Jambo, Gabriele. Ti sto idealmente seguendo e ti leggo quasi quotidianamente.
Mi dispiace per la malaria che ti ha voluto far visita, ma tu sei giovane e…
spero, accorto. Intendo dire che non devi trascurare cio’ che va assolutamente
fatto. Tu stesso hai detto di sentirti piuttosto debilitato. Come certamente
saprai, la terapia per uscirne e’ un vero bombardamento a danno degli zuccheri:
quindi raddoppia il consumo di pasta e assumi glucosio, in quantita’, anche in
soluzione in bottiglie con acqua. Non prenderlo come il solito predicozzo di
chi non e’ piu’ “molto giovane”: avrai gia’ realizzato che l’Africa e’ bella,
e’ dura, ed e’ bella proprio perche’ e’ dura…Ma! Ho letto poc’anzi le tue
belle descrizioni di vita intorno al lago, dei tuoi faticosi ma interessanti
spostamenti con il padre tedesco; le tue riflessioni sono profonde, e
suggestive le immagini di vita e di paesaggi che ci trasmetti, coinvolgendoci.
Non so se potro’ farlo nel brevissimo tempo, ma ho in progetto di ritornare in
quei luoghi dove, come tu hai detto, e’ sottile il diaframma tra la vita e la
“non vita”. Luoghi che aiutano, forse, a capire una volta per tutte che la vita
in se’, a qualunque latitudine, foss’anche nel nostro habitat dell’occidente
“progredito”, e’, nell’essenza, caratterizzata dalla precarieta’. Cosi’ che
diviene difficile stabilire se siamo piu’ fortunati noi in un mondo che
allunga regolarmente la durata di un tipo di vita che genera infelicita’, o
quantomeno insoddisfazione crescente, o meno sfortunati gli abitanti di quei
luoghi aspri e difficili oltre ogni immaginazione, la cui vita ha breve durata
ma si svolge in quello stretto legame con la natura che noi abbiamo reciso. Ed
e’, questo, il nostro vero, solo, ” peccato originale”. Stammi bene. A presto!
Carlo