Il termine è inglese, perché sono nate nel mondo anglosassone, ma il significato è chiaro a chiunque mastichi un pizzico quella lingua. Parliamo delle pumpkin ales e cioè delle birre alla zucca: lo facciamo nella settimana di Halloween visto che questa tipologia di birra è da tempo disponibile (e prodotta) anche in Italia e visto che diversi locali hanno scelto questi prodotti per dissetare la notte di Ognissanti. Per un approfondimento sulle pumpkin ales abbiamo intervistato Michele D’Angelo, degustatore che fa parte di Unionbirrai Beer Tasters, conosciuto anche per il progetto “Beer Brain“ attraverso il quale propone diversi format di divulgazione legati alla cultura della birra.
UNA STORIA AMERICANA
Quella delle birre alla zucca è una storia che viene da lontano e che è profondamente radicata in quella degli Stati Uniti d’America, in modo particolare nei territori della East Coast. «Fin dai tempi dei Padri Pellegrini, tra la fine del ‘500 e l’inizio del ‘600, era un fatto comune che le navi provenienti dall’Europa e in particolare dalla Gran Bretagna portassero nel Nuovo Mondo anche botti di birra, per il consumo durante il viaggio, ma anche sementi e orzo già maltato per poter avviare le produzioni una volta insediati oltre oceano».
«In molte città fondate in quel tempo, uno dei primi edifici costruiti era proprio il birrificio, specie dove la salubrità dell’acqua non era garantita. Però le scorte di materie prime trasportate in nave erano relativamente piccole e quindi i coloni iniziarono a utilizzare ortaggi che potessero fornire un apporto di zuccheri utile alla fermentazione: in particolare le carote e appunto le zucche utilizzate nella stagione autunnale. Per questo motivo le pumpkin ales appartengono alla cultura brassicola statunitense specie in quegli stati come New York, Virginia, Massachusetts che si affacciano sull’Atlantico. Con i festeggiamenti di Halloween e la diffusione anche al di fuori degli USA, queste birre hanno iniziato a caratterizzare questa festività».
LA ZUCCA NEL BICCHIERE
L’utilizzo della zucca è decisivo nel caratterizzare il profilo aromatico e organolettico delle pumpkin ales. «Queste birre, se ben fatte, sono innanzitutto molto belle da vedere, con un colore arancio/rosso/ramato e una schiuma che va dal bianco all’avorio – spiega D’Angelo – Al naso e in bocca la zucca si avverte in modo deciso ed è affiancata dalle spezie utilizzate dai birrai: di solito si possono trovare noce moscata, cannella, chiodi di garofano ma anche zenzero, scorza d’arancia o pepe. In molte di queste birre si gioca proprio con le spezie per bilanciare la dolcezza apportata dalla zucca e negli USA capita anche che il bicchiere venga servito con il bordo bagnato e “passato” in un trito di spezie».
Per quanto riguarda la componente alcolica, queste birre si attestano su un valore medio: «Secondo il BJCP le pumpkin ales devono avere un alcol superiore al 5%: solitamente si trovano tra il 6 e il 7%, quindi hanno una buona gradazione senza però mai esagerare».
COME LA USANO I BIRRAI
«La zucca per realizzare le pumpkin ales, per quanto mi risulta, non viene quasi mai utilizzata cruda a dadi. Di solito i birrai la preparano scottata, bollita o cotta al forno così da intensificare gli aromi tipici di questo ortaggio. I tocchi di zucca sono utilizzati anche se abbrustoliti e leggermente bruciacchiati all’esterno: il colore e il gusto ne risentiranno, ma questa può essere una scelta. Per quanto riguarda invece il momento in cui la zucca viene aggiunta nella ricetta, ci sono diverse opzioni: c’è chi lo fa nel corso dell’ammostamento, chi in bollitura e chi in fermentazione. Questo fa anche parte dei segreti dei diversi birrari e dei singoli birrifici».
QUALCHE BIRRA SIMBOLO DELLO STILE
Per concludere l’articolo, Michele D’Angelo segnala alcuni dei prodotti più significativi per questo stile. «Per quanto riguarda gli USA, come detto, bisogna guardare alla East Coast. Le due birre che mi vengono in mente per prime sono la “Saranac Pumpkin Ale” che ho trovato anche in Italia oppure la “Punkin Ale” di Dogfish Head. La riscoperta delle birre storiche in America avvenuta intorno agli anni Ottanta ha avuto riflessi anche in Italia perché i nostri birrai, nei primi anni del movimento artigianale, hanno iniziato a produrre birre in stili particolari o poco consueti e le pumpkin ales sono tra queste. La “Zucca” di Baladin è stata una capostipite, mentre la “Pimpi” del veneziano BAV ha riscosso un grande successo nei paesi del Nord per un motivo imprevisto: il nome è l’equivalente svedese di “gnocca” (ci siamo capiti ndr). Altre due segnalazioni per concludere: la “Salinzucca” del Birrificio dell’Eremo di Assisi è prodotta utilizzando il sale per contrastare la componente dolciastra della zucca mentre è interessante anche la “Jack ‘O’ Lukern” del piccolo produttore valtellinese Birra Salvadega. La cito per sottolineare come si possano anche usare diverse cultivar di zucca: in questo caso i birrai hanno scelto le butternut, a forma di pera.
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