SUA MAESTA’ LA NATURA… IL VIAGGIO (parte quinta)

Quando siamo rientrati dalla passeggiata la cena era in tavola, per cui abbiamo atteso Padre Andrew e ci siamo trasferiti alla mensa. Terminato siamo usciti e ci siamo seduti sotto il portico, oltre a noi quella sera era presente anche il guardiano, e Gabri appassionato di armi bianche ha notato subito il suo arco, così si è fatto spiegare come tirare e siamo rimasti lì a ridere e scherzare mentre si lanciavano frecce… Durante quei minuti il Watchman (guardiano) ci ha raccontato delle sue azioni notturne per difendere la missione e vi assicuro che quando ci siamo diretti verso le nostre stanze, avevamo paura che ci arrivasse una frecciata. Per tutto il soggiorno se a qualcuno veniva sete di notte (come ha scritto Gabriele nei suoi racconti) prima di recarsi in cucina contava fino a 100, così magari si riaddormentava… Questo perché la guardia ha lasciato capire dalle sue storie che se qualcosa si muoveva durante la notte lui era pronto a scoccare la freccia senza esitazione! Data la buona notte, siamo andati a dormire nel nostro fornetto sperando che la sete non si facesse viva, e soprattutto augurandoci che Robin Hood non colpisse nessuno… Alle 3.00 Tony mi chiama e mi dice che ha il palato gonfio e che ha una forte nevralgia al dente… Non speravo di meglio… mi sono alzata controllando con il cellulare il pavimento per evitare incontri spiacevoli, arrivata all’interruttore,  la luce ci ha inondato e gli ho controllato in bocca notando che un carinissimo ascesso era cresciuto alla velocità della luce sul suo palato… EVVIVA!!! Così con la maestria di due chirurghi lo abbiamo inciso con un ago da cucito sterilizzato con la fiamma dell’accendino e correndo come due gazzelle inseguite da un leone siamo andati in cucina a prendere l’acqua per sciacquare la bocca, per fortuna Robin non ci ha sentito! Il dolore gli era passato così siamo tornati a dormire, confidando nella fortuna e desiderando che nient’altro a parte il caldo recasse disturbo al sonno.

Al mattino abbastanza provata dalla nottata, sono andata in piscina e mentre stavo entrando in acqua i miei occhi hanno visto qualcosa di strano… molto strano… uno scorpione abbastanza grosso sul fondo della vasca… altro salto olimpionico, ma fortunatamente non nuota ed era morto, così con il retino lo abbiamo tirato fuori dall’acqua lasciandolo in balia del ciclo della vita.  Da quel giorno, prima di fare il bagno facevo una ronda intorno al bordo della piscina per prevenire ed evitare spiacevoli incontri.

In questa giornata come nelle successive il lavoro principale del progetto riguardava la preparazione e l’installazione della seconda idroponica ed il controllo delle due nursery. E’ stato emozionante vedere come crescevano le piantine, diciamo che erano come i nostri bambini perché giunti all’altezza desiderata le abbiamo collocate nei bicchieri che a loro volta sono stati inseriti nella struttura. Azionata la pompa abbiamo dato loro l’acqua e da lì le abbiamo controllate e monitorate tutti i giorni, ma eravamo consapevoli che senza la luce artificiale difficilmente sarebbero potute sopravvivere, ed infatti come ha scritto Gabriele non sono riuscite a crescere come dovevano. Il problema è stato causato da un cavo che abbiamo ordinato ma che non è mai giunto a destinazione, siamo certi che con la luce anche la prima idroponica avrebbe terminato il ciclo di crescita. L’importante è sapere che l’idroponica funziona, adesso aspettiamo i pomodori.

Durante i giorni trascorsi al lago Turkana spesso ci siamo recati a pescare, era bellissimo vedere il lago in tutta la sua magnificenza e osservare come cambiava il colore dell’acqua di ora in ora. Così una volta preparate le canne ci siamo diretti dove Peter, il tutto fare della missione, ci aveva suggerito. Arrivati a destinazione sono rimasta sbalordita come sempre dalla bellezza del luogo e dal giovane pescatore che ha insegnato a Gabri a pescare solo con filo e amo.

Quel giorno, dopo aver promesso che non avrei lanciato sassi, sono andata insieme ad Erunye a passeggiare. Camminare al lago è sorprendente, tutto scricchiola come quando si cammina su un sottile strato di ghiaccio, tutto si sgretola sotto i tuoi passi lasciando che la tua impronta divenga parte del suolo come se fosse un fossile. Ho toccato perché incredula quella crosta e tutt’ora sento il suo calore e il suo pungere, perché in questa massa di terra si formano dei cristalli di sale duri e sottili come aghi.

Spostandomi a piedi mi sono accorta di quanta vita e morte regna in questo territorio, ogni tanto dal nulla spunta un albero color smeraldo circondato da pietre rosse come rubini o una libellula che sbatte le ali mentre cattura un insetto.

Abbassando lo sguardo verso il terreno scopri invece ossa di vario genere: lische di pesce, corna di mucca, ossa di chissà cosa e piccoli fossili di conchiglie.

Ma ancora più sorprendente sono le distese di sassi fossili… stavo camminando nella preistoria.

Quando sono tornata dal gruppo mi sono soffermata ad osservare il giovane pescatore intento nel suo lavoro, pescava con una grande abilità e sopratutto a lui i pesci abboccavano!!!

Ma dopo qualche minuto anche i nostri tre pescatori sono riusciti a tirare fuori dall’acqua qualche pesce… per fortuna, altrimenti non saremmo tornati in missione dalla vergogna!

Il tramonto ci aveva ormai inondato con i suoi colori e tutto fiero si lasciava fotografare…

Il pescato lo abbiamo regalato al nostro pescatore, che felice e contento è salito in macchina con noi, così oltre ad aver accumulato qualche pesce in più si è anche, per una volta, evitato parecchi chilometri a piedi. Tornati in missione i nostri “Sampei” camminavano a testa alta, fieri della loro pescata e pronti ad assaporare la cena.

