Fr. Hubert and me

Ciao a tutti quanti,

scrivo dallo Loiyangalani.

Le mie condizioni di salute stanno migliorando poco a poco, certi giorni mi sento più in forze altri meno, penso che questo stato di salute sia dovuto allo strascico delle medicine che ho preso da un lato per curarmi dalla malaria dall’altro per curarmi dalla forse infezione intestinale avuta. Dico forse perché qui la strumentazione tecnica per una, seppur abbozzata diagnosi sanitaria, non esiste e nel contempo mi domando come si fà.

La struttura lontana da me circa 500 metri, chiamata dispensario, l’unico nella zona che copre non so quante centinaia di km di vite umane non possiede nemmeno un seppur semplice strumento diagnostico, sante suore mi viene da dire.

Ho ancora qualche residuo di dolore generalizzato alle gambe e alla schiena, senso di debolezza e un leggero senso di disorientamento, spero possano passarmi il prima possibile.

Lo Loiyangalani non ammette persone deboli.

Qui la vita è dura così come il clima e solo persone sane, in forte salute possono resistere, in questo posto spietato, al confine tra la vita e la non vita.

Questa mattina Father Hubert, di origine tedesca, è partito.

Abbiamo passato insieme 2 giorni piacevoli, sai quando arriva una persona europea o comunque un muzungu è sempre piacevole poter scambiare qualche parola insieme, sapere il motivo che l’ha spinto fino a qui, quanto tempo si fermerà e cose di questo tipo.

E’ una novità.

Fr. Hubert abita a North-Horr oramai da 20 anni, completamente integrato nella società di cui è padre spirituale, conosce molto bene anche tutto il territorio limitrofo al lago Turkana.

Cosi ieri pomeriggio, mi ha chiesto se andavamo a visitare un suo amico tedesco, che possiede un lodge, non lontano da qui, l’Oasis Camp, costruito negli anni ‘70 e ristrutturato negli anni a seguire più volte.

Dopo aver pensato un’attimo al mio stato di salute, non del tutto buono, accetto comunque l’invito.

Cosi sedutomi sulla sua verdone land rover defender  partiamo.

Dopo 10 minuti di strada, arriviamo a questa immensa tenuta immersa nell’oasi dello Loyiangalani, incantevole, da rimanere senza parole.

Partendo dalla vastità del verde del giardino, all’architettura tipica locale, usano per la maggior parte palme, corde di canapa e ferro, ai dipinti e suppellettili vari sparsi qua e là, alle due vasche per la piscina, alle statue di legno raffiguranti uomini e donne impilate nel terreno per poi concludere con la vista mozzafiato che si ha sul lago Turkana.

Non puoi che rimanere a guardare, meravigliato.

In questo posto sono stati girati alcuni film, Le montagne della luna, il Cospiratore, The Constant garden, mai sentiti prima d’ora ma ritornato in Italia mi piacerebbe scovarli.

Alquanto particolare il proprietario di tutto questo, un uomo sulla 70ina, capelli grigi bianchi di media lunghezza, barba sfatta, pantaloncini beige-marroncini corti, petto nudo.

Al suo fianco la bottiglietta da ¼ di Gin con un rosso thermos contenente acqua fresca.

Osservo un libro sui grandi generali militari-dittatori dell’epoca, Hitler, Mussolini ed un altro che non riconosco bene, forse Rommel.

Quando gli pongo una domanda su di esso, borbottando prima in tedesco poi in inglese risponde, parole, parole, parole, penso sia meglio cambiare argomento ed ordiniamo una soda lemon ed una tusker beer.

Stiamo a chiacchierare per una buona mezzora, più loro che io, in tedesco.

Dopo averlo sentitamente salutato e ringraziato per l’ospitalità, decidiamo di partire per una visita al lago.

Risaliti sulla jeep, Fr. Hubert gira la chiave di accensione ma questa decide di non partire.

Prendiamo la tool-box ed iniziamo a fare un check alla batteria, si presenta subito molto sporca, piena di polvere marrone, rossa con gli elettrodi incrostati.

Si decide per la messa in moto manuale, cosi in quattro più uno zoppo, decidiamo di spingerla giù da un piccolo declinio, parte al terzo tentativo, ci dirigiamo subito a fare assistenza in missione.

Dopo circa una ventina di minuti di pulizia dei contatti, la jeep è come nuova.

