La pubblicazione – biennale – della Guida alle birre d’Italia edita da Slow Food è sempre piuttosto attesa nel mondo brassicolo nazionale, visto che l’opera coordinata da Luca Giaccone ed Eugenio Signoroni consente ai lettori – esperti dell’argomento, curiosi ma anche novizi – di avere a disposizione uno spaccato decisamente ampio del panorama tricolore. E, come avviene per le più importanti guide culinarie, non manca di sollevare discussioni e polemiche per via dei riconoscimenti che vengono dati (e soprattutto tolti…) a birrifici grandi e piccoli.
In questo caso, la guida è quella del 2019 ed è appena stata messa in circolazione, i due giudizi più discussi sono quelli che riguardano Baladin e Birra del Borgo: alla creazione di Teo Musso (personalità, tra l’altro, vicinissima a Slow Food) è stata tolta la “chiocciola”, il simbolo più esclusivo che tiene conto di “… qualità e la costanza delle birre, ruolo svolto nel settore birrario nazionale, attenzione al territorio e all’ambiente”. Chiocciola che il birrificio di Piozzo ha sempre avuto. Non ha la chiocciola, ma è stato comunque premiato con un “fusto” («…esprime un’elevata qualità media su tutta la produzione e che ci convince particolarmente per le birre più semplici, facili da bere, ma che mantengono grande personalità») il laziale Birra del Borgo, altro marchio storico del movimento artigianale che però ha perso questo appellativo da quando è passato sotto il controllo della multinazionale AB Inbev.
Lasciamo però polemiche e discussioni “nazionali” ad altre pagine e occupiamoci, qui su Malto Gradimento, di quel che ci riguarda più da vicino, ovvero le attestazioni di qualità assegnate ai produttori della provincia di Varese, dopo un breve excursus sulle “chiocciole” della Lombardia, andate a Elav (Comun Nuovo, Bergamo), Birrificio Italiano (Limido Comasco), Lambrate (Milano), Carrobiolo (Monza) e Hammer (Villa D’adda – Bergamo).
I BIRRIFICI
Oltre alle “chiocciole”, Slow Food prevede altre due categorie che premiano l’attività di un birrificio nella sua totalità: le “Bottiglie” («birrificio che esprime un’elevata qualità media su tutta la produzione e che ci convince particolarmente per le birre più complesse, articolate, di grande carattere e profondità») e i “Fusti” che abbiamo descritto sopra.
Due i varesotti insigniti della “bottiglia”: si tratta di Extraomnes, birrificio di Marnate che ha in Schigi D’Amelio la figura chiave e di The Wall di Venegono Inferiore, che vede in Andrea Rogora e Daniele Martinello a dirigere le operazioni in sala cottura.
I “fusti” invece premiano un produttore storico quale è L’orso verde di Busto Arsizio (il birraio è l’inossidabile Cesare Gualdoni) e uno molto giovane ma già premiato più volte, Vetra di Caronno Pertusella (birraio Stefano Simonelli).
LE BIRRE
La guida Slow Food prevede inoltre una serie di riconoscimenti alle singole birre degustate dai coordinatori locali e segnalate alla redazione del volume. Tre le categorie: “Birra Slow”, “Grandi Birre” e “Birre Quotidiane”.
Tra le “Slow” ritroviamo Extraomnes con la sua “Blond”, una delle grandi classiche del produttore marnatese che è presente con due referenze anche nel settore “Grandi Birre”. In questo caso si tratta della “Tripel” e della “Wallonie”. Sempre tra le “Grandi” troviamo la “Pils” di Vetra – recentemente vincitrice a “Birra dell’anno” nel suo stile – e la luppolata “John Hops” prodotta da The Wall.
Infine, nel segmento “Birre Quotidiane” c’è spazio soprattutto per L’orso verde che fa segnare una tripletta grazie alla “Backdoor Bitter”, alla “Dna” e alla “Wabi”. Anche qui troviamo però sia Vetra con la “Pale”, sia The Wall con la “RebHell”.
Insomma, un totale di quattro birrifici e di undici diverse birre: numeri che mantengono il Varesotto nel novero dei territori con una buona presenza sulla guida e più in generale nel panorama artigianale nazionale. E sotto sotto, a nostra discrezione, ci sarebbe stato spazio per qualche altro riconoscimento. Appuntamento quindi all’edizione 2021.
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