Il titolo è nato per omaggiare la natura che durante tutto il viaggio è stata la regina indiscussa delle nostre esperienze, ci ha fatto ridere, spaventare, sognare ma soprattutto ricordare quanto sia bello vivere a contatto con lei. Molto spesso a causa del nostro stile di vita non ci soffermiamo molto a conoscerla, ma di una cosa sono certa, per quanto i nostri pensieri offuschino la nostra mente e per quanto cemento e catrame provino sempre più a ricoprire la terra, la natura cercherà comunque di farsi notare. Il nostro sguardo verrà attirato dai suoi segnali, come quando sull’asfalto o su un muro compare all’improvviso un ciuffetto d’erba, dimostrando che la terra appartiene alla natura e noi siamo parte di essa, diventato anche se per pochi istanti un tutt’uno.

A presto Lilly

 

 

 

 

 

 

PROGETTI E VITA… IL VIAGGIO (parte quarta)

Dopo essere rientrati in Missione dalla poco redditizia pesca, abbiamo cenato e chiacchierato con Padre Andrew, raccontando della giornata e del progetto, comunicandogli che il giorno successivo avremmo installato i pannelli solari. Il suo entusiasmo in merito al progetto era molto attivo quasi tutti i giorni veniva a controllare le piantine e con occhi sbalorditi e increduli le guardava crescere.

Al mattino come anticipato è iniziata la lunga e sudata giornata dedicata ai solari. Alle 8.00 il caldo era già focoso, e il pensiero di salire su un tetto in lamiera non era molto allentante sia per la pericolosità sia perché era già incandescente. Fortunatamente le strutture di sostegno erano state precedentemente preparate e collocate sulla tettoia, dai ragazzi della Missione.

Il compito di posizionare i pannelli è stato svolto da un ragazzo che lavora per Padre Andrew, mentre Tony e Simone da sotto glieli passavano.

Terminato il passaggio dei pannelli siamo passati ai collegamenti, così coraggiosamente Simone e Gabriele sono saliti sulle lamiere e hanno collegato i cavi. Scesi dal forno siamo passati agli allacciamenti interni, con l’aiuto di Padre Andrew abbiamo riempito le batterie di acido e le abbiamo collocate nella stanza, gentilmente offerta per il progetto. 

Il momento successivo è stato parecchio divertente, Tony e Gabri si sono arrampicati su un mobile per tirare e tagliare i cavi che sarebbero serviti a far partire l’impianto. Il caldo di quella stanza era insopportabile e immaginate loro due sull’alto di una credenza sotto ad un tetto in lamiera. Parlavano di come tagliare i cavi mentre le gocce di sudore cadevano da ogni parte del loro corpo,  Gabriele ha lottato ripetutamente contro la caduta dei suoi occhiali mentre Tony gli rispondeva con frasi sconnesse. Una volta scesi si sono lanciati in piscina.

Ma ciò che non era visibile ai nostri occhi, ma che stava da più di ora sul tetto, era quel sant’uomo di Erunye, era lì ad aspettare che finissero i collegamenti per tirare definitivamente il cavo ai pannelli, era sconvolto, e quando è sceso era legittimamente intontito.

Ma qualcosa ci ha dato una mano, probabilmente anche il cielo aveva compassione di noi così ci ha regalato il miracolo della pioggia. In questo luogo piove 5 giorni l’anno… Alzando gli occhi al cielo ho pensato : “La nuvola di Fantozzi ci ha inseguito fino al Lago Turkana, ma questa volta è ben voluta”.

Terminato il lavoro e l’acquazzone siamo andati in città a comprare, l’ormai indispensabile caffè e a cercare le zanzariere per coprire le due strutture, altrimenti gli insetti avrebbero fatto razzia delle piantine. La cittadina dello Loyangalani è situata all’interno di un’oasi ed è molto ben tenuta ed organizzata, anche i negozi sono riforniti bene, anche se i prezzi sono alle stelle per gli standard del Kenya, perché tutto viene ordinato e consegnato tramite corrieri, per cui su quasi tutti i prodotti c’è la maggiorazione del trasporto. 

Camminare per le vie del villaggio è come sempre entusiasmante e pieno di sorprese, fai incontri e incroci sguardi dai quali puoi capire se sei ben accetto o no, ma in questo caso la nostra presenza è stata ben voluta, soprattutto da parte degli immancabili bambini, che quando vedono un bianco si incollano per osservare ogni millimetro del suo corpo. All’inizio questo atteggiamento può sgomentare, ma col tempo diventa un’opportunità, perché permette sia di mettere a confronto due mondi estremamente differenti sia di conoscere meglio la loro cultura. Alcune immagini mi tornano alla mente di quel momento e una di queste è una bambina di 4/5 anni che portava legata al suo minuscolo corpicino la sorellina di circa 6 mesi; la teneva stretta a sé, mentre correva e giocava allegramente con gli altri bambini, senza preoccuparsi di come muoversi o di come parlare, era sicura di ogni suo gesto e movimento, una piccola donna che ha imparato sin dalla più tenera età la responsabilità dell’aiutare il prossimo, senza però dimenticarsi dei suoi bisogni di bimba. Questo ti fa capire quant’è diverso il nostro stile di vita, dove spesso il benessere e le paure vincono sulla fiducia nei riguardi del bambino, il quale attraverso le azioni e gli insegnamenti dei genitori riesce già da solo a mettere in pratica, senza tante difficoltà ciò che gli viene chiesto, diventando fortunatamente autonomo, consapevole dei problemi, dei pericoli, delle gioie e di tutto ciò che può insorgere ogni giorno sul suo percorso, imparando con il gioco e l’esperienza dei più grandi, una lezione dal valore incalcolabile: la vita! La mia non vuole essere una critica o una lezione sull’educazione infantile, a quello ci pensano le tate di SOS tata, ma semplicemente un’occasione per far comprendere che queste creature per quanto sommerse da difficoltà quotidiane e pur non vivendo nel “benessere materiale” sono felici e libere, e fattore ancora più straordinario sono orgogliose e fiere della loro esistenza, apprezzando e gioendo giornalmente di quello che la vita gli offre.  Quando sono diventata consapevole che la mia emotività spesso vinceva sull’effettiva realtà ed esigenza, ho compreso che si può aiutare in maniera proporzionata, senza intromettersi nell’intimo della loro educazione e della loro cultura, realizzando come in questo caso un progetto in grado di migliorarne le condizioni di vita.