Decidiamo nonostante l’ora, circa le 17:30 di partire per il lago.

Qui il sole cala alle 18:30 e diventa buio pesto se non vi è la luna a rischiarare la terra.

Prima di arrivare al lago ci fermiamo in un piccolo agglomerato di capanne dove vive una famiglia.

Veniamo accolti a braccia aperte.

Ci scambiamo i saluti ed i nomi per poi entrare nella capanna, costruita con legno e fango.

Mi stupisco di quanto sia pulita, nemmeno un sassolino sul pavimento e le pareti divisorie cosi lisce e ben fatte che mi lasciano stupito. Noto anche delle tendine colorate che fungono da finestre interne.

Dopo questo mio iniziale momento, ci accomodiamo ed iniziamo a pregare tutt’insieme, circa una dozzina di persone, intonando anche un canto tipico.

Riprendiamo il percorso.

Il padre mi porta in un posto mai visto prima, il fishing camp.

E’ per cosi dire il grande magazzino del pesce, dove i pescatori vendono il pescato della giornata, i proprietari del camp lo fanno seccare o su griglie lasciate al sole oppure su griglie scaldate dai carboni roventi.

Da qui una volta confezionato e stoccato viene spedito per barca e camion alle principali città, Marsabit, Kisumu sul lago Vittoria, Nairobi, etc.

Scattata qualche foto ricordo, anche al padre, ci dirigiamo verso l’estrema punta del lago, è il momento del tramonto.

Tutto sembra un bellissimo dipinto, solo un’immagine può rendere descrittivamente il posto.

Alle mie spalle erge potente e con tutto il suo verde il monte Kulal, alla mia destra una distesa pianeggiante spazi quasi infiniti dalle mille sfumature pastello, marroncino, giallo, ocra, verde chiaro, verde acido, sulla mia sinistra l’acqua del lago mi avvolge, con le sue onde increspate sulla riva causate dalla brezza che inizia a spirare e più in là scorgo i pendi lasciati dai crateri vulcanici di un lontano passato, oramai è divenuto terreno per muschi e vegetazione che trova difficoltà ad avere il suo spazio.

Davanti a me uno spettacolo unico, rappresentante la magnificenza del creato.

Dopo aver goduto di questa meraviglia, ognuno di noi è rimasto solo con se stesso per meditare, per riflettere, per pregare come fossero bisogni fisiologici ispirati da questo paesaggio così suggestivo.

Verso le 19:00 siamo ritornati in missione, dove ci aspettava la cena a base di riso, pesce e anguria.

Nel primo pomeriggio ho dedicato il mio tempo ad aiutare le suore, redigendo i report governativi relativi a tutti i pazienti che sono stati visitati e curati nel dispensario.

Va da sé che sistemo anche i laptop migliorandone le performance ed eliminando programmi del tutto inutili a loro.

In questi giorni a pranzo e cena si parla molto delle notizie che giungono da Baragoi, non lontano da qui. Ci sono scontri armati tra Samburu e Turkana per il possesso del bestiame.

48 il numero totale dei poliziotti uccisi, intervenuti per sedare la guerriglia.

Si pensa che il peggio sia passato.

Un abbraccio a tutti quanti

Un caro saluto da Gabriele

Loiyangalani

Un pensiero su “Fr. Hubert and me

  1. ma smettila di fare il frignone…quante storie per un po’ di febbre =)
    A parte gli scherzi quasi mi fai preoccupare. Anche perché era un po’ che non passavo di qui ed aprendolo oggi mi sono trovata sotto gli occhi questa notiziaccia… =(
    MI fa piacere che tu stia meglio, mi rasserena un po’. Ma sono anche consapevole della tua forza e convinta che tutto ciò non ti fermerà affatto anzi ti caricherà e ti darà ancora più energia per affrontare questa esperienza.
    Qui comunque tutto bene, l’inverno non è ancora piombato in quel di Gallarate con le sue temperature rigide per fortuna, ma purtroppo in Italia stanno succedendo diversi disastri, soprattutto in Toscana, a causa degli alluvioni e del maltempo. Speriamo che presto tutto possa risolversi per il meglio.
    Ad ogni modo tanti complimenti e tanti in bocca al lupo!!!
    Un abbraccio fortissimo!
    Mary
    ps. sabato giochiamo il derby contro il centro 😉

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