“Care mamme, nel parto il papà non serve”

img_4604_copia«Cosa posso fare per lei? Niente».
E’ questo il consiglio che il padre del parto dolce ha riservato alle mamme e alle ostetriche riunite per lui alla Casa Maternità di Induno Olona, per ascoltare i suoi consigli. «Io sono un uomo, non ho consigli. Sapete tutto voi».

Frédérick Leboyer, ginecologo e ostetrico francese, autore nel 1975 del libro cult “Per un parto senza violenza” trova che le donne abbiano già dentro di sé tutte le informazioni naturali necessarie e ìncita la padrona di casa, l’ostetrica Marta Campiotti, a confermare questa ipotesi, e condurre lei la giornata. Ma per lei, come per molte delle ostetriche e delle mamme presenti, quell’uomo in formissima, che dimostra molto meno dei 92 anni che ha all’anagrafe, è una specie di mito vivente, e nessuna delle presenti non può fare altro che ascoltarlo, altrochè.

A lui del resto la maggior parte delle mamme moderne deve i principali passi avanti in sala parto: come il tenere il bimbo sulla pancia subito dopo la nascita, l’attesa prima del taglio del cordone ombelicale, certe migliorie nelle sale parto nel senso del confort, come luci più basse e calde o rumori più soft. Ma Leboyer è andato molto oltre, pur con la convinzione che per quanto riguarda il parto «Non si può fare nulla al posto della madre e non c’è nessun segreto da svelare».

frederik leboyer casa maternità marta campiottiIl punto cardine, in questa faccenda, è che i protagonisti sono due e solo loro: «La mamma, e il bimbo che nasce – spiega Leboyer – La cosa più importante nel parto è seguirne i suoi tempi. Che sono innanzitutto quelli del bambino, che nella nascita subisce due cambiamenti fisiologici fondamentali. Innanzitutto il suo cuore, che prima faceva circolare il sangue solo sugli atrii attraverso un buco che si richiude proprio alla nascita, e dalla nascita fa funzionare anche i ventricoli, cambiando letteralmente il ritmo del battito del cuore, che passa da quello di una marcia militare a quello di un valzer. Poi il suo respiro, che prima passa dal cordone ombelicale e poi dal naso. Per entrambi questi avvenimenti ci vuole tempo, anzi ci vuole il tempo del bambino».

«Tutti i miei studi sono cominciati con una domanda – ha proseguito il grande ginecologo –  perchè il bambino, che esce da una prigione che via via è diventata più stretta, invece che avere una sensazione di libertà, grida? E la risposta che mi sono dato, nel tempo, è stata “perchè gli tagliano il cordone ombelicale troppo presto”. Non ha la sensazione di respirare ma di essere abbandonato, senz’aria». Il segreto per un parto non traumatico per il bambino è «Aspettare, aspettare… lasciare che i fatti accadano. La nascita è come attraversare una strada, da una vita all’altra. E la mamma deve tenere la mano al bambino, fino all’ultimo».

Ed è da lì che nasce un rapporto che è per definizione esclusivo, almeno nei primissimi tempi: «Persino gli ormoni si riequilibrano diversamente e la libido passa dalla zona genitale ai seni: perché per la mamma che allatta il maggior piacere è lì ed è giusto che sia così. E al marito non resta che dire: “non oggi…” se vi cerca. E non c’è niente di strano i questa reazione: tant’è vero che nella cultura indiana le mogli nel periodo dell’allattamento tornano a casa dalla loro madre».

La presenza a tutti i costi del padre nel parto non è affatto un progresso secondo Leboyer, ma: «Un disastro. Quando c’è il marito presente al parto, gli occhi della mamma passano dal marito al bambino in continuazione. E questo non va bene: i suoi occhi devono essere sempre e solo puntati sul bambino. Il padre può solo distrarre, in un rapporto che vede la madre sola con il suo bambino».

Un legame anche fisico mai avuto prima, che non incide solo nel figlio: «Nel parto avvengono due nascite: quella del bambino e quella della madre. Quest’ultima prima era una bambina, chiedeva aiuto come loro. Dal momento in cui diventa madre, non ha più bisogno di nessuno, e non può più chiedere aiuto a nessuno. Darà aiuto a suo figlio».

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