Ma tornando al racconto, durante quei minuti mi sono seduta sotto un albero e i bambini mi hanno sommerso di domande ed era divertentissimo vedere le loro espressioni quando gli rispondevo in swahili, non so fare un discorso al 100% ovviamente, ma il linguaggio dei bambini è molto semplice e diretto, per cui ne sono uscita vittoriosa, altrimenti mi avrebbero preso in giro per tutto il tempo. Gabriele e Tony si sono invece dilettati nel giocare a calcio con un altro gruppo, la palla era costruita con sacchetti di plastica appallottolati, corde recuperate in giro e pezzettini di tessuto; è a tutti gli effetti una palla, ma che ha un’arma nascosta…. Non si buca sulle tante spine che ci sono per terra! Il match non è durato molto perché i bambini sono abituati al caldo, Gabriele e Tony un pochino meno, per cui vinti e sudatissimi, sono venuti sotto l’albero.

La foto che troverete qui sotto rappresenta uno dei giochi che insieme alla palla regalano gioia e spensieratezza ai bambini.

Sono moltissime le sfaccettature che si riescono a cogliere durante una semplice passeggiata, e come in questo caso sapere che spesso la chiave d’accesso per la conoscenza verso chi ti trovi di fronte è la pura ed onesta umiltà, ti fa capire che ogni tanto il ritornare nei panni di uno spensierato bambino che in quanto tale ha pochissime paure, determina una libertà di pensiero molto ampia, trasformando e arricchendo ancora di più il  viaggio che stai compiendo.

Un abbraccio a presto

Lilly

PRONTI, PARTENZA, VIA… IL VIAGGIO (parte terza)

Ed eccoci qui pronti a risalire in macchina e quasi arrivati alla nostra meta, il Lago Turkana.

Simone dopo essere ripartiti ci ha detto che mancano circa 90 km, e confronto a tutti quelli che avevamo percorso nelle ultime ore e settimane ci sembravano secondi. Il tramonto stava piano piano salutando tutto ciò che ci circondava, posando sulla natura il suo mantello dagli accesi e caldi colori.

Anche l’ambiente intorno a noi stava cambiando, la savana aveva ripreso possesso della terra ma lasciava intravedere alcuni sassi che proseguendo si sarebbero impadroniti del suolo trasformandolo di nuovo in deserto.

Devo ammettere che a questo punto del viaggio anche la stanchezza fisica iniziava a farsi sentire, in macchina per qualche tempo ha regnato il silenzio, tutti eravamo concentrati a scrutare l’orizzonte per vedere se per caso si intravedeva il lago… ma niente!

Ad un certo punto Simo, quasi volesse farci fare un gioco, ci ha chiesto di contare dei piccoli ponticelli che ogni tanto apparivano sulla strada, dovevamo arrivare a 6! Per cui con gli occhi sbarrati abbiamo iniziato il conteggio e nel contempo ogni tre per due io e Gabri scattavamo foto, sembrava che non volessimo perdere neanche il più piccolo dettaglio dello spettacolo che ci circondava. I tramonti sono sempre affascinanti e pieni di meraviglia da parte di chi guarda.

Dopo essere arrivati a 6, abbiamo superato alcune curve ed una collinetta e ciò che apparso ai nostri occhi era paragonabile ad un miraggio…

Ecco finalmente il lago Turkana, in tutta la sua magnificenza, con indosso il suo abito migliore… eravamo arrivati e non esisteva momento più armonioso e confacente per osservalo… sono stati attimi di pura magia, dove regnava solo l’incantesimo che a generato quel paradiso, il The end perfetto di una favola, che ti fa dimenticare tutto quello che hai dovuto sopportare per vederlo, facendoti comprendere che era un meritato ed equo prezzo da pagare.

A questo punto pensavano d’essere arrivati  anche in Missione e invece no! Diciamo che non è proprio vicino il villaggio dello Loyangalani,  durante questi ultimi km il caldo era al limite della sopportazione, la strada era composta al 99% da sassi e l’altro 1% da sassolini per cui il terreno era paragonabile a carboni ardenti. Il buio era ormai padrone del cielo, ogni tanto incontravamo dei pescatori che facevano ritorno alle loro capanne, per il resto l’unica presenza e rumore era provocato dalla macchina. Ci siamo fermati alcuni istanti per esigenze fisiche, Simo e Gabri sono scesi dalla Land Rover mentre io e gli altri siamo rimasti comodamente seduti… ma qualcosa ha disturbato la quiete del luogo e del momento… Io!!! All’ improvviso ho sentito delle zampe sulla mia mano che pochi secondi dopo si erano spostate sul mio collo… non immaginate neanche l’acrobazia che ho fatto, perché con un balzo mi sono ritrovata con i piedi per terra, sono sgusciata fuori dal mio sedile senza sfiorare o rompere i tubi ma cosa più importante senza calpestare i pannelli solari. Una volta a terra tremavo come una foglia e continuavo a chiedere agli altri di controllarmi la schiena per vedere se c’era qualcosa, ma niente… Può sembrare una reazione ridicola e dopo aver saputo cos’era lo è stata, ma il tutto è nato dal pensiero che fosse un ragno molto comune in Kenya, ha 6 zampe, è molto grosso e vola, e io di certo non sono una che rimane ferma alla presenza di quell’insetto. Alla fine cercando in macchina abbiamo scoperto la bestiola, era appoggiata al finestrino e sembrava una specie di libellula/farfalla gigante, con 6 zampe, un corpo allungato, un robusto torace con sfumature di rosa e bianco e 4 ali, ho cercato qualche immagine ma non sono riuscita a trovarle, prima o poi conoscerò il nome, perché quelli che mi avevano detto non erano corretti.

Dopo l’avventura siamo ripartiti e circa 30 minuti dopo eravamo nell’oasi dello Loyangalani, non si vedeva niente a parte qualche luce nelle case. Scesi dal nostro mezzo di trasporto padre Andrew ci ha accolto e ci ha fatto accomodare a tavola.

Un buon piatto di riso e pesce e per finire una gustosa fetta di anguria. 

Terminata la cena ci siamo diretti alle camere, e per raggiungerle abbiamo attraversato ovviamente al buio una specie di boschetto. Le stanze  erano all’incirca tutte e tre uguali tranne la nostra che non aveva il lavandino.

