Informazioni su Mauro Barbazza

Nato 25 anni fa a Varese, vivo e lavoro da quasi 3 anni a Barcellona. Dopo aver frequentato il Cairoli a Varese ed essermi iscritto a Scienze della Comunicazione a Milano, ho capito presto che l’Italia non mi soddisfaceva e l’esperienza Erasmus di 8 mesi a Utrecht (Olanda) mi è servita per confermare questa idea. Dopo la tesi su comunicazione e terrorismo, scritta a Bilbao studiando da vicino il caso ETA, sono stato intrappolato dalla capitale catalana, dove lavoro come consulente di comunicazione. Saró il vostro globetrotter da questa cittá contradditoria, contemporaneamente cosmopolita e nazionalista, luminosa e tetra, moderna e gotica.

Pro-Pro.. Proibito!

“Dice che è proibito.. che è proibito anche fumare…”. No, tranquilli, il post non è sui Litifba. Il post è sulla legge anti-fumo che compie oggi un mese di vita in Spagna. Ebbene sí, 6 anni dopo l’Italia e la Legge Sirchia, anche i cugini ispanici si sono decisi a porre fine alla possibilità di fumare nei locali pubblici.

Prohibido_fumar

Una manna dal cielo per chi, come il sottoscritto, non sopportava entrare in ufficio la mattina puzzando di fumo perchè il signore al bar non può fare colazione senza 4 sigarette, non sopportava il sapore di una buona tortilla de patatas al retrogusto di nicotina o non sopportava di dimenticarsi di stendere in terrazzo i vestiti al ritorno da una nottata di bagordi e di risvegliarsi la mattina successiva con la stanza che aveva lo stesso odore del circolino di Vedano 10 anni fa.

Una leggge che ha tardato troppo, e che speravo, beata ingenuità, che la Catalunya potesse confermare la sua modernità rispetto al resto del paese introducendo anni fa. Evidentemente, era troppo alto il rischio di vedere il turismo scendere a favore di altre regioni che continuavano a permettere lo smokeparty.

Ovviamente le polemiche e la ribellione non sono mancate. Ristoranti, bar e discoteche già denunciano il calo di affluenza, alcuni di loro, come no, stanno cercando il modo di trovare l’inganno e le statistiche ci raccontano di molte denunce per mancato rispetto della legge.

Il mio parere? Tacciato a volte di essere un “talebano” quando si parla dell’argomento vi dico, cari fumatori: problema vostro. Ho respirato per 26 anni il vostro fumo passivo, non vi darà fastidio alzarvi dalla sedia e uscire 4 minuti. Poi qua il tempo è clemente, non fa mai veramente freddo. Si conosce gente interessante là fuori. Che volete che sia. Vi abituerete.

Intanto vedo che i più contenti saranno, ancora una volta, i comuni. I locali con tavolini all’esterno sono pieni anche a Gennaio, fatto nuovo, sebbene il tempo sia clemente. Vale la pena soffrire un pò di fresco ma poter fumare una sigaretta. E lo spazio sui marciapiedi si paga caro. Lo sanno i locali che da quest’anno pagherannno la licenza per un anno anzichè solo per qualche mese.

Money is money.

Negli ultimi 4 anni l’abbiamo vista con il logo dell’UNICEF, meravigliosa iniziativa per diffondere nel mondo il nome della prestigiosa associazione per la difesa dei diritti dei bambini. Per i primi 105 anni della sua storia, l’avevamo vista incontaminata dalla presenza di loghi pacchiani o nomi improbabili: la samarreta del Barça è per anni stato il simbolo della purezza, dell’indipendenza da logiche di sponsorizzazione che macchiano la maglia di un club per necessità economiche. La dimostrazione che si può stare lassú anche senza i soldi di linee aeree, case di scommesse o compagnie di telefoni cellulari. Ebbene, dall’anno prossimo potemo dire addio anche a quest’ultimo barlume di romanticismo che il calcio moderno ha ormai  ampiamente dimenticato. La Fondazione Qatar, grazie a 165 milioni di € in 5 anni, potrà farsi conoscere in tutto il mondo grazie alla presenza del suo caratteristico alberello sulle maglie della miglior squadra della storia del calcio. Ammetto che qualche anno fa mi fece molto più male vedere come il mio Athletic Bilbao accedeva ,per le stesse ragioni del Barça, ad avere unno sponsor sulla fino ad allora intonsa mitica maglietta a strisce biancorosse. Parlando di miti romantici legati al calcio, la loro “purezza etnica”, o di formazione calcistica casalinga, rimane l’ultimo baluardo di un calcio che non esiste più.

