(d. f.) Partito da Gallarate, il viaggio birrario autobiografico di Ale “Div” Cappelletti fa ritorno nel Varesotto dopo le tappe in Cechia e Germania. La fermata è in via Petrarca a Busto Arsizio (ancora per poco come vi abbiamo appena raccontato) dove ha sede Orso Verde, l’ormai storico birrificio che produce – tra le altre – la Rebelde, la principale protagonista del racconto di oggi.
Episodio 5 di 10 – La Rebelde dell’Orso Verde
Oggi parliamo di un nome storico del mondo artigianale, scoperto per caso in una fiera della birra di una dozzina di anni fa. Ho provato a fare una ricerca su Google per ricostruire l’anno esatto, ma l’algoritmo di Mountain View è intasato dalle SEO di Lombardia Beer Festival, Craft Beer Italy, Italian Beer Festival, Italian Beer Festival – Pub Edition e, soprattutto, dal più importante di tutti: il Varese Beer Festival!
Alla fine ho trovato un riferimento che credo corrisponda all’anno di quella visita direttamente dal sito del produttore in questione: l’Orso Verde di Busto Arsizio, dove viene ricordato il riconoscimento ricevuto dalla “Vertigo” alla seconda edizione “Salone della birra artigianale di Milano” del 2007.
A quel tempo, la Birra Artigianale Italiana era ancora un fenomeno di nicchia che stava iniziando a farsi largo tra gli appassionati. Complice il fatto che il web non aveva la diffusione che ha oggi, era difficile trovare i nomi giusti, gli indirizzi giusti, le informazioni giuste. Basti dire che gli unici posti in cui si poteva andare sul sicuro erano: il Lambrate, la Fabbrica della Birra di Castelletto Ticino (!!!), il Birrificio Italiano, dove capitava di far tappa al ritorno dalle trasferte della Pallacanestro Varese in terra sconsacrata.
Ma torniamo ai nostri ricordi. Il “Salone della birra artigianale di Milano” oggi è stato soppiantato dalle mille altre manifestazioni che si sono moltiplicate in maniera direttamente proporzionale all’incremento dei birrifici artigianali. Si teneva al Portello, la vecchia fiera, e ospitava anche, o forse soprattutto, produttori europei. Eravamo proprio alle origini di un movimento che nel giro di un paio di anni avrebbe camminato sulle sue gambe per poi esondare letteralmente in meno di un decennio: pensate che tra il 2005, anno della prima edizione del Salone, e il 2015 il settore della birra artigianale in Italia ha stampato un clamoroso +400% di consumi!
Non ero molto consapevole dell’importanza che avrebbero avuto questi eventi negli anni a venire, per cui non feci molto caso all’ambientazione e ai partecipanti, c’era solo la curiosità di assaggiare qualche birra buona e sconosciuta. Per questo motivo non ho, quindi, ricordi specifici della serata tranne uno che mi è rimasto impresso quando, appena varcato l’ingresso, scorsi sopra uno degli stand l’insegna: Orso Verde – Busto Arsizio!
«A Busto Arsizio fanno la birra?! Oooooooohhhhh….»
E la fanno anche buona! Ormai è uno dei nomi più conosciuti e stimati del panorama nazionale, complici anche le leggende metropolitane che riguardano il pessimo carattere del Mastro Birraio, il grandissimo Cesare Gualdoni, ma in quel momento è stato come se mi fossero apparsi il Capitano Kirk e il Signor Spock!
Nato nel 2004, il nostro orsacchiotto ci ha impiegato poco tempo a diventare grande: proprio durante quell’evento di cui ho accennato all’inizio dell’articolo, vinse il terzo premio per la miglior birra dell’edizione con la Vertigo, una robusta bock a bassa fermentazione. In quello stesso anno, al Campionato italiano di birre artigianali, fu premiata anche la Nubia, una possente porter che negli anni successivi ha fatto strage di riconoscimenti in ogni dove. Successivamente sono arrivati i glory days anche per la Wabi, una golden ale con i luppoli in festa, e la Chiara, una helles che tradisce l’ispirazione classica alle origini del movimento artigianale italiano.
Ed è proprio questo caratteristico incrocio di tradizione e innovazione il vero marchio di fabbrica di Orso Verde che esplode in tutta la sua magnificenza nella Rebelde, una strong ale in cui si incontrano le classiche bitter ale inglesi e le moderne IPA/APA nord americane. Per il mio palato, questa ambrata ha pochi rivali, è tra le mie preferite in assoluto, è una di quelle birre che ha rivoluzionato i miei gusti e non mi ha fatto tornare più indietro e mi si illuminano gli occhi ogni volta che la trovo attaccata a qualche spina. Anche dopo mi si illuminano gli occhi, ma credo che dipenda dalla gradazione alcolica di tutto rispetto.
Oggi possiamo trovare i capolavori di Cesare & His Beer Crew un po’ più facilmente rispetto al passato, non solo perché sono distribuite su scala nazionale da fornitori indipendenti, ma anche perché sono nate le due tap room di Milano e Varese. Se conoscete qualcuno/a che pensa che certe bevande industriali siano anche delle birre, sono i posti giusti per fargli/le cambiare idea. E sappiamo tutti che non tornerà più indietro!
«Oste, una Rebelde, per favore!»
Puntate precedenti – 1. L’Agripub di Gallarate – 2. U-Fleku – 3. Hacker Pschorr 1417 – 4. Ayinger und Aktien –
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