(quella della foto sotto riportata è di Gabriele)

Dopo aver posato i bagagli, ci siamo catapultati nella piscina della missione, può sembrare strano trovare una piscina in un luogo come questo ma non c’è nulla di sprecato, perché l’acqua arriva da una fonte termale e viene sempre riciclata e poi ha una temperatura talmente alta che non potrebbe essere utilizzata meglio, è terapeutica. Finito il bagnetto siamo andati in bagno e lì abbiamo fatto il primo incontro con uno scorpione. Era nel lavandino e in un nano secondo è scomparso nello scarico. Che bella visione prima di coricarsi! Eravamo esausti, nemmeno quell’insetto poteva recarci spavento, così siamo andati a letto! Il risveglio è stato divertente, i nostri visi erano lo specchio della nottata, che lasciavano intravedere chi aveva dormito bene e chi meno! Naturalmente i due piccoli del gruppo, io e Simo abbiamo riposato alla grande, perché i letti erano realizzati per persone di media altezza e Tony e Gabri avevano qualche svantaggio, Tony in modo particolare!

Ma ciò che colpiva allo sguardo era quello che ci attorniava, tutto verde! Uno spettacolo unico, eravamo all’interno di un’oasi, che per quanto verde è impossibile da coltivare perché la terra non assorbe l’acqua e se lo fa diventa fango, solo alcune specie di piante riescono a crescere come ad esempio le palme.

Motivati e carichi abbiamo iniziato sin dal primo giorno con la realizzazione in loco del progetto, la prima cosa che abbiamo fatto è stata la saldatura della struttura preparata ad Isiolo, così Simone munito dei miei occhiali e di una maschera che premurosamente gli avevo costruito con del cartone, ha iniziato a saldare.

Il secondo passo è stata l’installazione dei tubi che fortunatamente il cognato di Simone aveva precedentemente forato.

Lavorare era massacrante perché il caldo non dava tregua, soprattutto i primi giorni, per cui spesso e volentieri il tutto era tamponato da un tuffo in piscina e un caffè, ogni giorno se ne beveva almeno mezzo litro a testa! Ma era necessario per continuare, non poteva vincere il caldo, così continuavamo nell’opera, c’era chi coraggiosamente bucava i contenitori delle pompe e i bicchieri, e questo merito va tutto a Erunye e Tony “cognato”, perché accendere il fuoco allo Loyangalani è una bella sfida contro il caldo, e continuare a bucare plastica per circa due o tre ore è davvero eroico, c’era poi chi preparava le prime nursery e chi incollava i tubi di drenaggio dell’acqua.

Superate le ore più calde, il gruppo si è spostato per andare a pescare, la nostra destinazione sarebbe stata il museo dello Loyangalani. Un edificio la cui utilità in tutta sincerità non l’ho capita. E’ una struttura molto ben compiuta, perché è stata edificata sull’alto di una collina e la balconata che si affaccia sul lago è da lasciare senza fiato, ma anche senza di esso sarebbe stato bellissimo perché è il paesaggio a farla da padrone e a rendere il luogo incantato.

Dopo aver lasciato i pescatori Tony e Simo, ho fatto un giretto e ho pensato bene di giocare con i sassi, ne ho lanciato uno e questo mi è rimbalzato come un proiettile sullo zigomo. Dopo aver realizzato il colpo sono andata da Tony e con la faccia insanguinata gli ho detto che andavo in macchina, così almeno non avrei fatto altri danni. Dopo aver medicato il taglio con un’arancia che avevamo dimenticato in macchina e dopo aver rimosso le schegge del sasso, mi sono accorta che fortunatamente non era così profondo. Una cosa è certa, ogni volta che mi guarderò il viso, quella cicatrice mi ricorderà di questo splendido viaggio. Evito di mettere la foto perché non è proprio bella.

Quando mi sono ripresa dalla botta ho lasciato che il sole si lasciasse catturare dal mio obbiettivo.

Vi lascio con questa immagine perché più di mille parole può far comprendere l’estasi del mio stato d’animo in quel momento.

Il viaggio non termina qui, nei prossimi articoli dedicheremo spazio al progetto e alle nostre avventure quotidiane.

 Buona domenica a tutti!!!!!!!!!!!!!!

SI RIPARTE… IL VIAGGIO (parte seconda)

Spero che il primo articolo sia stato di vostro gradimento e che le foto abbiano reso la lettura più appassionante. La seconda tappa del viaggio ripercorrerà la difficoltà che abbiamo incontrato a causa della pioggia!

Dopo aver salutato lo staff dell’ospedale di Laisam, siamo saliti in macchina e come potete immaginare abbiamo parlato di ciò che avevamo visto e sentito. Il bello di viaggiare con persone propense ad attingere a ciò che si vive, permette d’affrontare discorsi ricchi di opinioni, non necessariamente simili ma anche contrastanti le une dalle altre. E’ qualcosa di molto positivo perché fortunatamente gli esseri viventi hanno una mente indipendente e molto spesso senziente che permette d’afferrare quello che un’altra persona non è riuscita a cogliere, facendo nascere soluzioni e risolvendo problemi.

Spesso è proprio vero che un viaggio da fisico si trasforma in mentale, arricchendo ancora di più l’itinerario, ma che come in questo caso ci ha fatto sobbalzare all’ improvviso a causa dei buchi sulla strada ma dandoci la possibilità di notare la trasformazione del paesaggio, sembrava quasi infastidito dal fatto che non lo stavamo osservando e se era così aveva ragione perchè dalla splendida savana è mutato rapidamente in un luogo marziano. Eravamo  sommersi dalle pietre e dalla polvere del primo deserto… Il deserto dei sassi… Che caldo!

Da qui è iniziato il comprensibile dubbio di Simone sulla strada, perché da lontano le nuvole non promettevano bene, per cui a man mano che incrociavamo qualche auto piuttosto che persone, chiedeva informazioni sul percorso più sicuro da prendere. Ci sono state opinioni discordanti da parte della gente, alcuni dicevano di passare da una parte altri da un’ altra, alla fine ci siamo diretti verso Marsabit, avremmo allungato di alcuni chilometri la strada, evitando però di impantanarci.

Nelle vicinanze della città com’ era prevedibile dal cielo abbiamo incontrato le piogge, le quali rendono davvero pessime le strade, inondandole di fango, fortunatamente avevamo un gran bravo autista che come se niente fosse passava attraverso quelle pozzanghere, vi assicuro che non è solo merito della macchina se si riesce a superare quelle pozze, perché il captare nell’ arco di pochi metri la parte più sicura da prendere è davvero difficile, soprattutto se guidi una specie di Pullman. Bravo Simo!

Ma non tutto è filato liscio come l’olio perché dopo aver superato il fango, il cofano anteriore si è spaccato, per cui ci siamo fermati e con una corda lo hanno bloccato.