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Il Barça e la Fondazione Qatar quindi. Il legame tra le due entità è assai forte, grazie al passato calcistico di Guardiola nel’Emirato qualche anno fa. Guardiola che ha sponsorizzato la vittoriosa candidatura del Qatar el mondiale di calcio 2022. Guardiola che si è scomodato per difendere il paese dalle accuse di maschilismo e concetto discutibile di diritti umani e libertà personale. Guardiola che ha più potere in cittá del sindaco e del presidente del governo catalano messi insieme. La matematica, non è un’opinione.

Le logiche economiche dietro questa scelta sono chiare: il rivale calcistico e non solo, il Real Madrid, riceve circa 23 milioni di euro all’anno da B Win. Nel giugno scorso, la prima mossa del neo-presidente Rosell è stata quella di vendere Chygrinsky per poter pagare gli stipendi del mese in corso, e la situazione economica che si trova ad affrontare la nuova giunta dopo gli sperperi di Ali Babá – Laporta, è tragica. Sarà la maglietta meglio pagata della storia del calcio, aiuterà a sanare i conti del club e a compensare una differenza importante con il rivale storico.

Ma per chi, come me, il calcio non è solo conti e risultati, è una scelta che non può piacere.

La manita

Una manita, in gergo calcistico, è un 5-0. Ricorda la parola manotazo, una manata. In questo caso, praticamente lo stesso. Domenica scorsa in Catalunya si sono svolte le importantissime elezioni regionali da cui dipende buona parte del nostro futuro. Ma le elezioni posssono aspettare, perchè il giorno dopo di un Barça-Real Madrid finito 5-0 non si puó parlare d’altro.

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Perché in radio, in tele, sui giornali, su internet, in strada, dal panettiere o in posta non si parla d’altro. E vogliamo che questo blog sia uno specchio della realtà che stiamo vivendo, no?

Quella che doveva essere la miglior partita del mondo, “el clásico” più incerto degli ultimi anni, con i migliori giocatori e allenatori del mondo, le due squadre più famose e amate, non ha deluso, nonostante il risultato. È stato tutto quanto ci si aspettava. L’unica differenza rispetto alle attese, è che lo è stato solo grazie a una squadra: il Barça.

É il 5-0 di una squadra scesa in campo con 8 giocatori cresciuti nelle sue giovanili contro una che ha schierato solo tre spagnoli.

É il 5-0 di un progetto solido, con un passato, un presente e un futuro contro un progetto traballante, rinnovato ogni estate e senza una direzione ben precisa.

È il 5-0 dell’umanità di Guardiola e Messi, sempre pacati e lontani dalla polemica, contro l’arroganza di Mourinho e Cristiano, protagonisti in sala stampa e sui giornali, grandi con i piccoli e piccoli con i grandi.

È il 5-0 di chi lascia che il campo parli per lui contro chi sul campo ci parla tanto e ci gioca poco.

É il 5-0 della classe di Xavi (pallone d’oro, please) e Iniesta contro i muscoli di Khedira e Diarra.

È il 5-0 del gioco palla a terra, della ragnatela di passaggi, dell’estetica contro il lancio lungo, la potenza, la fretta.

Ci sono stati spintoni, entrate dure, cartellini e ci sono state grandi giocate, minuti di fitti passaggi e delizie tecniche. Ci sono state manate, e c’è stata la manita.

