Quello di “birra a chilometro zero” è un concetto che va preso con le molle, almeno in Italia. Poche aziende infatti possono coltivare in autonomia l’orzo necessario (o avere produttori che lavorino con esse a stretto contatto) e soprattutto pochissime hanno la possibilità di trovare una malteria nei dintorni. Ma se per il malto qualcosa si può fare, per l’altra componente chiave della produzione birraria – il luppolo – tutto diventa ancora più difficile. Per creare una nuova varietà e lanciarla sul mercato brassicolo infatti serve parecchio tempo: chi comincia ora a impiantare luppoli quindi ha bisogno di attendere una decina di anni prima di produrre in serie con una certa sicurezza e stabilità le birre che lo utilizzano. Non a caso, ancora oggi, i birrai di tutto il mondo usano luppoli provenienti da zone particolarmente vocate alla coltivazione di questa pianta, come l’Hallertau (Germania), Saaz (R. Ceca), Poperinge (Belgio), Sonoma County (Usa) e altre ancora. Continua a leggere