Terminato il ripristino siamo ripartiti, da lontano abbiamo visto arrivare parecchie macchine, dei fuori strada con delle antenne enormi, i guidatori erano persone di mezza età, presumo stessero facendo una sorta di gara, una di queste macchine si è fermata al nostro stop e due tizi presumibilmente inglesi dai lunghi baffi e capelli bianchi, ci hanno salutato con divertimento, gli abbiamo chiesto se per caso sapevano com’ erano le strade andando avanti ma sfortunatamente non lo sapevano. Arrivati a Marsabit, abbiamo fatto benzina e poi a tentoni abbiamo cercato di individuare con l’aiuto di alcuni locali la strada meno danneggiata dall’acqua, che ci doveva condurre verso il deserto del Chalbi! La prima non era giusta la seconda fortunatamente si!

Abbiamo lasciato alle nostre spalle il fresco e le verdi colline di Marsabit, inoltrandoci di nuovo in savana, il caldo iniziava a farsi sentire e anche la fame.

Così dopo aver proseguito per qualche chilometro abbiamo deciso di fermarci per pranzare e per ridare un forma eretta al nostro corpo. Sotto una bellissima acacia secca, abbiamo tirato fuori dalla macchina lo scatolone delle provviste. Un pranzo da veri “guerrieri”, carne salata, che solo io, Simone ed Erunye mangiavamo, non è male bisogna solo andare oltre alla forma, al colore e scordarsi di leggere l’etichetta, poi vi assicuro che  è molto energetica e saporita, insieme alla carne avevamo asparagi, cornetti, uova, pane e poi alla fine di tutto ci siamo preparati un buon nescaffè, mi dispiace non avere foto del pic nic ma credo che il mio  cervello fosse troppo concentrato a riempire lo stomaco e a far tornare in circolo gli zuccheri. Terminata la pausa ci siamo guardati intorno e abbiamo scoperto che fortunatamente c’era un’ area di sosta, con tanto di bibite fresche e indicazioni stradali….

Meno male… perché sapere dove sei e dissetarsi con delle salutari sodas è sempre consolante e rigenerante…

Dopo ciò siamo risaliti in macchina! Erano già passate quasi 8 ore dalla partenza ma personalmente non mi sembrava, sarà perché i miei occhi erano sempre concentrati ad ammirare ciò che il panorama offriva. Dopo aver superato la savana, è stato il momento di un altro deserto di sassi e qui abbiamo fatto conoscenza con dei simpatici “uccellini”!

E’ stata un scena divertente perché il maschio curava e correva dietro ai piccoli e la femmina era con le sue “amiche” dall’ altra parte della strada a chiacchierare mentre lo guardavano correre! Abbiamo salutato struzzo, struzze e struzzini e siamo ripartiti. Nel frattempo in macchina si parlava del più e del meno per esempio:

Tony che guarda Gabri e gli dice: “dai fai la barba?”

E Gabri: “tranquillo prima o poi accadrà, forse domani, forse…”

oppure :

“ma secondo voi qual è l’articolo corretto del Loyangalani? Il Loyangalani o lo Loyangalani?”

Risposte significative: “non ha articolo; Il lo dello sullo Loyangalani;”

Vi assicuro che eravamo presissimi a riguardo e anche durante il soggiorno al lago Turkana ci siamo posti lo stesso interrogativo, comunque una parte di queste domande (al momento per i nostri cervelli esistenziali), erano provocate dalla continua perdita di liquidi causati dal caldo! La nota positiva era però che tutti questi ragionamenti impegnativi erano ritmati da un piacevolissimo sottofondo di musica Reggae che santamente Simone ha portato con sé (un cd che è durato circa 9 ore), altrimenti visti i discorsi sono convinta avremmo intonato noi qualche canto, come quando si va a sciare e durante quasi tutto il percorso in pullman si cantano canzoncine come “quel mazzolin di fiori”, “fin che la barca va…”, ecc… ma sarebbe stato davvero imbarazzante in pieno deserto con 50° e due ragazzi kenioti abituati a tutt’ altra musica, fare gli alpini!!! Ad un certo punto lo scenario che si è proiettato ai nostri occhi è stata una vera sorpresa. Sabbia, sabbia, sabbia e sabbia….

Eravano arrivati nella periferia del Chalbi, come tutti i deserti ti lascia a “bocca aperta” sia per la vastità del nulla sia per alcune meraviglie che solo un luogo così ostile più creare, è vita o morte, e quando è la vita a trionfare il risultato è sbalorditivo.

Il viaggio stava proseguendo tranquillamente, non avevamo più contatto con la civiltà da parecchie ore ma finalmente all’ orizzonte sono apparse delle capanne! Eravamo arrivati a Kargi, cittadina abitata dalla tribù dei Rendille, considerata una delle etnie più pacifiche del Kenya e per quel poco che ho potuto constatare è così.

Un luogo, che rimarrà indelebile nella mia mente. Non esistono parole adatte per descrivere questo sito, non tanto per come è stato edificato perché è molto ben curato; ci sono edifici ben costruiti, negozietti, scuole ecc… o per le mansuete persone che vi abitano, ma quanto per l’estrema difficoltà a viverci. E’ situata in un deserto e tutt’ intorno non c’è niente, nulla, se non la savana e il deserto. Sono rimasta atterrita perché non c’è acqua se non quella del pozzo, la distanza per raggiungere un paese attrezzato alle emergenze è lontanissimo e come per Sereolippi tutto sta nella fortuna di trovare un passaggio, la polvere rende tutto mimetico sembra un paese fantasma. Sentire un bambino chiederti dell’acqua è qualcosa che ti lascia il cuore a pezzi, perché fa parte dei bisogni primari dell’uomo, fortunatamente ne avevamo in abbondanza. Al mio rientro parlando con la moglie di Simone, Christine, mi sono resa conto che anche per lei è stata una doccia fredda vedere Kargi, ha avuto i stessi miei pensieri,  sicuramente riceveranno anche molto sostegno attraverso gli aiuti umanitari, perché in caso contrario sarebbero in totale isolamento dal mondo esterno, guardando in Internet a parte un puntino sulla mappa, viene dedicato ben poco spazio a questo paese e ai loro abitanti, ed è veramente assurdo, perché qui ci vivono uomini, donne e bambini che meriterebbero d’essere riconosciuti per la loro capacità giornaliera di adattarsi e di vivere bene anche con poco.

“nihil difficile volenti” (“nulla è arduo per colui che vuole”). 

