l’Europa: si tratta solo di un nuovo esempio. Ieri  la regione autonoma dell’ Andalusia, di cui Malaga è la seconda città dopo Siviglia, ha approvato una legge riguardante i diritti dei malati terminali e i doveri delle figure professionali che se ne occupano. Non si tratta di una iniziativa autonoma regionale, la maggior parte dei diritti eran già riconosciuti nella legge statale di Autonomia del Paziente del 2002,  ma il Governo Andaluso è il primo a chiarire e regolare in una legge i procedimenti da seguire nei confronti di questi malati, dopo alcuni casi simili ai nostri Welby e Englaro.

La sorpresa è che la legge sia stata sostenuta da tutto il parlamento, quindi anche dal PP, il partito popolare spagnolo, che si è battuto però per cercare di eliminare 3 articoli tra i quali quello che non permette l’obiezione di coscienza da parte del medico contro il volere del paziente. Di contro i socialisti han ribattuto che la regolazione della coscienza è competenza statale. Tra le innovazioni di questa legge vi sono poi il diritto alla sedazione terminale e alle sedazioni palliative. Si è parlato anche di eutanasia e addirittura di suicidio assistito, traguardo però ancora lontano anche per la Spagna socialista.

In Spagna non c’è  il Vaticano, ma dalle numerose processioni che si vedono tutto l’anno per le strade di Malaga direi che anche da queste parti il cattolicesimo sia ancora forte.

Riporto in conclusione il preambolo della legge. E’ in spagnolo ma si capisce bene: “Todos los seres humanos aspiran a vivir dignamente. El ordenamiento jurídico trata de concretar y simultáneamente proteger esta aspiración. Pero la muerte también forma parte de la vida (…). Una vida digna requiere una muerte digna”.

Rispetto qualsiasi opinione a riguardo di questo tema così delicato e complesso. Sono per la libertà: di pensiero, di parola, e anche di una morte degna.

Partecipazione

“Ma penso . Che questa mia generazione è preparata
A un mondo nuovo e a una speranza appena nata
Ad un futuro che ha già in mano, a una rivolta senza armi.”

Non volevo parlare apertamente di politica nei miei post. Pensavo di poter risultare superficiale o banale nelle mie valutazioni e mi credo troppo ignorante in materia, pur cercando di informarmi il più possibile e di sviluppare il pensiero che già in parte posseggo.

Ma vedo che ultimamente questo blog di varesini o varesotti all’estero è pervaso da rabbia e disillusione e che la causa principale è la nostra patria natia con tutte le sue contraddizioni. Orbene anch’io ogni giorno mi indigno, o meglio mi incazzo, scusate, leggendo il giornale, anche se questa indignazione ho notato che va scemando perchè ormai mi ci sono abituato alle nostre storture: non un buon segno. Non voglio parlare dei colpevoli di questa rabbia, mia e degli altri blogtrotter: a parte che sarebbero troppi e poi c’è già gente (forse non abbastanza) che lo fa scrivendo e analizzando decisamente meglio di me.

Io fortunatamente son andato via dall’Italia per scelta e non costretto. Sono un giovane studente di medicina di 23 anni. Ho scelto una strada che qualche sicurezza dovrebbe darla, tra circa un anno e mezzo dovrei essere dottore, non ho ancora scelto in cosa voglio specializzarmi ma già sapere che sarò medico non è male di questi tempi. E nonostante qualche fisiologico dubbio affronto il mio futuro con ottimismo (forse inconsapevolmente).  Fortunatamente non è tra le mie idee quella di diventare ricercatore. Non ho vissuto in prima persona quella politica fatta di gabole e inciuci, quelle ingiustizie, quei nepotismi, quelle strade spianate, quei favori all’amico al figlio al cugino o al nonno di, che caratterizzano, per usare un eufemismo, tutto il sistema Italia, quindi anche quello universitario o sanitario, ma di sicuro lo posso vedere e ne sono a conoscenza. Non scrivo quindi con la rabbia del “collega” parigino non essendone stato colpito direttamente. E anch’io, anche nel lontano caso potessi, non vorrei mai barare, non voglio i favori di nessuno ma voglio solo quello che mi sono meritato, che mi sono guadagnato, per cui ho faticato. Se non lo merito allora è giusto che non lo abbia, qualsiasi cosa sia. Tra l’altro non mi darebbe nemmeno alcuna soddisfazione.

