Il mondo della birra artigianale italiana, come abbiamo già ricordato, compie quest’anno i vent’anni di attività. E nonostante sia per certi versi inflazionato – siamo già oltre i 1.000 produttori con esperienze tra le più disparate – continua a proporre storie interessanti da raccontare, leggere e ovviamente assaggiare.
Per una volta ci spostiamo fuori dai confini della nostra provincia – che del resto vi abbiamo raccontato in molte occasioni – per parlarvi di un’esperienza esemplare, una di quelle incontrate nella nostra visita al Beer Attraction di Rimini.
Per la precisione ci spostiamo a Biella, in quel Piemonte che nel campo della birra artigianale vanta una lunga serie di successi (da Baladin a Montegioco, da Loverbeer a Croce di Malto e via discorrendo). Nei pressi della città della lana (a Trivero) infatti ha messo radici il progetto “Beer In”, nato nel 2011 con un microimpianto ma poi passato da poco tempo a una struttura maggiore. Qui è stata inventata e realizzata una delle ricette vincenti della recente rassegna “Birra dell’Anno”: i ragazzi piemontesi hanno infatti trionfato nella categoria delle birre affumicate, grazie a una rauch chiamata Rata Vuloira. «Significa pipistrello nel nostro dialetto, e quello di usare termini locali è una scelta consueta per Beer In» ci raccontano Luca Fila e Davide Canazza.
«Siamo attivi da qualche anno ma inizialmente abbiamo lavorato con un impianto poco più che casalingo, da 150 litri. Ora cerchiamo di ingrandirci: il nuovo impianto è da 10 ettolitri, non siamo ancora a pieno regime e per il momento produciamo 70 ettolitri al mese. Tra le nove birre c’è naturalmente anche la Rata Vuloira che ci ha regalato una soddisfazione enorme: questa è stata la prima partecipazione al concorso di Unionbirrai e abbiamo subito centrato un primo premio. Sinceramente non era facile aspettarsi questo risultato, ma ci auguriamo che sia una spinta a crescere».
Tra l’altro le rivali erano tutt’altro che outsider inesperti: il podio tra le affumicate è stato completato dalla Raku del Lariano, seconda, e dalla Xyauyu Fumé di Baladin. Nomi e concorrenti che nobilitano il successo della Rata Voluoria che – per quanto conti il nostro parere (carpito dopo diverse altre degustazioni…) – ci è sembrata un’ottima birra nel suo genere.
Luca e Davide non nascondono che, tra le possibilità da seguire, ci sia sempre di più il fattore “beer firm”. «Con un impianto come il nostro ci possiamo anche mettere a disposizione di altri marchi e abbiamo già iniziato a lavorare conto terzi. Piaccia o no, è una strada necessaria: la parte interessante è che ti porta a contatto con realtà molto diverse e anche qui non mancano le soddisfazioni. Un esempio? Un negozio storico della nostra zona celebra nel 2016 il secolo di attività e ci ha chiesto di realizzare una birra celebrativa. In qualche modo entreremo a fare parte di una lunga vicenda che ha accompagnato tante persone che abitano nella nostra città».
Birra artigianale e territorio: in qualche modo, almeno in Italia, c’è una costante che torna sempre.
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