Non sapendo con precisione il percorso da prendere abbiamo chiesto informazioni e un ragazzino si è offerto di accompagnarci fino al principio della strada per Southor, dopo avergli lasciato la mancia per l’aiuto, abbiamo rivolto un saluto pensoso a  Kargi e siamo ripartiti.

Avvicinandoci alle colline di Southor, ci siamo dovuti fermare per controllare lo stato della strada perché apparentemente sembrava pericolosa per il fango.

Tutto ok, cognato Tony ha detto: “Hakuna Shida, bara bara ico poa” – (nessun problema la strada va bene). Ho pensato: “Meno male visto che il sole sta tramontando, ho un tubo piantato nella gamba e uno scatolone tenuto saldo con la  nuca”, mi mancava solo di dormire così! Attraversata la fanghiglia siamo arrivati al bivio di Southor , che ci avrebbe permesso di prendere la strada per il Lago Turkana. Una volta immessi nella giusta direzione ci siamo fermati a riposare qualche minuto, e a scattare qualche foto che finalmente non sarebbero risultate mosse!

Dopo la meritata e ristoratrice sosta siamo ripartiti verso la nostra meta.

Ma questa è un’altra storia… per oggi il nostro viaggio finisce qui!

Grazie a tutti perché il ripercorrere con voi questo Safari mi fa tornare alla mente tantissimi particolari che mi sarebbe dispiaciuto dimenticare.

 Un abbraccio buona serata

Lilly

IL VIAGGIO (parte prima)

Come vi avevo anticipato oggi inizieremo a raccontarvi con più dettagli il viaggio verso il Lago Turkana, descrivendovi alcune tappe importanti che abbiamo fatto.

Buon viaggio, buona lettura e buona visione!!!!

Siamo partiti all’ alba da Isiolo lasciandoci alle spalle una leggera frescura mattutina, dopo un’abbondante colazione, perché il prossimo pasto sarebbe stato chissà quando!

La macchina era completamente carica rimanevano solo i sedili vuoti, io ed Erunye eravamo incastrati tra file di tubi e sei pannelli solari (questo è ciò che comporta l’essere minuti), Simone alla guida con accanto suo cognato Tony e in mezzo Gabri e Tony.

 

Siamo andati parecchio spediti fino alla prima fermata Sereolippi (traduzione dalla lingua samburo: “il fiume sterile” – questo perché l’acqua è sotto di un metro rispetto al letto del fiume, per cui invisibile), ma durante il tragitto mi ha colpito il cambiamento di alcuni paesi che molto velocemente stanno subendo l’ondata del progresso, un paese in particolare Acher’s Post. La prima volta che mi recai in quel piccolo villaggio nel 2008 con Simone, per portare un desalinatore d’acqua, era un paesello composto da pochi negozietti e qualche capanna e fino al 2010 non era cambiato molto, oggi ai mie occhi si presenta con distributori di benzina, negozi in muratura, una moltitudine di persone e tanto cemento… è strano vedere la metamorfosi di un luogo e quello che può rappresentare e provocare lo sviluppo economico, non so se la rapidità è la soluzione migliore e cosa comporterà, se sarà positivo o negativo, comunque staremo a vedere!!!

Dopo circa un’ora e mezza di percorso siamo arrivati a Sereolippi e qui abbiamo bevuto un buon caffè nella Missione di Padre Pedenzini, che sfortunatamente non era presente ma che abbiamo poi rivisto al rientro dal lago. Durante la breve sosta siamo però riusciti ad assistere all’ uccisione di una gallina e alla cattura di alcuni pesci, nello specifico Tilapia. Anche questa Missione è isolata non esistono mezzi di comunicazione se non a piedi o in auto, per cui se hai qualche emergenza bisogna armarsi di pazienza e sperare di raggiungere al più presto un luogo dove c’è linea telefonica o trovare la prima auto disponibile a darti un passaggio, piuttosto che cercare risorse utili a tamponare anche la più semplice delle emergenze. Il viaggio fino a Sereolippi è molto piacevole qualche mese fa hanno terminato di asfaltare la strada per cui è scorrevole e da la possibilità di ammirare con tranquillità il paesaggio, che dalla savana passa a verdi montagne con picchi di rocce rosse che vorresti toccare con mano da quanto sono perfette.

Superata Sereolippi abbiamo abbandonato la strada asfaltata e ci siamo diretti verso Laisamis dove ci aspettava la visita all’ ospedale per verificare le condizioni della struttura e del personale. Penso che sia stato per me un momento di estrema impotenza, vedere i pazienti e parlare con giovani medici ed infermieri che si dedicano con passione e volontà al proprio mestiere, in condizioni davvero complicate, ti fa capire che la dedizione verso una passione a volte è più importante di qualsiasi mezzo, per cui ho pensato che se avessero i mezzi per lavorare, operare e visitare in maniera salutare potrebbero raggiungere uno straordinario risultato.

Appena arrivati il medico che ci ha accolto e la capo infermiera hanno accettato di farsi intervistare, dopo l’autorizzazione delle suore che quel giorno non erano presenti,  abbiamo proseguito con l’intervista e  la visita all’ interno della struttura, ci hanno mostrato il dispensario, la sala visite e le sale operatorie (i cui macchinari non sono attivi a causa della mancanza di elettricità), la sala parto che mi ha fatto riflettere parecchio e infine l’incontro con un paziente che qualche giorno prima era stato morso da un serpente; non dimenticherò mai la sua stretta di mano e il suo sguardo e penso che nemmeno gli altri riusciranno a cancellarlo, io sono uscita da quella stanza con un nodo alla gola e ho pregato in silenzio affinché quel ragazzo si riprendesse.

Durante l’intervista ci hanno raccontato le difficoltà che giornalmente devono affrontare e sentirsi dire che non hanno acqua, energia e mezzi di trasporto lascia un po’ di amarezza, perché sapere che esiste una struttura che potrebbe essere in grado di curare, assistere, soccorrere e anche salvare esseri umani non può essere lasciata in quelle condizioni, anche se la realtà è questa, ma hanno una grande fortuna perché come ho anticipato prima sono organizzati bene per i pochi mezzi a loro disposizione e ogni giorno hanno il coraggio di non mollare!

(n.b. l’intervista verrà pubblicata successivamente perché in fase di lavorazione).

Per oggi termina qui il nostro viaggio, spero che in qualche modo vi siano arrivate le nostre emozioni, grazie a tutti per il continuo sostegno sapere che ci siete rende forte la nostra voglia di continuare questo cammino!

