Un ricordo in ritardo. E uno lontano.

Lo ricordo ancora bene, l’odore del Bar Clerici a Luino, circa vent’anni fa.

Quando era un po’ meno tirato a lucido, senza i “funghi” per il riscaldamento nel porticato, con i suoi tre cabinati con i tasti e gli stick spesso fuori uso.
All’apice del suo splendore.
Snow Bros. Final Fight. Street fighter 2.
Altri, a rotazione, hanno provato a prenderne il posto nella memoria, ma quei tre sono rimasti sempre lì.
Era la domenica che mi riempiva di gioia.
Portare pane secco per i cigni, che qualche volta mi hanno “morso”, al porto vecchio; poi un gelato al Vela, opure a quello che mio padre, con la testa ancora nei sessanta, chiamava ancora “al Varesina”.
E poi al Clerici.
2 gettoni, 4 se andava bene. Oggi, mentre li rigioco compulsivamente, e coi crediti infiniti in una finestra sul Mac, i miei favoriti non hanno che un briciolo di quella gioia da darmi. Ma non scappiamo nei ricordi.

Poi arrivarono le riviste.
O meglio, c’erano già, ma io fino ai 14 anni credo di non essermene accorto.
E arrivò, insieme, il Valhalla esotico del videogiocatore incallito, lo spettro sbiadito del Giappone.
Poco più in là, nel ’96, il Tokyo Game Show doveva essere migliore dell’eroina. migliore di qualunque orgasmo. Migliore di ogni possibile cosa che ancora non ero stato assolutamente in grado di provare. Ma migliore.

Non devo essermene reso conto, da subito.
Comedovecosaquando.
Parlavo del Giappone.
Di quelle immagini ricoperte di segni inconoscibili immaginando con gli amici , a caso e senza ragionarci davvero, da buon quattordicenne (ancora speranzoso), se i giapponesi stessi potessero capire la loro lingua. E non sapevo che una quindicina di anni più avanti quel dubbio me lo sarei portato ancora dentro, solo un po’ più a fondo.

Raddoppio i miei anni.
+14
Troppi 1up, avrei dovuto prenderne un paio in meno, forse.
Ma comunue alla fine ci sono. A Tokyo.

OMMMIioddDio! O peggio. Quello che avrei creduto di urlare sceso in quel del suolo nipponico, una volta atterrato.
Ma invece non urlo più.

26 settembre. Duemilanove.
Salgo su un treno. In un’ora abbondante sono al Makuhari Messe, a Chiba.
Da ragazzo, sulle riviste, non vedevo le code chilometriche. Non vedevo i coupon con cui attendere 3 ore per provare una beta.
La calca.
La disillusione.
Il TGS è piu’ o meno lo stesso, sono io che sono cambiato.

Torno a casa. Accendo il Mac.
Snow Bros è bello ancora come allora.

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