L’altra “rivoluzione” di Steve Jobs: la Pixar

Sono ore in cui tutti i giornali del mondo ricordano non solo Steve Jobs, ma la sua filosofia di vita, il suo credo, la sua determinazione nell’inseguire i sogni. Non mi posso definire un appassionato della Apple, non conosco tutto come i suoi cultori. Ma una cosa so per certo: il mondo dell’animazione era in crisi e la Pixar, agli inizi degli anni ’90, rivoluzionò letteralmente questo settore.
Questa azienda, poi acquisita dalla Disney, venne fondata proprio da Jobs, rilevando il reparto di animazione computerizzata di George Lucas. Alla Pixar, Jobs diede indicazioni precise, anche qui, su quello che era il futuro del settore: l’animazione digitale, il tutto con l’aiuto dell’altro genio che è John Lasseter. La Disney stava perdendo colpi, nessuno andava più a vedere al cinema i film in cartone animato. La Pixar comincio con dei cortometraggi, indimenticabili, come quello della lampadina che schiaccia la pallina da tennis. Lampadina poi diventata anche logo dell’azienda. La Disney si accorse delle potenzialità della società e la sostenne anche economicamente.
Fino al grande passo. Toy Story, la vera innovazione, il lungometraggio di animazione digitale che ha rivoluzionato il cinema. Sono passati quasi vent’anni e oggi nelle sale i film che incassano di più sono proprio quelli in animazione digitale: domina ancora la Pixar (come detto acquisita dalla Disney), ma ci sono anche la Dreamworks, la Fox e molti altri che hanno investito milioni di dollari nel raccontare le storie di animazione con questo sistema.
Non si tratta solo di tecnica però. Jobs e i suoi hanno usato il mezzo per raccontare delle storie, dei sogni, gli stessi che con passione inseguiva proprio Steve Jobs. Anche nel cinema quest’uomo, un profeta per molti, ha fatto sognare milioni di persone con delle semplici intuizioni.