 Buona notte un abbraccio

Lilly

RITORNO AL FUTURO…

Buonasera a tutti vi scrivo dalla ormai nota ROOM 21 di Malindi, siamo arrivati questa mattina alle 5.30 dopo un viaggio durato parecchi giorni e che ci ha prosciugato da ogni energia.

Abbiamo lasciato il magnifico Lago Turkana venerdì mattina e siamo arrivati nella fiorita Isiolo la sera, ci siamo riposati un giorno e ieri mattina alle 8.00 un Matatu ci ha portato a Nairobi e da lì la sera abbiamo preso un pullman con direzione Malindi, sono sconvolta ma lo rifarei perché la bellezza di quel luogo rende piacevole anche il più pesante dei viaggi.

Quando siamo arrivati al lago un incantevole tramonto ci ha accolto lasciando che i nostri occhi lo ammirassero. Anche l’accoglienza in Missione è stata molto generosa da parte di padre Andrew e degli altri membri, diciamo che per tutta la permanenza è stato un ottimo “padrone di casa”, comunque dopo aver cenato in maniera sublime abbiamo deciso di andare a fare un bagno “rinfrescante” nella piscina della missione, peccato che appena entrati ci siamo sciolti perché l’acqua arriva da una fonte termale per cui è bollente! Tutto è caldo aria, terra, cibo, acqua, corpi ma soprattutto i materassi!!!! Da quella sera è iniziato il progetto vi allego alcune immagini che finalmente daranno una forma agli articoli di Gabriele.

 Ogni giorno vi racconteremo una parte di questo viaggio e del progetto ricco di dettagli e nel contempo vedremo crescere insieme le piantine!

 Volevo inoltre informare i famigliari di Gabriele che ho parlato con lui poco fa e mi ha detto di stare tranquilli che si sente meglio.

Un abbraccio a tutti

Lilly

KARIBU ISIOLO!

Sì viaggiare
evitando le buche più dure,
senza per questo cadere nelle tue paure
gentilmente senza fumo con amore
dolcemente viaggiare
rallentare per poi accelerare
con un ritmo fluente di vita nel cuore
gentilmente senza strappi al motore.
E tornare a viaggiare
e di notte con i fari illuminare
chiaramente la strada per saper dove andare .
Con coraggio gentilmente, gentilmente
dolcemente viaggiare.

(Si viaggiare – Lucio Battisti)

Che viaggio! Abbiamo raggiunto Simone e Gabriele con un giorno di ritardo partendo da Malindi alle 19.45 e da lì è partita la nostra “Simpatica e lunga Odissea”. A metà tragitto un camion si è ribaltato bloccando il traffico per circa 2 ore ritardando così il nostro arrivo a Nairobi! Comunque alle 10.00 del giorno dopo siamo “sbarcati”,  fisicamente stravolti per il viaggio e per aver dormito all’incirca 7 secondi a causa del caldo soffocante e di quei simpatici insetti che per tutto e dico tutto il viaggio ci hanno accarezzato la testa!! Questo perchè ci hanno assegnato la prima fila sul pullman e sopra alle nostre teste c’era un mega schermo che proiettava film di intrattenimento ma che allo stesso tempo grazie alla sua luce richiamava anche tutti i nostri amici ai quali mancavano solo i pop corn e una birra tra le zampe per essere degli spettatori al cinema! Arrivati a Nairobi abbiamo recuperato i bagagli: 2 pale, un sacco enorme contenente fibra di cocco e non sappiamo ancora perchè anche dei cocchi, canne da pesca e un trolley! Sembravamo 2 dei sette nani, direi Pisolo e Gongolo! Dopo aver trattato il prezzo con un taxista abbiamo raggiunto Simone e Gabriele per ripartire alla volta di Isiolo! Un viaggio stupendo dai panorami incantati che si trasformano di km in km passando dalla trafficata ed inquinata Nairobi alle splendide steppe africane. In questo periodo è davvero suggestivo il paesaggio, le piogge portano con loro una tavolozza di colori per dipingere e colorare fiori, erba e alberi, i letti dei fiumi secchi si riempiono di nuovo di vita, tutto ciò che fa parte della natura si risveglia regalando questa incredibile metamorfosi! Dopo aver viaggiato per alcune ore, lasciamo il giorno e arriviamo ad Isiolo a casa di Simo di sera. Scesi dalla macchina una fiumana di sentimenti iniziamo a prendere forma in saluti, abbracci, baci, pianti e strette di mano! Siamo arrivati dalla nostra seconda famiglia! Dopo un sonno ristoratore ecco spuntare il dì con i suoi suoni, gli uccellini cinguettano di continuo donandoti un sorriso in contemporanea all’apertura degli occhi. E poi fuori casa dove ritrovi tutti, ragazzi che hai lasciato bambini, amici e amiche che ti salutano con affetto e curiosità, felici di vedere che sei tornata! Tutto è iniziato da qui, da questa piccola frazione di Isiolo a Kambi ya juu, tutto ciò che mi circonda mi ricorda quanto ho desiderato di anno in anno tornare qui, la fatica per avere quelle tre settimane per fuggire da quella vita che non riuscivo più a tollerare e che non faceva altro che rendermi triste e poco incline a crearmi qualcosa di solido, riducendo la mia voglia di vivere ad una routine autodistruttiva, così lottavo perchè sapevo che sarei tornata e che avrei ritrovato la mia serenità, abbandonando tutti i pensieri ma sopratutto ricaricando le batterie! Comunque sentimentalismo a parte in questi giorni stiamo mettendo in pratica il progetto e per farlo ci imbattiamo quotidianamente in situazioni alquanto insolite come sprofondare nel fango :)! Penso che le nostre scarpe non torneranno mai più del colore naturale e che neanche un super lavaggio in lavatrice riuscirebbe a rimuovere questo surrogato del cemento! Per cui tra recupero materiali, misurazioni di PH e tagli vari per realizzare la struttura direi che le giornate stanno volando! Ci stiamo divertendo davvero tanto e lavorando con tanta motivazione ognuno di noi ha un ruolo e questo ci permette di vivere in maniera serena questa esperienza! Ci sono momenti in cui le nostre teste si scervellando per trovare una soluzione ai problemi che insorgono a man mano che il progetto avanza, ma fortunatamente siamo 4 piccoli Meg Gaiver! Oggi è stata una bellissima giornata e fortunatamente le piogge ci stanno dando una tregua, facendoci lavorare all’aria aperta, circondati dai tanti bambini che vengono a casa di Simone per giocare… non vedevo l’ora! Adesso vi saluto vado fuori ad ammirare il sorriso di questa splendida luna che fa una luce incredibile e che permette a Gabri di raggiungere serenamente la sua camera senza finire nell’orto!

