(d. f.) Vi avevamo avvisato della presenza di due produttori varesotti al Salone del Gusto, e non potevamo non regalarvi un reportage da Torino. Per noi lo ha scritto l’amico e collega Eugenio Peralta, il “Navigatore Capo” delle Locuste che ha voluto focalizzare la sua attenzione su uno degli aspetti brassicoli emersi al Lingotto. Parliamo del progetto La Zia Ale, gioco di parole inventato da un gruppo di produttori artigianali del Lazio (appunto) che hanno varato una birra che possa valorizzare il terriotorio, attraverso ingredienti iper-locali. Scoprite come nell’articolo che segue.
«Scusi, è qui la Fiera della Birra?». Un errore quasi veniale per i visitatori dell’edizione 2012 del Salone del Gusto di Torino, che tra uno stand e l’altro hanno visto spuntare come funghi decine di birrifici artigianali da ogni angolo d’Italia e del mondo. Tanto per fare dei nomi: l’Orso Verde di Busto Arsizio e il Birrificio Lambrate di Milano, oltre a diverse birre lombarde riunite nello stand di Unionbirrai (c’è anche il Siebter Himmel di Carnago); dall’Emilia-Romagna Birra Frara, Birrificio del Ducato e White Dog Brewery; dal Friuli Birra Più; dalla Liguria Scarampola; dal Veneto 32 Via dei Birrai e M’Anis; dal Piemonte Beba, Pasturana, San Paolo, Troll, Trunasse-Zoe, Abbà, Have a Nice Trip, Birrificio Pinerolese, Nuovo Birrificio Nicese, SorA’laMa’ e il mitico Baladin; dalla Toscana Birra Amiata e Birrificio del Forte; dall’Umbria i Mastri Birrai Umbri; dalla Campania i birrifici Karma e Sorrento; dal Lazio tutti gli associati dell’ABI (vedi sotto); dalla Puglia Birranova e Birrificio Svevo; e ancora Germania, Gran Bretagna, Repubblica Ceca e persino Argentina. Il tutto scusandoci per chi avessimo involontariamente dimenticato, e tralasciando volutamente i “grandi” come Pedavena, Menabrea o Forst.
Ma la gran moda della birra fai-da-te non rischia di portare il mercato alla saturazione? Non la pensa così Andrea Fralleoni, titolare della Free Lions Brewery di Tuscania, provincia di Viterbo: «Non siamo ancora arrivati a questo punto. Per il momento la grande diffusione del nostro prodotto ha solo aspetti positivi: effettivamente in ogni angolo del Salone si vede un espositore o un birrificio, e oltretutto ne mancano ancora tanti all’appello, anche fra quelli molto importanti a livello produttivo e di qualità. È un modo per mostrare al pubblico, e non soltanto agli esperti, che esiste un prodotto diverso da quelli di massa. Nei primi due giorni del Salone almeno la metà delle persone che si sono avvicinate al nostro stand non conoscevano per nulla la birra artigianale, o la conoscevano solo parzialmente: poterla presentare e spiegare è un fatto davvero positivo per tutto il movimento».
Certo, qualche problema di concorrenza inizia a esserci: «La distribuzione delle birre – ammette Fralleoni – è molto legata ai nomi più facilmente spendibili, i birrifici nuovi fanno più fatica a inserirsi nel mercato. L’importante, però, è fare birre di qualità e soprattutto mantenere con costanza la produzione e le ricette. L’interesse da parte della ristorazione e dei locali, anche non specializzati, comincia a essere importante: ci auguriamo che ci sia spazio per tutti».
Abbiamo intervistato Fralleoni perché il suo birrificio è uno dei promotori del progetto La Zia Ale, uno dei primi esperimenti di quella che potremmo definire “birra diffusa”: «A febbraio 2012 abbiamo fondato l’associazione ABI Lazio insieme ad altri 7 birrifici, con l’obiettivo di promuovere i prodotti del territorio: il disciplinare prevede che almeno il 70% degli ingredienti sia di origine regionale. Con il progetto La Zia Ale ci siamo spinti oltre: ognuno di noi ha creato una birra con lo stesso nome ma dalle caratteristiche diverse, l’unico comune denominatore è il fatto che ben il 90% degli ingredienti viene dal Lazio».
Di volta in volta, ciascun birrificio ospita dunque una riunione molto speciale: «Le prime cotte le abbiamo fatte insieme – racconta Fralleoni – ritrovandoci per un momento di condivisione e di approfondimento. A oggi sono state prodotte 6 versioni: Birra del Borgo ha utilizzato il 100% di malto laziale e, al posto del luppolo, una miscela di cicoria, puntarelle e tarassaco. Quindi una birra che potrebbe essere considerata medioevale dal punto di vista delle speziature. Birradamare, a Fiumicino, ha introdotto dell’acqua di infusione di carciofi e del rosmarino, aggiunto a fine bollitura. A fine marzo è toccato a noi, che oltre al malto abbiamo anche il luppolo coltivato nel Lazio, grazie alla collaborazione con l’Università della Tuscia; in più abbiamo aromatizzato la birra con fiori d’alloro, per darle un importante carattere balsamico. La birra del Birrificio Turbacci di Mentana è caratterizzata dalla presenza di anice stellato, finocchietto selvatico e avena nera, che le dà una colorazione decisamente scura; quella dell’Itineris di Civita Castellana comprende nella sua ricetta papavero e radice di gramigna. In ordine cronologico l’ultima birra prodotta è quella del birrificio Turan che ha utilizzato a sua volta il luppolo della Tuscia, prediligendo lo stile Kölsch». Mancano all’appello due birre, quelle dell’Atlas Coelestis di Roma e di Mr.Malto a Ferentino: «Dovremmo riuscire a produrle in novembre – conclude Fralleoni – e, come per ogni nuova birra, le riproporremo tutte in degustazioni verticali per valutarle meglio. Sono completamente diverse una dall’altra e tutte molto interessanti».