Nuovo impianto e “open garden”: viaggio tra le novità del mondo Baladin

Baladin ci riprova: ancora una volta quello che é il più famoso birrificio artigianale italiano cerca di tracciare una nuova via, un nuovo modo per essere originale, per espandersi, per chiamare su di sé l’attenzione (non sempre è non necessariamente favorevole) del mondo che ruota attorno a malti e luppoli. E per ingrandire se stesso e il proprio business.

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Teo Musso davanti alla Cascina Coda, spiega le novità di casa Baladin

Il birrificio di Piozzo (Cuneo) prova a crescere ancora di più, sia a livello produttivo sia a livello “filosofico” grazie all’inaugurazione di una nuova sede a trent’anni dall’apertura del primo pub da parte di Teo Musso, e a venti dalla fondazione dell’allora microbirrificio, uno dei primissimi in Italia e senza dubbio uno di quelli che più hanno contribuito all’esplosione del movimento nazionale. Ma vediamo nel dettaglio ciò che è stato svelato a Piozzo nella serata di mercoledì 13 luglio, data scelta per la prima “apertura delle porte” della nuova realtà baladinista

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Il pannello all’ingresso con la mappa di Baladin Open Garden

DALLA CASCINA AL BIRRIFICIO – Ancora una volta, Teo Musso ha messo al centro la propria terra. Inteso come località ma anche come… terra in senso letterale. Il nuovo progetto di Baladin sorge infatti in una zona rurale di Piozzo, intorno a una antichissima cascina – Teo dice di avere i documenti della presenza in loco delle truppe di Napoleone ma le cantine risalirebbero al 1300 – a cui i precedenti proprietari avevano affiancato un blocco di edifici destinati a ospitare i propri uffici. Un’idea tramontata, e così ora lo “scatolone” in muratura accanto alla Cascina Coda, decorato come una confezione di Baladin, nasconde al suo interno il modernissimo impianto per produrre le birre dell’azienda. Tutto intorno sono boschi e campi, paesaggio ideale per sviluppare l’idea su cui ruota l’intero progetto.

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Cascina Coda: si trova nei campi che circondano Piozzo

BALADIN OPEN GARDEN – I maligni, o semplicemente chi vuole scherzare, lo hanno ribattezzata “Teoland” e la base non è lontana dal parco divertimenti. Nel senso che l’intera area della Cascina Coda sarà aperta al pubblico da fine aprile 2017 e promette di essere un polo d’attrazione per tanta gente. «Qui in cascina metteremo un mercato domenicale per i contadini, un piccolo mulino a pietra per il nostro forno del pane, un macellaio – a rotazione tra quelli della zona – con le sue carni. E un’enorme griglia per farsi da mangiare, anche se ci sarà anche un servizio ristorante». Teo Musso lo spiega gesticolando, indicando, con i suoi soliti modi coinvolgenti, quelli di uno che è abituato a realizzare i propri sogni, cosa che regolarmente ha fatto in questi trent’anni. «Faremo bere le birre, certo, ma creeremo anche percorsi in bici semplici e impegnativi, porteremo la gente a visitare i campi di orzo e luppolo, promuoveremo la cultura della birra e quella legata al lavoro contadino».

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Gli uffici di Baladin: sulla porta di ciascuno c’è il ritratto “made in Islaz” di chi lo occupa

INDIPENDENZA BIRRARIA – Teo e i suoi giocano attorno a una parola che ha una doppia chiave di lettura, indipendenza. Nel momento in cui un altro grande player, Birra del Borgo, si è legata alla multinazionale Ab-Inbev, Baladin ribadisce la volontà di proseguire con le proprie gambe rese solide negli anni dal successo e da partnership forti (con Farinetti-Eataly) ma comunque indipendenti dal punto di vista brassicolo. Ma indipendenza vuol dire anche un’altra cosa, non dover cioè ricorrere a fornitori esterni (ed esteri) di materie prime. L’obiettivo di Baladin infatti è quello di produrre tutto in casa entro il 2022: oggi l’azienda conta su 430 ettari coltivati a cereali tra Piemonte, Marche e Basilicata, su una prima produzione di luppolo (a soli 300 metri da Cascina Coda c’è una nuova area di un ettaro dedicata alla coltivazione), su una serie di lieviti brevettati e su tre sorgenti che circondano la nuova unità produttiva.

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La sala cottura vista dall’alto

NEL CUORE DEL BIRRIFICIO – Ed eccoci all’interno dello “scatolone” trasformato in birrificio. Vi si accede accanto al refettorio e lo si visita dall’alto, transitando per la zona degli uffici decorati da Islaz, il creatore delle celebri etichette Baladin. La zona produttiva è impressionante, se pensiamo che si tratta comunque di un birrificio artigianale: l’impianto è su misura, creato dall’azienda italiana Spadoni che ha collaborato strettamente con i birrai di Baladin per la realizzazione, e che promette la massima versatilità in particolare per le luppolature e l’aggiunta di spezie. La sala di cottura principale, così come è settata ora, può arrivare a produrre 50 ettolitri di birra (su quella ora in funzione se ne producono 30). C’è anche un secondo impianto, di dimensioni ridotte (3 ettolitri), che sarà utilizzato dagli studenti dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo con cui Baladin ha stretto un accordo.

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La Kioke, botte aperta per la maturazione della salsa di soia. Darà il nome a una nuova birra della linea Xyauyù

Attraverso un passaggio che costeggia il laboratorio per il controllo chimico, si arriva alla cantina dove sono affiancati i fermentatori delle birre con una produzione maggiore a quelli, più piccoli, per le stagionali, fino alle botti in legno dove si affinano le Xyauyù e le altre “sperimentali” (anche se abbiamo il sospetto che la vecchia cantina di Piozzo dove Teo ci aveva portato alcuni mesi fa continuerà a essere il suo sancta sanctorum). E accanto a ceste dove invecchiano una serie di bottiglie ormai datate spunta anche, in una teca termostata e chiusa, una botte di fermentazione (aperta) per la salsa di soia, inviata da uno storico produttore giapponese: vi si produrrà la Xyauyù Kioke, “ponte” tra artigiani lontani migliaia di chilometri. Impressionante, per dimensioni, anche la zona del confezionamento ma non potrebbe essere altrimenti: Baladin con questo impianto punta ad arrivare a 45-50mila ettolitri l’anno, contro i 30mila attuali. «Perché se un’azienda vuole arrivare realmente a distribuire in tutta Italia ed esportare con continuità, deve arrivare a certe produzioni». Lo dice Fabio Mozzone, responsabile marketing del birrificio, ma sembra di sentirlo dire a Teo, e c’è da scommettere che si arriverà presto a quei ritmi di produzione.

IL CONTORNO – La festa di inaugurazione di Baladin ha lasciato spazio, in pieno stile Teo, a una serie di altri appuntamenti: dal progetto “Chitarra Italiana” alla pizza di Bonci allo spettacolo del Cirque Bidon con cui il legame da quel lontanissimo 1986 è più stretto che mai. Contorno colorato, chiassoso, giocoso, goloso. Ma il nuovo impianto e l’open garden restano il cuore dell’evento che come al solito sarà al centro dei discorsi di tutto il mondo della birra artigianale italiana. Entusiasti e stroncanti, favorevoli e contrari, ma intanto il baricentro è sempre uno: quello con gli anelli, i riccioli e la erre moscia.

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