Mi sento orgoglioso di una squadra che non è la mia che fra vent’anni potrò raccontare di aver visto e visssuto in prima persona. Ho visto tanto calcio ma mai nulla di simile. A metà secondo tempo ho dovuto chiamare mio padre, 60 anni di calcio visto e giocato, per chiedere conferma del fatto che non mi stessi sbagliando.

La risposta? “Hai ragione, non si è mai visto niente di simile”

Gràcies, Barça.

Pique-manita

Active Africa

Active Africa è uno dei vari progetti in cui mi son buttato una volta entrato nella modalità freelance – libero profressionista. O una volta uscito dalla dinamica orario d’ufficio fisso, stipendio assicurato, frustrazione gratis e laccata di culo al capo consigliata.

Active Africa è una ONG fondata nel 2004 a Barcellona con progetti nell’ambito dell’educazione in Kenya e Malawi. Da qualche settimana sto collaborando con loro gestendo la loro comunicazione nei social network, Facebook principalmente, un pò di Twitter e YouTube e le altre arriveranno con il tempo.

Ieri sera è stato un momento indimenticabile per Active Africa e i suoi collaboratori, fans, volontari e amici in generale. Il concerto organizzato nel magnifico Gran Teatre del Liceu (sulla destra della Rambla per chi tra di voi conosce la Ciutat) e con l’impagabile – oltre che gratis – presenza del gruppo catalano GospelViu! è stato un successo irripetibile. 2200 biglietti venduti, il teatro strapieno, fatto che ha attirato l’attenzione anche delle televisione per la sua eccezionalità, un’ora e mezza di grande gospel grazie alle voci dei circa 90 ragazze e ragazzi che hanno lasciato anima e polmoni sul palco.

GospelViu sul palco del Liceu

Gli sguardi di felicità, qualche occhio umido, i sorrisi da orecchia a orecchia, l’ambiente di grande felicità, la sensazione di aver dato il mio contributo grazie al buon succcesso che le azioni 2.0 hanno avuto mi hanno fatto provare una felicità diversa, dalle varie felicità sperimentate in 26 anni. Non dico migliore. Diversa. Senza dimenticare il risultato più importante: la grande cifra racccolta per il progetto della scuola in Malawi.

Active Africa è una famiglia di cui sento di fare già parte, è un progetto ambizioso con risultati importanti, è una importante esperienza professionale, è una delle cose migliori che mi è capitata negli ultimi mesi.

Una ONG è per sua vocazione internazionale, per cui vi invito a seguire la pagina di Facebook.

Zikomo kwambili!

Vivo Altrove

Vedo che urge rianimare un pò il blogtrotter (compañeros dove siete?), e l’occasione ideale me l’ha data un incontro fatto ieri sera qui a Barcellona. Ho conosciuto di persona Claudia Cucchiarato, autrice del libro Vivo Altrove , e la cui inchiesta su Repubblica.it di qualche settimana fa ha raccolto più di 20 mila storie di compatrioti che vivono in paesi stranieri. Come noi blogtrotter. Chi per scelta, chi per obbligo, chi per amore, chi per lavoro, chi per disperazione, siamo in tanti.

La copertina di Vivo Altrove

La copertina di Vivo Altrove

Riflettendo sull’argomento con il mio buon amico Alessandro (veneto da 7 anni in Catalunya), ci siamo chiesti come sia possibile che tanti italiani decidano di espatriare, ma che questo fenomeno non abbia una compensazione nel senso inverso, ovvero perchè la quantità di stranieri trasferiti in Italia non sia cosí importante (astenersi commenti su comunità straniere che sono presenti nel nostro paese ma che non sono rilevanti nella nostra analisi). Siamo arrivata a parlare di paese cartolina, di paese da weekend, di paese da vacanza e via. Un paese che nè fa nulla per evitare che molti giovani cerchino una miglior vita altrove nè attira abbastanza perchè altri ci si trasferiscano a vivere. Ci siamo chiesti che futuro possa avere un paese cosí? E la serata è proseguita con altri 4-5 italiani (in più di 3 anni qui, non ero mai stato con tanti connazionali insieme). Nel frattempo è nata l’idea di creare un Twitter ( http://twitter.com/vivoaltrove ) dedicato agli italiani al’estero, ma non solo, che volessero condividere su questo magnifico social network le loro esperienze fuori dallo stivale. Siete tutti invitati a partecipare e a diffonderlo.

