Birra in tour: Auer, il sapore di 425 anni di storia

Quando si arriva nel minuscolo paese di Au, dopo aver percorso una strada via via più ricca di campi coltivati in gran parte a luppolo, c’è un numero che diventa sempre più ricorrente. 1590: quattro cifre che affiancano uno stemma rosso-nero con un caprone rampante nel mezzo. Millecinquecentonovanta, inteso dopo Cristo: anno di grazia in cui ad Au, più precisamente all’interno del locale Schloss (castello, o in questo caso palazzo padronale), si iniziò a produrre la birra a fini commerciali.

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Conti alla mano, fanno 425 anni: una ricorrenza che da quelle parti hanno deciso di celebrare come si deve, e cioé con la produzione di una birra speciale (una ottima Märzen) atta ad accompagnare i festeggiamenti per questo “giubileo”. È in un posto simile, dove la storia brassicola trasuda in ogni angolo, che ci siamo recati nel fine settimana del 20 e 21 giugno per un reportage firmato Malto Gradimento. L’occasione è arrivata grazie alla gita organizzata dal negozio varesino Luppoli e Uva, inserzionista del blog e di VareseNews, che è uno dei rari importatori italiani delle bottiglie della Auer Brauerei: sul pullman per l’Hallertau siamo saliti anche noi, con l’intento di raccontarvi un’azienda tanto storica quanto interessante.

IMG_9321La Schlossbrauerei Auer – questo il nome completo che trovate sulle bottiglie – è retta da secoli dalla famiglia Beck von Peccoz, ed è stato proprio il barone (Michael – nella foto) ad accoglierci al nostro arrivo. «La mia è la sesta generazione che produce birra qui; ho due figlie e toccherà a loro portare avanti la tradizione familiare» spiega in inglese e con il sorriso sulle labbra. Trovarsi al centro dell’Hallertau, la zona di Baviera votata alla coltivazione del luppolo, è un “plus” fondamentale per la Auer, azienda non certo di grandi dimensioni – la produzione è di 55mila ettolitri l’anno; una quindicina le etichette prodotte – che però unisce all’inevitabile vocazione storica, anche la scelta di stili meno consueti per la tradizionalista Germania.
Un esempio è la serie denominata Hopfull, con la quale i mastri birrai giocano con i diversi luppoli locali per dare un bouquet particolare alle pale ale di casa Von Peccoz. «Per la nuova Summer Ale utilizziamo sei tipi di luppolo» ci racconta Wolfgang, il mastro birraio – secondo in ordine gerarchico all’interno della produzione – che ci ha accompagnato nella visita allo stabilimento. Per lui il celeberrimo Reinheitsgebot, l’editto di purezza che è legge in Germania, non è una costrizione o un ostacolo: «Possiamo usare malti, luppoli e lieviti, ingredienti che se usati e miscelati bene ci consentono di sperimentare e creare birre nuove, nel rispetto dell’editto».IMG_2817

L’unità produttiva di Au mostra, nel bene e nel male, cosa significa lavorare in una sede storica: scordatevi gli impianti moderni e gli spazi ampi. La Schlossbrauerei Auer, cresciuta all’interno del castello in questi 425 anni, è un dedalo di scale, porte, locali di dimensioni varie e irregolari. Il tributo alla tradizione, che da queste parti sono ben contenti di pagare, nonostante le inevitabili difficoltà. La sala cottura è al piano terra, così come la zona dell’imbottigliamento, ma per visitare uno degli scrigni di Auer, le vasche aperte e piastrellate dove avviene la fermentazione tumultuosa delle birre a bassa fermentazione, è necessario arrampicarsi per tre rampe di scale strette. Ne vale la pena: Malto Gradimento è la prima testata italiana, almeno negli ultimi anni, ad intrufolarsi lassù, dove gli odori della fermentazione la fanno da padrone.IMG_2806

Le vasche non sono l’unico luogo sacro al quale abbiamo avuto accesso: è stato il barone in persona ad autorizzare Wolfgang ad aprirci la eiskeller, antica cantina che dista qualche decina di metri dal castello, dove Auer lascia maturare le birre più esclusive della gamma. Dietro una porta anonima, che ricorda l’ingresso di certi crotti valtellinesi, si apre una scala che scende per qualche metro nel cuore della terra e dà accesso a tre locali dove i mastri birrai hanno posizionato una quarantina di botti in legno. «Quelle che hanno contenuto vino arrivano dal Friuli e dalla Costiera Amalfitana – rivela Wolfgang – quelle del whiskey dalla Scozia. E ce ne sono un paio in cui è stato fatto maturare lo Sherry. Qui lasciamo riposare per un anno la nostra birra esclusiva, chiamata proprio Eiskeller, che viene diffusa in appena tremila bottiglie all’anno, numerate e firmate a mano dal barone Beck von Peccoz». Nella vecchia ghiacciaia costruita dal nonno dell’attuale proprietario, Willibald (cui è dedicata un’altra linea di birre), c’è spazio anche per altri esperimenti: Wolfgang prima tentenna, poi spolvera e stappa un paio di birre di Natale lasciate a invecchiare – qui la temperatura resta costante, intorno ai 10-11° – ben oltre la data di scadenza. Gioielli che profumano di miele di castagno e di caramello, che scaldano al primo sorso e ricordano tutte le potenzialità che certe birre ad alta gradazione alcoolica possono avere. «Non penso siano molti, in Germania, a operare in questa maniera» conclude il birraio senza nascondere l’orgoglio.IMG_9257

Ma oltre alla tradizione – siamo pur sempre in Germania – da queste parti c’è anche un occhio sempre aperto sul business. Accanto alla produzione delle proprie birre Auer ha per la prima volta assunto il ruolo di terzista e ha aperto le porte del proprio castello a un gigante d’Oriente. Il birrificio ha infatti stretto un accordo commerciale con Singha Beer, il più popolare marchio thailandese, per produrre la birra (unica a venire pastorizzata tra quelle realizzate ad Au) destinata ai ristoranti thai e cinesi di Germania, Francia e Regno Unito. Una commessa che da sola occupa circa il 15% della produzione dell’unità produttiva.

Una ulteriore carta da giocare per il barone Beck von Peccoz, il cui asso però resta la storia unita alla collocazione geografica: «Quando proponiamo la birra di Au, possiamo contare su una tradizione secolare e sul fatto che arriviamo dalla Baviera. La nostra qualità è conosciuta in tutto il mondo, come è famosa ovunque l’Oktoberfest: con questi elementi non possiamo che avere fiducia per il futuro».

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