Più sto lontano dall’Italia più mi rendo conto di quanto amo il mio paese, addirittura mi manca Varese. Ma soprattutto mi rendo conto di quanto potrebbe essere un paese ricco e invece non lo sia.

Sarà casualità, sarà che le persone tendano a circondarsi di altre persone a loro simili e che la pensano come loro, fatto sta che mi capita sempre di incontrare gente al’estero, ragazzi giovani italiani, che è consapevole del malgoverno e del sistema malato che vige in Italia, che lo critica, che si arrabbia e si infervora e si indigna. Probabilmente basta essere un poco informati e possedere un poco di cultura e di educazione per arrivare a queste conclusioni e ad avere queste reazioni.

Ma in Italia evidentemente non è così, ci piace essere un popolo di furbi.  Alle volte la furbizia è una forma di intelligenza, altre sfiora o diventa delinquenza.

Non voglio essere pessimista. Penso che ci siano molte cose da salvare in Italia al di là della buona cucina, delle belle città e della lingua musicale e  che la maggioranza degli italiani, di destra o di sinistra non importa, sia brava gente; ma ciò nonostante la cultura imperante rimane sempre quella che porta al nostro sistema. Troppe persone pensano solo al proprio interesse e il bene comune non esiste.  Gli stranieri non capiscono come facciamo ad avere certi rappresentanti politici, ci deridono, a ragione. Non capiscono perchè non conoscono la cultura italiana.  Parlando con gente straniera riesco ad essere ciò nonostante orgloglioso di essere italiano, grazie a mille altri motivi, ma se toccano il tasto politico non mi resta che deridere me stesso italiano. Per non piangere.

Siamo tutti giovani, studenti o lavoratori, che scriviamo su questo blog. Sono tutti giovani studenti quelli con cui discuto e con il quale critico l’Italia. Pier Luigi Celli poco tempo fa invitava suo figlio ad andarsene dall’Italia non trovando altra soluzione possibile. Ma io invece prima mi chiedo: ho mai fatto qualcosa per cambiare il sistema? Studio, un giorno sarò parte della classe dirigente o borghese o non so come definirla italiana. Faccio il mio piccolo dovere insomma. Mi lamento e con me tantissime altre brave persone italiane. Ma basta tutto ciò? Basta fare il proprio dovere ed essere un cittadino onesto?  Forse sì se tutti lo fossero. Di sicuro se bastasse l’indignazione l’Italia sarebbe già molto meglio di quello che è.

Io per primo, e con me tutti gli altri giovani informati e consapevoli, che studiano o che lavorano, che non sono riconosciuti dal sistema Italia perchè onesti e rispettano le regole, che invocano la tanto agognata e giusta meritocrazia.

Che vorremmo vedere semplicemente ciò che dovrebbe essere la normalità.

Che cosa facciamo per cambiare qualcosa tutti insieme?

E’ un quesito che pongo a tutti senza presunzione e forse con ingenuità.  Perchè io non mi so rispondere.

Questo è l’Erasmus

A proposito dell’ultimo e assai recente post, oggi sulla rete incontro un filmato spagnolo a dir poco esplicativo di quella che in potenza potrebbe essere la vita Erasmus e che sicuramente rispecchia quella che è l’idea che tutti gli studenti hanno dell’Erasmus, o per lo meno quelli che non ci sono mai stati e che vedono gli altri partire.

Inutile dire che quando dico ad amici e colleghi di facoltà che io, studente Erasmus, sto studiando, la reazione sia: “Studi?! Sei l’unica persona che và in Erasmus e che studia! vai a divertirti!”. La mia risposta è che non si preoccupino, ci si diverte già abbastanza e che un pò di tempo per lo studio è meglio riservarlo, anche perchè penso che lo stesso divertimento fatto esclusivamente di uscite e di feste se sovrasfruttato diventi monotono.

Comunque ecco il video: parla della fornitura e della preparazione necessaria per tutti gli studenti che si apprestano a partire per l’Erasmus, ovviamente in chiave comica, ma non troppo. Non ne ho rintracciato la fonte ed è in spagnolo quindi si addice perfettamente alla mia situazione. Evidentemente gli spagnoli conoscono più di altri questa situazione, visto il numero impressionante di studenti che tutti gli anni invadono la Spagna conoscendone la movida. Penso che si possa intendere per la maggior parte. Lascio solo un suggerimento: “borracho” significa ubriaco.

http://www.youtube.com/watch?v=hg0wb1VFKOA

Chiuso in casa

Ebbene sì. Anche qui ce l’ho fatta a chiudermi in casa per qualche settimana per recuperare il tempo passato e perduto in vista degli esami, alcuni già affrontati, altri che si avvicinano. L’unica variante, o se si vuole l’unico svago, alle mura dell’appartamento per qualche giorno è stata l’affollata biblioteca della facoltà.