Tra 3 settimane ci sarà un incontro con Concita de Gregorio, direttrice dell’Unità, e la sopracitata Claudia, il cui tema sarà “Dove sta andando l’Italia e dove svanno gli Italiani” in cui proveremo ad analizzare più in profonfitá il fenomeno. Vi farò sapere com’è andata.

Adeu!

Adeu, toros!

Ufficiale. Dal 2012, tori disoccupati in Catalunya. Con 20% degli essere umani nella stessa situazione, ci sarebbe ben altro di cui preoccuparsi, ma con le elezioni regionali a Novembre, qualche decisione populista viene sempre bene. Sia chiaro, appoggio pienamente la decisione del Parlament e spero che sia il primo passo verso l’eliminazione di una tradizione che nel XXI secolo non ha più molta ragione di esistere, anche se un ampio settore della società continua ad amarlo e a vederlo con un marchio di fabbrica spagnolo in casa e all’estero.

Momento top di una corrida

Momento top di una corrida

Dopo le Canarie, che hanno proibito le corridas nel 1981, sará quindi la “sempre un passo avanti” Catalunya la comunitá autonoma che le eliminará dalla sua agenda culturale. Resta il dubbio sui metodi utilizzati dalla classe politica, che per una decisione cosí importante e sentita avrebbe forse dovuto interpellare il popolo catalano anziché tenere la decisione per sé.

È giusto vietare? Che ne é del “vietato vietare?” E tutti i catalani che volessero vedere una corrida? Dovranno andare a Valencia o Aragón? É semplicemente un’altra lotta Catalunya-Spagna travestita da dibattito culturale?

Certo é che il settore taurino, che ha visto i suoi introiti pesantemente ridotti dalla crisi, ci ha messo 5 minuti a chiedere 400 milioni di euro di indennizzo per il mancato fatturato che la decisione causerá. Che stessero ansiosamente aspettando l’opportunitá per “mungere”?

Tutte queste domande daranno conversazione per i prossimi 15 mesi, finché il divieto entrerá in vigore. E le risposte le dovrete trovare dentro di voi, perchè io sono in vacanza e ho una autonomia cerebrale più limitata del solito.

Supereroe contro la Municipale (cit.)

Se c’é una cosa che detesto di Barcellona, città che evidentemente amo, é la sua Polizia Municipale, la Guàrdia Urbana. Ammetto che dietro questa affermazione c’è del rancore causato da un paio di vicissitudini personali, ma é confortante vedere che l’opinione generale tra i cittadini non é per niente positivo. La cosa più probabile, se chiedeste a un Marc o a una Neus a caso per strada, è che vi rispondano “Sono dei poliziotti mancati, e perciò frustrati”. Non lo dico io. Lo dicono Marc e Neus.

Macchine della Guàrdia Urbana di fianco all' Arc de Triomf

Macchine della Guàrdia Urbana di fianco all' Arc de Triomf

Vicissitudini personali, dicevamo.

La prima risale a circa 5 mesi fa quando ho ricevuto 500€ (sic.) di multa per guida in stato di ebbrezza. DI UNA BICICLETTA. Vi assicuro che le bici qui a Barcellona sono come in Italia: due ruote, un manubrio, niente motore. Alle 7 di mattina e di ritorno da una festa, una buona decisione può essere scartare l’uso della moto, dico io, e, in mancanza di mezzi pubblici, la bici è senza dubbio un’opzione valida. Ditelo a uno che ha vissuto 7 mesi in Olanda e la bici l’ha guidata anche coi piedi. Risultato: 500€ (sic.) di multa e il trattamento più odioso mai ricevuto da un pubblico ufficiale. Rabbia.