LALA SALAMA RAFIKI!!!!

 

 

 

 

 

NESSUN LUOGO E’ LONTANO…

Ho pensato tante volte di trasformare il mio pensiero in parole scritte e oggi è sbucato da un angolo della mia timidezza il coraggio! E’ passato quasi un mese dal nostro arrivo in Kenya e devo ammettere che mi sembrano passati mesi… può sembrare irreale ma quando arrivo qui tutto ciò a me familiare svanisce, ritrovandomi a dover ricreare la mia dimensione. Tutto ciò accade per diverse ragioni, una di esse è l’essere completamente in balia di me stessa, in una terra che è tutt’altro che semplice da comprendere ma soprattutto per non avere quella sicurezza che puoi trovare tra le mura di casa tua con la tua famiglia , qui sono sola… io! Ogni giorno ti ritrovi ad affrontare un’ avventura diversa fuori dal nostro ordinario, un esempio potrebbe essere quello di questi giorni: “ Influenza intestinale e cosa succede? C’è pochissima pressione dell’acqua in tutta Malindi se non ai piani terra e ovviamente noi dove siamo? Al 5° e di conseguenza siamo a secco! Ma dopo qualche ora la fortuna ci ha assistito perché è il periodo delle piogge, per cui ci siamo attrezzati di catini e abbiamo raccolto l’acqua piovana… e acqua fu! Il WC è di nuovo funzionante!!!” Devo dire che ormai mi sono abituata a queste sorprese e ci ridiamo sopra, perché sappiamo che dietro l’angolo qualcosa di inaspettato arriverà e la soluzione migliore è quella di farsi tante risate! Ma in altre occasioni ovviamente più significative la paura di non farcela mi assale, un semplice malanno può apparire come la più grande tragedia mai vista ma poco dopo ritorna trionfante l’amore che ho per questo paese per ciò che mi ha regalato in tutti questi anni. Basta poco in realtà, un sorriso, una stretta di mano ma soprattutto uno sguardo… quello sguardo che solo chi non ha nulla da perdere ti può regalare, solo chi non ha il timore di sembrare meglio o peggio di te ti può donare… ecco cosa mi ha spinto a trasferirmi qui, il fatto che ogni giorno hai la possibilità di metterti alla prova nella più assoluta umiltà, perché quasi tutti devono combattere per sopravvivere. Mi sono ritrovata ad essere osservata per la mia diversità fisica come il colore della pelle o addirittura per il colore del mio sangue… già sapevate che noi bianchi abbiamo il sangue verde? Queste parole mi sono state dette da una bambina di 3 anni che ho conosciuto in un orfanotrofio anni fa, era terrorizzata dalla mia presenza, il suo pianto era incontrollabile… per lei ero un extraterreste… dopo parecchi minuti di osservazione mi ha toccato le mani, ha visto che erano come le sue, 10 dita, le unghie ecc… ma c’era qualcosa che non tornava nei suoi occhietti…mi ha girato la mano con il palmo verso l’alto e mi ha detto : “il tuo sangue è verde!” e io:  “Scusa?”. Penso di essermi sentita come l’adulto che osserva il disegno del piccolo principe raffigurante (nella sua mente) un boa che ha mangiato un elefante! Al momento pensavo di aver sentito male ma osservando il colore delle vene sotto la mia pelle mi sono dovuta ricredere, effettivamente era verde scuro! Mi sono fatta una grande risata e lei vedendo che appoggiavo il suo pensiero ha iniziato a comprendere che non ero poi così mostruosa e abbiamo iniziato a giocare insieme! E’ proprio vero che la diversità sta soltanto negli occhi di chi guarda in modo diverso! Questa è solo una delle tante storielle che mi sono successe in Kenya, e naturalmente le altre spaziano da esperienze meravigliose ed allegre ad altre estremamente tristi e mortificanti, ed ognuna di esse ha scalfito in me un’ emozione, che solo una volta ritornata alla mia routine riuscivo almeno in parte a comprendere, perché a volte non sapevo dove cercare una risposta ma ho capito che ciò che accade non sempre ha una logica, è semplicemente così e noi possiamo solo accettare, apprendere e cercare di fare in modo che non si ripeta con la stessa frequenza! E’ stata dura arrivare a questa conclusione e so che ogni volta che mi capiterà di vivere una nuova esperienza il mio cervello e il mio cuore lotteranno per contrastare le mie emozioni, ma fa parte di questa scelta di vita, accetta e rispetta altrimenti torna indietro! Tra qualche giorno inizierà il lungo viaggio per il lago Turkana e non so cosa aspettarmi! Simone ha detto che sarà un viaggio duro e sconvolgente… ciò che però mi ha fatto riflettere tanto delle sue parole è stata l’interpretazione del “tempo”! L’assenza di tempo… poche volte mi è capitato di dimenticarlo e pensare di mettere i piedi in un luogo dove ciò si è fermato mi lascia attonita, perché avere il tempo per scoprirsi e scoprire significherà fare un viaggio nel viaggio… ma questo però potrò comprenderlo e raccontarlo solo una volta arrivata  lì, come è giusto che sia! Parto senza aspettative ma soprattutto parto con quella carica che questo gruppo ha creato, crediamo molto in questo progetto e ogni giorno ci confrontiamo e parliamo di quello che ci aspetterà in loco e di quello che dovremo fare per renderlo funzionante! E’ una bellissima sensazione quella di convivere insieme, pur essendo estremamente diversi l’uno dall’altro, l’ essere uniti da uno scopo comune, rende questa esperienza importante anche dal punto di vista umano perché ci stiamo mettendo in gioco cercando di raccogliere ciò che l’esperienza giornaliera ci regala! Ci credo e sono felice di provarci! E poi come direbbero qui: Inshallah…

 Grazie a tutti Lilly

 N.B.

Il titolo è stato scelto perché ovunque noi ci troviamo l’amore di chi ci vuole bene non diminuisce… un grazie alle mie sorelle per questo regalo che porto legato al polso e che mi permette di ricordare ogni giorno l’immensa fortuna di avere qualcuno che ti vuole bene incondizionatamente dalle nostre scelte!