Così da qualche settimana son state poche le occasioni di vivere la vita di Malaga: giusto per accorgemi che le vie del centro sono meno affollate del solito, sarà il “freddo” o il periodo di esami; che in qualche periodo dell’anno nel Guadalmedina, il fiume che passa per la città, si può vedere l’acqua scorrere, così raro che non a  caso viene chiamato “rio seco”; o essere sorpreso da una pioggia fitta, chiedere un passaggio verso casa ad una signora e ascoltarla lamentarsi per tutto il tragitto del clima e del freddo, mentre i vetri si appannano senza che lei riesca ad impedirlo: “es una locura!”. “E’ un’assurdità, con questa pioggia e questo freddo non si può lavorare!”  dice lei. Fuori intanto 15 gradi.

Quindi mentre fuori la vita continua è arrivato finalmente anche il tempo di piegare la testa sui libri. Perchè l’Erasmus fortunatamente e giustamente non è una vacanza. E’ o quanto meno può essere un esperienza fantastica, sicuramente importante per la propria crescita e per confrontarsi con sè stessi, comunque vada. Si può decidere di condurla in modi diversi: spesso da queste parti può tentare la cultura del “No pasa nada, estoy en Erasmus”. Che fondamentalmente significa: non fa niente, non importa, sono in Erasmus e mi godo la vita, quella più facile diciamo. Il rischio in effetti c’è: tanti ragazzi da tutto il mondo, tante occasioni di divertimento, tante feste a casa di persone che non hai mai visto prima. O qualche distrazione spiritualmente più alta: tante cose nuove da scoprire e conoscere, vivendo una vita e un paese che non è il tuo. Così alla fine la vittima può essere quello per cui teoricamente sei partito: lo studio.

Ora io non mi metto tra gli studenti modello, anzi ne sono ben lontano. Diciamo che tiro a campare, vado avanti senza troppa gloria, ma vado avanti, E così anche qui: di certo non sono finanziato nè dall’Unione Europea nè dall’Università Insubria e ancor meno dai miei genitori per fare un anno di vacanza. Pertanto cerco di fare il mio dovere e di non allungare  quella che è la già  lunga carriera  dello studente di medicina.

Ciò nonostante penso ancor più di quello che già faccio normalmente: come sarebbe meglio impiegare il mio tempo? Domanda che non avrà mai risposta lo so, suppongo non esista. Ma quello che intendo è in questo caso: ho la fortuna di trovarmi in un paese  che non è il mio, di conoscere molte persone con le loro storie tutte diverse, di vedere paesaggi mai visti, di vivere atmosfere, situazioni e culture sconosciute. E’ mio dovere, oltre a quello vero che è lo studio, sfruttare questa occasione? Di certo penso vorrebbe dire sprecarla se mantenessi tutte le stesse abitudini che ho a casa. Da un lato si può pensare: non importa se ci metto un anno di più a finire l’università, avrò molto tempo da dedicare al lavoro, sfruttiamo quest’occasione che non mi capiterà più. Dall’altra: sono fortunato, non ho avuto bisogno di lavorare grazie alle condizioni di benessere in cui vivo e che qualcuno attraverso sacrifici mi ha dato, giusto è che io ripaghi adempiendo all’unico dovere che ho senza perdere tempo e mi renda utile anch’io in questo mondo.

In questi mesi ho visto studenti Erasmus che hanno deciso deliberatamente di vivere quest’anno a Malaga come un anno di vita extrascolastica, chiamiamola così, mentre altri chiusi in casa o perennemente in biblioteca ligi al proprio dovere di studente.

Forse la soluzione sta nel mezzo, come spesso accade. Le due cose, con un minimo di intelligenza e con qualche rinuncia, possono coesistere. Nel frattempo sacrifico ancora per qualche giorno il caffè per le vie del centro con gli amici per rimanere sugli amati libri, facendo qualche passo verso il mio futuro, si suppone, di medico.