La seconda é di ieri: quartiere della Barceloneta, alle 18.30h di un 20 luglio, chi c’è passato anche sia una volta, saprà che è un formichiere. E che tutti attraversono il passo pedonale col rosso se non arriva nessuno. Ecco, nel momento in cui stavo atttraversandolo con un’altra persona, una macchina ha girato nella strada e, dato che eravamo in mezzo alla strada, con la mano, e continuando ad attraversare, gli ho chiesto scusa. Ciononostante l’autista mi ha suonato il clacson, pr 3-4 secondi, al che gli ho gridato “pero si ya te he pedido perdón, hostia!” Tradotto: “Ma se t’ho chiesto scusa, cazzo!”. Agitando le braccia. Risultato? 20 metri dietro c’era una pattuglia della municipale che mi ha appioppato un multozzo – di non so ancora quanto – per attraversamente col rosso. Ma soprattutto, “por aspavientos”(cit.), cioé, per sbracciare. Scusi?

Ok, sí. Non si guida una bici alticci né si attraversa con il rosso. E mi sento un bel pò ridicolo per il talento che ho nel farmi multare come un’idiota. Ma quando ci sono ampie zone della cittá in mano a ladri, prostitute e trafficanti di droga, siamo sicuri che sia questa il modo migliore di curare la città e i cittadini?

Ultima cosa, ringraziare tutti quanti mi hanno fatto i complimenti per il video girato qui per l’iniziativa “Anche io sono come te”. I miei amici e io siamo felicissimi!

Panem et circenses (Campeones)

Ascoltando la diretta radio della festa che la nazionale spagnola di calcio si sta regalando in questo momento a Madrid, è d’obbligo un post su quanto successo in questo mese di follia calcistica (passa We Are the Champions dei Queen, e la pelle d’oca é di defualt).

Ha vinto il migliore. A volte, nel calcio, capita. Nonostante la falsa partenza e senza aver mai dato la sensazione di strapotere vista 2 anni fa all’Europeo, ha vinto il migliore. La squadra piú equilibrata, con il miglior portiere del mondo (Iker), il miglior centrale dei prossimi 10 anni (Piqué), i migliori due centrocampisti del mondo (Xavi e Iniesta), un attaccante di quelli che se ne vedono pochi (Villa), e 23 ottimi giocatori senza punti deboli. Un gruppo speciale, giovane, che ha saputo superare tutti i tabù accumulati in decenni di delusioni.

Iker alza la Coppa del Mondo

Iker alza la Coppa del Mondo

Ammetto di aver tifato nell’ordine Svizzera, Honduras, Cile, Portogallo, Paraguay, Germania e Olanda. Perchè è una nazionale in cui non mi riconosco di un paese che non riesco a vedere tale. Perchè adesso bisogna sopportare altri 2 anni di ego smisurato in strada e sui giornali. Perché mi da fastidio vedere re e regine alzando trofei. E perchè in fondo, chi mi conosce lo sa, ho una predilezione per la rottura di palle del prossimo.

Ciò detto, se ci proviamo, non è diifficile trovare alcuni motivi per gioire della vittoria: un nombre su tutti, Andresito Iniesta. Un ragazzo d’oro, con un talento smisurato, e che dimostra l’incapacità del calcio moderno di andare oltre stelle viziate, fidanzate spettacolari, tatuaggi e pettorali abbronzati. Perchè se così non fosse, non ci sarebbero discussioni per il pallone d’oro di 6-7 stagioni.

iniesta

Iniesta dedica il gol all'ex capitano dell'Espanyol, Dani Jarque, morto l'agosto scorso.

Per concludere, e per ricollegarmi al titolo del post, ricordiamo come vincere un Mondiale fa bene a qualunque paese, ma soprattutto a chi é da 2 anni sull’orlo del collasso sociale ed economico e si é svegliato con la notizia che l’euforia post-mondiale alzerá il PIL dello 0,2% rispetto alla previsione. Bene no? No. Perché in questo mese, mentre 50 milioni di spagnoli non parlavano di altra cosa che non fosse la roja, é stata approvata una quanto meno dubbia riorma del mercato del lavoro, che erano almeno 2 anni che serviva, e il Tribunal Constitucional ha emesso la sentenza attesa da 4 anni sullo statuto d’autonomia della Catalunya. Uno statuto approvato dal popolo catalano via referendum nel 2006, mandato in tribunale da un ricorso di un partito politico (mai visto in una democrazia?) e mutilato dalla sentenza del tribunale. Sentenza rimandata per 4 anni e dettata durante il Mondiale. La reazione catalana si è fatta sentire sabato con una manifestazione da un milione persone in città. Ma di fronte a una serata attesa da decenni, a milioni di persone in strada con le guance dipinte e la lacrima rigando il viso, beh, ubi maior minor cessat?

