Anoressia o vigoressia: quando il cibo diventa malattia

AllattamentoIl rapporto con il cibo è un rapporto di relazione. Sin dai primi giorni di vita: « Ci sono casi di neonati anoressici – spiega il dottor Leonardo Mendolicchio, direttore sanitario di Villa Mira lago a Cuasso – bimbi che rifiutano il latte. Se il piccolo non si sente a suo agio mentre mangia, manifesta così il suo stato  d’animo. In questi casi si deve lavorare sulla madre, sul suo livello di ansia e di insicurezza. Spesso si pensa che il figlio abbia bisogno solo di cibo, sottovalutando tutto il contesto dell’accoglienza. Modificando l’ambiente e il rapporto anche fisico, il piccolo ne trae subito giovamento. Sono dinamiche che possono ripresentarsi sino ai 6 o 7 anni, il cibo diventa il simbolo del rapporto con i genitori: mi prendo cura o ti ignoro. Quando l’attenzione supera il semplice rapporto alimentare, l’equilibrio viene ritrovato. L’importante, dunque, è non confondere il cibo con il dono d’amore».

Leonardo Mendolicchio, direttore sanitario Villa Mira Lago

Leonardo Mendolicchio, direttore sanitario Villa Mira Lago

I disturbi alimentari sono uno dei tanti problemi psicologici che possono presentarsi nel corso della vita: « Un insuccesso, una delusione amorosa ma anche un’insufficienza a scuola possono sconvolgere l’equilibrio mentale. Il proprio corpo diventa il capro espiatorio del malessere e tutto si concentra nel cibo».

Oggi, anoressia, bulimia o  fame compulsiva ( dove si mangia smodatamente senza compensare) sono disturbi che colpiscono i giovani in età sempre più bassa: « I  ragazzi vivono in una società dell’immagine bombardati dal mito della potenza. Sono spesso soli, informatissimi ma vuoti a livello di relazioni. Reagiscono alle proprie debolezze concentrandosi sul corpo: c’è chi si maltratta ma c’è anche chi, e ci sono moltissimi ragazzi, si costruisce un fisico da culturista. Si inizia a variare l’alimentazione e a chiudersi in palestra perdendo qualsiasi contatto con la realtà circostante: sono i casi di “vigoressia”. Lo spartiacque tra passione e patologia sta proprio quando l’idea diventa fissa ed esclusiva».

I campanelli d’allarme  esistono, basta stare in ascolto: « Se il rifiuto di dolci e zuccheri diventa costante e intransigente, se dopo il pasto si chiude in bagno per mezz’ora ogni volta, se aumenta  decisamente l’attività fisica, se perde progressivamente ogni contatto con amici e compagni, se i risultati a scuola crollano, allora è bene rivolgersi a uno specialista, uno psichiatra o un neuropsichiatra infantile, con cui indagare la situazione. Se, poi, emergesse l’evidenza di un disturbo alimentare, allora sarebbe bene allargare l’indagine con un’equipe che comprenda psicoterapeuta, nutrizionista e dietologo».

bulimiaA Varese, è possibile rivolgersi all’ospedale di Circolo di Varese, al dottor Stefano Rossignoli ma anche alla stessa Villa Mira Lago, struttura convenzionata con il Servizio sanitario regionale e nazionale. La struttura residenziale è la più grande d’Italia e tra le maggiori in Europa, con i suoi 46 letti di degenza, di cui 6 riservati ai minori. L’elevata richiesta, però, crea sempre delle liste d’attesa di sei o sette mesi.

« Guarire è possibile – tranquillizza il dottor Mendolicchio – la tempestività dell’intervento, però, è fondamentale. È bene, dunque, rivolgersi subito allo specialista. Il rischio di trascinare la situazione porta alla possibile cronicizzazione della malattia. Questi sono ragazzi che giocano con la morte, la sfidano costantemente, per cui l’equilibrio è sempre precario. Il disturbo sottovalutato in età adolescenziale può incidere sia sulla crescita sia sullo sviluppo dell’apparato sessuale. Il pericolo che un evento esterno di squilibrio possa intervenire, inoltre, rimane sempre. Diverso, invece, il percorso di guarigione che punta a distogliere l’attenzione dal corpo esterno per focalizzarsi sul proprio interiore. Noi, a Villa Mira Lago, lavoriamo sull’amore incondizionato di sé, cercando di capire la bellezza della propria umanità».

Anoressia, bulimia e fame compulsiva, nonostante si presentino spesso in età adolescenziale, non sono circoscritte a questa fase della vita. In ogni momento, davanti a qualsiasi delusione, può scattare nella testa un meccanismo distorto verso il cibo:« Sono in aumento gli anziani, soprattutto le donne che, dopo una vita al servizio di altri, si ritrovano sole e spaesate. A volte, è la menopausa che innesca l’angoscia perchè il proprio corpo non è più performante».

Nonostante la diffusione di queste debolezze psicologiche, il dottor Mendolicchio sottolinea un dato positivo: « La cultura e l’informazione più vaste stanno portando a una maggiore consapevolezza della malattia e della necessità di chiedere aiuto. È giusto che la gente sappia che non ci si deve terrorizzare: le risposte ci sono, così come  l’aiuto per affrontare il cammino».

Un pensiero su “Anoressia o vigoressia: quando il cibo diventa malattia

  1. Troppe le strutture in Italia che si interessano delle medesime cose. Si fa solo confusione e si disperdono le risorse in mille rivoli, a solo vantaggio dei privati. Servirebbe un coordinamento (da parte della Regione, che ha la competenza in materia sanitaria) che attualmente non c’è, così ognuno razzola liberamente nel proprio pollaio … e la Regione paga!

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