Nelle scorse settimane i birrifici artigianali italiani si sono fatti valere in due grandi concorsi di respiro europeo, tra i più importanti a livello continentale: 29 le medaglie ottenute al Brussels Beer Challenge organizzato nella capitale belga (sette ori), 28 medaglie – record tricolore nella competizione – guadagnate in Germania all’European Beer Stars che si tiene in Baviera.
Tanti le aziende premiate nelle due competizioni, e anche questa è una bella notizia perché non c’è alcun “gigante” in grado di imporsi ma, al contrario, molti produttori relativamente piccoli si sono imposti con la loro qualità. Ma come nasce una birra da medaglia internazionale? Lo abbiamo chiesto a un birrificio giovanissimo che, quindi, non ha alle spalle un background consolidato a livello europeo e che ha dunque dovuto partire da zero per posizionare sul podio la propria bottiglia.
Parliamo di Beha Brewing, produttore riminese che avevamo già incontrato in occasione del Beer Attraction 2020 (QUI l’articolo) e che è guidato a livello di sala cottura da un vecchio amico di Malto Gradimento, il milanese Stefano Occhi che ha studiato da birraio in Inghilterra e che ora lavora nella nuova realtà in terra di Romagna. Beha ha vinto una medaglia d’argento all’European Beer Stars addirittura in uno stile tedesco, quello delle schwarzbier, con la sua “Gaudio” che – tra l’altro, continuate a leggere fino in fondo – abbiamo degustato per voi.
«Non so se c’è una strada unica per creare una birra da medaglia, come la chiami tu – spiega Stefano – ma di certo ci sono dei passaggi necessari. Parlo per me e per la Gaudio: alle spalle di questa ricetta c’è di sicuro la mia passione per le birre scure in generale dalla quale è derivata quella per le scure a bassa fermentazione. Fu decisiva una degustazione al Sentinel Brewery di Sheffield (Stefano ha frequentato l’università in Inghilterra ndr): dopo quell’incontro ho iniziato a sperimentare sul mio impianto da homebrewer e a conoscere meglio certi stili, tra cui le schwarzbier. A Beha ora diamo ampio spazio alle basse fermentazioni, abbiamo un impianto che ci consente di produrre queste tipologie e abbiamo scelto di puntare su birre di alta beverinità. Tutti questi fattori si ritrovano nella Gaudio: quindi direi che la ricerca, la conoscenza dello stile e la capacità di sfruttare a proprio vantaggio le qualità dell’impianto produttivo sono passaggi imprescindibili per ottenere una birra “da premio”».
E, ancora oggi, le medaglie in determinati concorsi rappresentano un volano commerciale da non sottovalutare, specie in momenti difficili come quelli che stiamo attraversando. «Il premio ottenuto in Germania ha sicuramente dato una spinta nelle vendite della Gaudio – prosegue Stefano Occhi – Prima di questo successo la schwarz era vista da molti come una birra da bere dopo aver assaggiato le altre, anche perché al di fuori del giro degli appassionati le “scure” sono ancora considerate da tante persone birre pesanti e alcoliche. Anche grazie a quel riconoscimento, tra i nostri clienti la Gaudio è oggi diventata una birra da provare subito e in diversi casi è diventata la prima richiesta. Certo, questo discorso legato alle medaglie internazionali vale di più per birrifici giovani come il nostro, marchi che hanno bisogno di farsi conoscere e che così trovano confermata l’alta qualità della propria produzione. Per chi è già affermato credo sia meno importante, però ricevere un premio in un contesto simile fa molto piacere».
Specie, aggiungiamo noi, se la medaglia viene ottenuta in Germania, con uno stile tedesco e in una categoria piuttosto affollata. «Sì, e specie se come per la Gaudio arriva con la prima cotta di questa birra realizzata sull’impianto “grande”, visto che il lotto da cui abbiamo scelto le bottiglie è stato quello originale. Significa che il passaggio a una produzione importante è avvenuto nel modo giusto e che le ricette testate sull’impianto di prova hanno funzionato» conclude Occhi.
LA DEGUSTAZIONE
La Gaudio si presenta di colore scuro, anche se si lascia scappare qualche riflesso bordeaux in controluce e se comunque non ha quel nero impenetrabile di certe stout. La schiuma è di color nocciola, non finissima, abbastanza pannosa e di media persistenza. Al naso le note principali sono quelle tostate, accompagnate in misura minore da caramello e nocciola; in bocca invece il caramello aumenta il proprio “volume” a scapito del tostato, sempre presente ma meno marcato, mentre si fa largo anche un sentore di cioccolato al latte. Il corpo è assai snello, leggero, tanto da permettere una bevuta semplice (l’alcol per fortuna si ferma al 4,7%, altrimenti sarebbero guai). Al termine della sorsata resta un filo di amaro – il luppolo da aroma è il tettnager – poco invasivo e, anzi, circondato da una sensazione dolciastra ma piacevole.
«L’obiettivo – spiega Occhi – era proprio quello di mantenere i sentori delle birre scure in un prodotto assai facile da bere. Ci pare di avere rispettato i canoni delle schwarzbier, e credo che il riconoscimento ottenuto nella loro patria confermi questa nostra speranza».
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