Sant Joan

Sant Joan (pronunciato San Giuán, stile dialetto varesino), ovvero la notte del 23 Giugno, è in Catalunya una delle notti clou dell’anno. Approfittando del fatto che il 24 è festa, si da il benvenuto all’estate con la tradizionale Verbena de Sant Joan. Le spiaggie si riempiono di migliaia di persone con le loro immancabili bottiglie di intruglio portato da casa, i bar sul mare rispolverano i set da dee-jay notturni e in molti angoli delle strade ardono i faló che si spera possano bruciare con loro le cose negative degli ultimi 12 mesi.

Il copione, perfettamente rispettato dal sottoscrittto anche quest’anno, prevede normalmente una cena in casa con gli amici, conclusa dall’immancabile Coca di Sant Joan. Nonostante il nome e quello che possiate pensare, la Coca è una torta dolce di cui esistono infinite versioni (con crema, pinoli, frutta, etc…) e la cui presenza sulla tavola é imprescindibile.

La Coca de Sant Joan

La Coca de Sant Joan

È così che si omaggia la notte più corta dell’anno, che spesso finisce alle 7 di mattina (sarà per il fatto di essere corta?) e con le spiaggie strapiene di immondizia che il servizio di nettezza urbana fa sparire in pochi minuti per rendere la zona accessibile in matttinata.

Non si può non citare l’incidente che ha fatto sì che la Verbena di quest’anno venga ricordata più di altre. In un paese poco fuori Barcellona, Casteldefells, 13 ragazzi tra i 18 e i 26 anni sono stati falciati da un treno lanciato a 140 km/h mentre attraversavano i binari del treno per andare in spiaggia a celebrare la notte con gli amici.  Tremendo.

Ens hi deixarem la pell.

Venderemo cara la pelle. Questa é la traduzione non letterale del motto di moda in cittá. Mancano meno di 24 ore alla partita di ritorno tra Barça e Inter, e ovviamente non si parla d’altro. Il fiorista, la panettiera, il postino: giá da oggi la cittá pullula di magliette blaugrana, nel tentativo di aiutare i ragazzi di Pep Guardiola nell’impresa di rimontare il 3-1 di San Siro.

É affascinante vedere come quasi una cittá intera rema nella stessa direzione. Difficile trovare un caso simile in una cittá cosí grande e cosmopolita. Ed é affascinante vedere come la gente vede la rimonta possibile e si fa sentire anche attraverso piccoli gesti. Difficile trovare un caso simile, nel calcio ingrato del 2010 dove la cosa piú normale in questi casi sarebbe quella di vendere il proprio biglietto a qualche tifoso italiano disposto a spendere una fortuna. Non si trova un biglietto, e sono state decine di migliaia le richieste al club di montare dei maxischermi in cittá per potersi radunare e spingere Xavi, Messi e gli altri verso un traguardo storico. Perché a questo Barça, che nell’ultimo anno e mezzo ha riscritto la storia del calcio, solo manca una grande rimonta per chiudere il cerchio.

Anche grazie a questi dettagli si capisce perché il Barça é “més que un club”, piú di una squadra di calcio, e domani sera l’Inter dovrá ripetere la partita (piu che)perfetta di San Siro per conservare il vantaggio e andare in finale.

Non mi si accusi di antipatriottismo, ma dalle 20.45 in poi di domani il mio cuore milanista si tingerá di blaugrana al grido di ¡Visca Barça!

Enshideixaremlapell